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Camerun: trionfale ritorno in patria del presidente Paul Biya

Speciale per Africa ExPress
Cornelia I. Toelgyes
22 ottobre 2024

L’aereo del presidente del Camerun, Paul Biya, è atterrato ieri sera all’aeroporto internazionale di Yaoundé. Ad attenderlo i dignitari di Palazzo, per dare il bentornato al Capo di Stato. Il suo arrivo è stato trasmesso in diretta dalla TV di Stato, che lo ha ripreso con accanto l’inseparabile moglie Chantal.

Sulle strade principali della capitale sono stati affissi manifesti con la foto di Biya e “Welcome home Mr President of the Republic”.

Manifesti sulle principali strade di Youandé, capitale del Camerun

Convalescenza in Svizzera

Dunque il 91enne leader del Paese è finalmente tornato, dopo un’assenza di ben 7 lunghe settimane. Il capo di Stato ha trascorso questo periodo a Ginevra, insieme alla moglie Chantal e alcuni stretti collaboratori. Secondo alcune voci  è andato in Svizzera per la convalescenza dopo un passaggio a Parigi per cure mediche.

A Ginevra, Biya è un habitué di un grande albergo di lusso, l’Intercontinental. Generalmente occupa una suite al 17esimo piano con una vista mozzafiato sul lago.

Seconda casa

L’anziano presidente considera la Svizzera come la sua seconda casa. La cifra giornaliera per ospitare lui e il suo staff all’Intercontinental si aggira sui 40.000 dollari. Ovviamente a spese delle casse dello Stato, mentre una grande fetta della popolazione camerunense vive in miseria.

Nei 42 anni della sua presidenza Biya non si era mai allontanato per così tanto tempo dal Paese, anche se i viaggi in Svizzera sono sempre stati frequenti. Anche sua figlia Brenda, quando è in visita nella Confederazione Elvetica, soggiorna nello stesso albergo  Resta sottinteso che anche per lei la permanenza lì è a carico dei contribuenti del suo Paese.

Camerun, aeroporto di Yaoundé, Paul Biya al suo arrivo dopo 7 settimane di assenza

Assenza di 7 settimane

Assente dai primi di settembre, senza essere mai apparso in pubblico, il silenzio ha suscitato preoccupazione e non pochi interrogativi sullo stato di fisico del leader camerunense, al potere dal 6 novembre 1982. Tant’è vero che il governo aveva vietato tassativamente ai media di parlare della salute del capo di Stato.

Biya non ha partecipato all’Assemblea generale dell’ONU a New York a settembre, tanto meno al XIX vertice della Francofonia che si è tenuto a Parigi all’inizio di ottobre. L’ultima volta è stato visto in Cina, dove si era recato i primi di settembre per il Forum Africa-Cina. In tale occasione ha incontrato anche il suo omologo cinese, Xi Jinping, per colloqui bilateri.

Speculazioni sulla malattia 

Il capo di Stato si era allontanato da Paese senza che i suoi connazionali fossero informati con notizie ufficiali. Ovviamente ciò ha dato adito a speculazioni di ogni tipo sul suo stato di salute, specie, quando l’8 ottobre una emittente televisiva con base negli Stati Uniti e pro indipendentisti anglofoni, ha annunciato la sua morte.

Solo allora il governo ha dichiarato: “Il Capo dello Stato si è concesso un breve soggiorno privato in Europa”, mentre il gabinetto del Presidente ha parlato del suo “Eccellente stato di salute”, aggiungendo che si trova a Ginevra.

Quando il Collettivo degli anziani del seminario cattolico ha poi annunciato di voler celebrare una messa di ringraziamento per il presidente e per la pace ha messo nuovamente in stato di allerta molti, pensando che fosse davvero molto malato.

Il dopo Biya

L’attesa e l’incertezza hanno pesato parecchio sulla vita quotidiana dei camerunensi, influenzando il loro immaginario e alimentando la disgregazione sociale e istituzionale del Paese. La popolazione è preoccupata per la successione, del dopo Biya.

Il recente episodio ne ricorda un altro molto simile. Il 9 giugno 2004, in risposta alle voci che lo davano per morto, Paul Biya aveva schernito i suoi oppositori: “Ho saputo come tutti che ero morto. Sembra che alcuni siano interessati al mio funerale. Bene, dite loro che li rivedrò tra vent’anni”.

Tribunale dei social

Durante la trasmissione odierna, uno dei conduttori dell’emittente pubblica che ha trasmesso in diretta l’arrivo del presidente, ha sottolineato: “Il suo ritorno pone fine al tribunale dei social network”.

Franck, figlio del presidente Paul Biya

Da allora sono passati altri 20 anni e Biya è sempre sulla poltrona. Certo, il suo stato fisico, anche a causa dell’età, non è tra i migliori, e la popolazione è preoccupata per il dopo. Finora non sono stati fatti i nomi di eventuali candidati in lizza per le prossime presidenziali, previste per il 2025.

Coraggio zero

Qualcuno ha già menzionato il figlio del capo di Stato, Franck, ma non tutti membri del regime approvano questa scelta, anche se pochi hanno il coraggio di esprimere apertamente il loro pensiero.

Ora che il leader è tornato e ha ripreso in mano le redini del Paese, bisogna attendere le sue prossime mosse, in particolare per quanto concerne una sua eventuale candidatura per un ottavo mandato.

Cornelia Tolegyes
corneliacit@hotmail.it
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https://www.africa-express.info/2021/07/19/camerun-il-dittatore-biya-assediato-dai-dimostranti-davanti-a-suo-hotel-a-ginevra/

https://www.africa-express.info/2022/11/15/il-dittatore-del-camerun-paul-biya-festeggia-nel-sangue-i-suoi-primi-40-anni-al-potere/

https://www.africa-express.info/2023/05/25/liberate-30-donne-rapite-in-camerun-protestavano-contro-una-tassa-imposta-dai-secessionisti-anglofoni/

 

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Migranti in Tunisia senza acqua, violenze, abusi e centinaia di stupri: la denuncia delle Nazioni Unite e del Guardian

Speciale per Africa ExPress
Cornelia I. Toelgyes
20 ottobre 2024

Malgrado le accuse dell’opposizione e della società civile di essere poco democratico, il presidente uscente, Kaïs Saïed, ha vinto la tornata elettorale con oltre il 90 per cento delle preferenze. Va però sottolineato che la partecipazione al voto è stata del 28,8 per cento, la più bassa dal 2011.

Kaïs Saïed. presidente della Tunisia

Motovedette italiane

E anche grazie a questa vittoria, in Tunisia continua la politica anti-migranti. Pochi giorni dopo la rielezione di Saïed, esperti indipendenti del Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite hanno denunciato nel Paese nuove violenze nei confronti di persone intercettate in mare e di rifugiati.

La Guardia costiera tunisina, incaricata di bloccare coloro che tentano di raggiungere l’Europa, ha ricevuto proprio tre nuove motovedette dal governo italiano alla fine di agosto. Altri tre natanti saranno consegnati alle autorità di Tunisi nei prossimi mesi. Un accordo siglato tra l’UE e il governo Saïed, volto a fermare l’esodo di tunisini e migranti è stato siglato tra le parti lo scorso anno.

Pestaggi in mezzo al mare

Nel loro recente rapporto gli esperti dell’ONU hanno denunciato terribili violazioni dei diritti umani, come  pestaggi ai migranti in mezzo al mare, tentativi di rovesciare le loro imbarcazioni, trasferimenti forzati in Libia o Algeria, spari contro chi cerca di tornare indietro.

Nel loro esposto viene anche evidenziato che tra gennaio e luglio di quest’anno, 265 persone avrebbero perso la vita durante le operazioni di intercettazione in mare e 189 durante le traversate. Altre novantacinque persone risulterebbero a tutt’oggi disperse.

Migranti intercettati dalla guardia costiera tunisina

L’estate scorsa la Tunisia ha ottenuto un’estensione della zona marittima sotto suo controllo per quanto riguarda i salvataggi in mare. Organizzazioni  come SOS Méditerranée ritengono che la Tunisia non sia una destinazione sicura per lo sbarco dei migranti.

Se la vita delle persone è in pericolo in mezzo al mare, lo è altrettanto nel Paese. Le espulsioni verso la Libia e l’Algeria, continuano senza sosta. Il Front Tunisien pour les Droits Economiques et Sociaux (FTDES) il mese scorso ha chiesto nuovamente alle autorità del Paese di rispettare il diritto internazionale, in particolare per quanto riguarda la protezione dei rifugiati e la prevenzione della tortura.

Abbandonati nel deserto

Romdhane Ben Amor, portavoce di FTDES, ha fatto sapere di aver recentemente ricevuto una richiesta di aiuto da parte di alcune di persone.

Erano state arrestate a Sfax, città portuale, situata sulla costa orientale del Paese, poi espulse in una zona di confine con l’Algeria. “Abbiamo soccorso 28 migranti che fanno parte di un gruppo che inizialmente ne comprendeva 42, i restanti 14 sono introvabili. Forse si sono nascosti, perché hanno paura della polizia.

“La situazione delle persone che abbiamo recuperato era a dir poco catastrofica. Non avevano né acqua, tantomeno cibo e tra loro c’erano pure 7 donne, 3 delle quali in stato interessante. Purtroppo non disponiamo dei mezzi necessari per aiutarli concretamente”, ha poi aggiunto il portavoce dell’associazione tunisina.

Ha poi ricordato che tra giugno e settembre 2023 la Tunisia ha espulso almeno 5.500 persone verso la Libia e 3.000 in Algeria. E gli allontanamenti forzati sono quasi sempre costellati di violenze.

Terribile situazione dei migranti in Tunisia

Spogliati di tutto

Secondo un indagine condotta dal quotidiano britannico The Guardian, pubblicata un mese fa, la condizione dei sub sahariani di passaggio in Tunisia è ancora peggio di quanto si possa immaginare. Negli ultimi 18 mesi gli uomini della guardia nazionale tunisina hanno stuprato centinaia di donne e i migranti hanno subito abusi e violenze di ogni genere, sono stati persino derubati di tutti i loro averi.

Esperti di immigrazione hanno affermato che vicino a El Amra, una città a nord di Sfax, in un campo improvvisato negli uliveti accerchiato dalla polizia, vivono decine di migliaia di rifugiati e migranti sub sahariani. Le loro condizioni di vita sono terribili. Nessuno ha accesso al sito, nemmeno l’ONU o le agenzie umanitarie.

Accordo UE-Tunisia

L’anno scorso l’UE ha siglato un accordo con le autorità tunisine sull’economia e le politiche migratorie. Quest’ultimo punto prevede la lotta contro il traffico di esseri umani, migliorare la gestione delle frontiere e rimandare i migranti al punto di partenza se non vengono ammessi in Europa.

Secondo il Guardian somme importanti dei finanziamenti stanziati dall’Europa per frenare il flusso migratorio, sono state destinate alla Guardia nazionale tunisina per combattere i trafficanti. Ma nella sua inchiesta il quotidiano britannico ha rivelato che ufficiali del corpo di gendarmeria sono persino in combutta con i contrabbandieri che organizzano i viaggi dei migranti.

Grazie alle testimonianze raccolte dal Guardian si evince che l’UE sta finanziando le forze di sicurezza che commettono violenze sessuali contro donne vulnerabili, accuse gravissime che hanno macchiato il controverso accordo dello scorso anno tra Bruxelles e Tunisi.

L’accordo prevede anche il “rispetto dei diritti umani”. Eppure, contrabbandieri e migranti hanno confermato che la guardia nazionale deruba, picchia e abbandona abitualmente anche donne e bambini nel deserto senza cibo né acqua.

Calo arrivi dalla Tunisia

Dietro il forte calo degli arrivi dalla Tunisia (63 per cento in meno rispetto allo scorso anno) c’è un universo di violenze e soprusi.

Migranti espulsi nel deserto dalla guardia nazionale tunisina

Il quotidiano britannico ha fatto notare che l’accordo UE-Tunisia prevede anche la semplificazione dei procedimenti giudiziari contro i trafficanti. Finora però non sono stati resi pubblici dettagli su eventuali condanne.

La Commissione europea sostiene che la Tunisia e l’agenzia europea di polizia, Europol, stanno cercando di costruire un partenariato per affrontare i contrabbandieri. Ma secondo la stessa agenzia non ci sarebbero accordi di collaborazione con la Tunisia.

Con la sua dettagliata inchiesta il Guardian ha riacceso i fari su quanto succede nel Paese mediterraneo che gode di cospicui aiuti economici e della fiducia dell’UE, in particolare dell’Italia. A pochi importa del destino e della sofferenza dei migranti, privati della loro dignità e dei diritti fondamentali sanciti dalle convenzioni internazionali.

Cornelia Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
X: @cotoelgyes
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Governo italiano ossessionato dai migranti, fornisce alla Tunisia (zero in diritti umani) motovedette guardacoste

 

 

 

Elezioni in Mozambico, assassinati due esponenti del partito di opposizione Podemos

Speciale per Africa ExPress
Sandro Pintus
19 ottobre 2024

Si chiamavano Elvino Dias, consulente legale di PODEMOS, e Paulo Guambe, agente elettorale dello stesso partito. Sono stati assassinati nel quartiere Coop, in pieno centro della capitale, Maputo, nell’Avenida Joaquim Chissano mentre erano a bordo della BMW di Dias.

Nei filmati, recuperati da Africa ExPress, si vede l’auto di Dias sotto la pioggia, crivellata di colpi, una ventina, e piena di sangue.

Parla il testimone

Secondo un testimone oculare, erano le 3 di mattina del 19 ottobre quando la BMW di Dias è stata bloccata da due auto blu. Il Consorzio Mais Integridade ha confermato che sono due pickup Mazda BT-50.

“Stavano seguendo la BMW, uno l’ha bloccata davanti e l’altro dietro – racconta il testimone anonimo in un video -. Da uno dei pickup sono scesi due giovani che avvicinatisi alla BMW, hanno sparato uno dal lato autista e l’altro al passeggero. Elvino Dias è morto subito mentre il passeggero era ancora vivo. Quando è arrivata la polizia ha impedito all’ambulanza di soccorrere il ferito. Poco dopo è morto”.

Il testimone ha raccontato che nella BMW c’era anche una ragazza che aveva chiesto loro un passaggio e che è stata portata all’ospedale.

“La polizia ha impedito ai presenti di fare foto e riprese coi cellulari – ha continuato il testimone -. I poliziotti hanno detto che sono tempi speciali e che filmare è un crimine. Hanno sequestrato i telefoni, alcuni li hanno rotti e hanno arrestato molti giovani”.

Condanna di Graça Machel

Anche Graça Machel, vedova del primo presidente mozambicano, Samora Machel e di Nelson Mandela è intervenuta per condannare l’attentato. “E così abbiamo altre due famiglie che hanno avuto una perdita. Non possiamo far finta che non sia accaduto niente. Quanto è successo tocca tutti. Tutti coloro che non possono passare il 9 ottobre (data delle elezioni, ndr) in piena allegria”.

L’ex “first lady” ha ricordato che la data del duplice omicidio è anche quella dell’attentato all’aereo che ha ucciso Samora e parte del seguito. Era il 19 ottobre 1986. “Posso dire, in nome delle altre 35 famiglie che hanno avuto la dolorosa perdita, che possiamo piangere insieme”.

Candidati alla presidenza

Per Daniel Chapo, candidato FRELIMO, “È un atto di violenza e un attacco a persone dedite al proprio Paese. Ma anche un affronto alla democrazia e ai principi dello Stato, di diritto e democratico, che tutti dobbiamo proteggere”.

Ossufo Momade, leader Renamo: “È un atto di violenza brutale che ha portato alla perdita irreparabile di due cittadini. Persone che hanno contribuito alla promozione dello Stato di diritto democratico in Mozambico”.

Proteggere i candidati

L’UE, in una nota, conferma che la Missione di osservazione elettorale dell’Unione Europea (MoE UE) rimane nel Paese per valutare il processo elettorale in corso.

“È fondamentale che vengano adottate misure rigorose per proteggere tutti i candidati in questo periodo post elettorale – continua il comunicato -. Ci auguriamo che gli organi di gestione elettorale conducano l’intero processo con la necessaria diligenza e trasparenza, rispettando la volontà espressa dal popolo mozambicano”. E chiede la massima moderazione e il rispetto delle libertà fondamentali e dei diritti politici.

Ultimo post

C’è chi dice che con il suo ultimo post su Facebook ha firmato la sua condanna a morte. “Vi sfido – era il titolo del post -. In un momento in cui diversi tribunali mozambicani ci danno ragione della mega-frode elettorale, con particolare attenzione alla fase di tabulazione intermedia, vedo uno sforzo inglorioso da parte di portali, televisioni e finte organizzazioni della società civile, tutte controllate dal FRELIMO”.

“Affermano che il signor Chapo ha vinto. Qual è la fonte primaria di queste cifre? Dove sono gli editti che le sostengono? Chi li ha firmati? Anche il signor Lutero Simango avrebbe potuto avere più voti del signor Chapo. Per questo sfido tutti, compreso il CNE, a presentare i loro avvisi”.

Minacce di morte

“Per la verità andremo fino alla fine”. Lo aveva scritto in un post su Facebook il 19 aprile scorso. “Quando ho saputo, tramite un amico che mi vuole bene, che c’era un piano studiato al millimetro dagli squadroni della morte per togliere la vita a Venancio Mondlane e a me, ho pensato di fuggire dalla città di Maputo per qualche giorno”.

Post FB minacce squadroni della morte
Post FB con piano per assassinare Dias e Mondlane

“Ma prima ho telefonato a Venancio per comunicargli la mia intenzione e per suggerirgli di fuggire per qualche giorno. Anche lui si è mostrato preoccupato. Mi ha detto che non era necessario scappare, perché sanno benissimo dove trovarci. Era una scelta di vita che avevamo fatto, quella di stare dalla parte della verità e della giustizia”.

Il piano degli squadroni della morte è iniziato con Elvino Dias. Finirà con Venancio Mondlane o verrà interrotto dal Frelimo?

Sandro Pintus
sandro.p@catpress.com

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Elezioni in Mozambico: Frelimo e Podemos “abbiamo vinto” ma osservatori UE protestano per irregolarità

 

Elezioni in Mozambico: Frelimo e Podemos “abbiamo vinto” ma osservatori UE protestano per irregolarità

Speciale per Africa ExPress
Sandro Pintus
19 ottobre 2024

Poche ore dopo la chiusura delle urne delle settime elezioni presidenziali, Daniel Chapo, candidato alla presidenza del Fronte di liberazione del Mozambico (FRELIMO) ha affermato di aver vinto. È il partito al potere dal 1975, anno dell’indipendenza dal Portogallo.

Poco dopo ha parlato Venancio Mondlane, candidato del partito extraparlamente Popolo Ottimista per lo Sviluppo del Mozambico (PODEMOS). Ha confermato che la maggioranza dei voti era andata al suo partito quindi la vittoria era sua.

Affluenza al 43 per cento

Con un’affluenza al 43 per cento, dopo 24 ore, i risultati ufficiali davano a Daniel Chapo 53,68 per cento dei voti, seguito da Venâncio Mondlane, 33,84 per cento. Ossumo Momade, della Resistenza nazionale mozambicana (RENAMO), votato dal 9,62 per cento e Lutero Simango, Movimento Democratico Mozambicano (MDM), dal 2,86 per cento degli elettori.

Mozambico elezioni 2024
Mozambico elezioni 2024, spoglio schede

Uso distorto dei social

Venancio Mondlane si è mostrato subito agguerrito. In una diretta streaming Facebook, ha dichiarato la vittoria alle elezioni presidenziali del Mozambico. Ha affermato che i primi conteggi paralleli indicavano il 65% dei voti al suo partito PODEMOS. Inoltre, confermando la maggioranza dei 248 seggi in Assemblea nazionale.

Poi il candidato di PODEMOS è andato oltre: ha dichiarato di aver vinto in 8 delle 11 province delle elezioni presidenziali in Mozambico. Sui social ha pubblicato anche i grafici delle percentuali. Tutte a favore del suo partito e ha affermato che non accetta i conteggi a favore del FRELIMO chiedendo ai suoi la disobbedienza civile.

Diffidato dalla Procura

I media hanno pubblicato un comunicato stampa della Procura della Repubblica. Mondlane è stato convocato e ha ricevuto una diffida. Gli è stato ordinato di astenersi dall’incitare alla “disobbedienza civile” e da pratiche che violano la Costituzione, la legislazione elettorale e altre norme.

Mozambico elezioni 2024
Mozambico elezioni 2024, conteggio parallelo Podemos al 16 ottobre 2024

La nota dice che: “La convocazione è il risultato della ripetuta ondata di disordini sociali, disobbedienza pubblica, mancanza di rispetto per gli organi dello Stato. C’è incitamento alla violenza e disinformazione perpetrata dal candidato alla Presidenza della Repubblica, Venancio Mondlane, nei comizi, sulle reti sociali e su altre piattaforme digitali”.

I risultati parziali

Nel momento in cui scriviamo i risultati ufficiali si riferiscono al 16 ottobre. La sfida era tra FRELIMO –  oltre 4,3 milioni di voti (77 per cento) e PODEMOS, quasi 619 mila (11 per cento). RENAMO con quasi 445 mila (8 per cento) e MDM circa 235 mila voti (4 per cento).

Sospetto di brogli

Anche il queste elezioni il tema di base sono i brogli del FRELIMO. Schede elettorali precompilate, elettori fantasma, commissioni di seggio preparate dal partito al potere. Ma anche elettori che hanno votato più volte, opacità  nel conteggio delle schede al buio con torce a batteria e osservatori dell’opposizione respinti dai seggi elettorali.

Opposizione e società civile protestano

Per il 21 ottobre il candidato di PODEMOS, ha indetto uno sciopero di protesta contro i brogli. Lutero Simango di MDM ha gridato all’inganno e ha dichiarato che contesterà i risultati in tribunale. Le dichiarazioni di José Manteigas, presidente del Consiglio nazionale RENAMO: “…i mozambicani sono stanchi di tutti i giochi che il partito (FRELIMO, ndr) sta facendo in relazione alle elezioni. Fa finta di andare alle elezioni, ma ha già dei risultati prefabbricati e questo comincia a stancare i mozambicani. Il partito di Momade aveva stretto un patto con il FRELIMO sperando di essere maggiormente incisivo ma queste elezioni lo hanno fatto scendere al terzo posto.

Elezioni Mozambico 2024 dossier frodi elettorali
Elezioni Mozambico 2024, copertina del dossier del CIP sulle frodi elettorali

L’ong mozambicana Centro per l’integrità pubblica (CIP), ha pubblicato il dossier “25 years of electoral fraud, protected by secrecy” (25 anni di frodi elettorali protette dal segreto).

Secondo il CIP, il FRELIMO ha un sistema elettorale progettato per le frodi in funzione dalle prime elezioni multipartitiche del 1999. “Non sarebbe consentito nella maggior parte delle democrazie – si legge nel report -. La segretezza è quasi totale e tutti gli organi elettorali sono diretti e dominati da membri del partito al potere, così come i tribunali”.

Volontà degli elettori

Edson Cortez, direttore del CIP, ha commentato a Reuters: “Ancora una volta, come Paese, abbiamo tenuto elezioni che non riflettono a volontà degli elettori. Almeno da quanto abbiamo osservato”.

Le accuse di brogli riguardano anche la Commissione elettorale nazionale (CNE) e la Segreteria tecnica per l’amministrazione elettorale (STAE). I due istituti hanno la gestione delle elezioni nel Paese dell’Africa meridionale e vengono incolpate di essere colluse con il FRELIMO.

Elezioni Mozambico 2024 tessera elettorale illegale Zimbabwe
Elezioni Mozambico 2024 tessera elettorale illegale rilasciata in Zimbabwe (Courtesy The Mirror)

Inchiesta giornalistica

Un’inchiesta sotto copertura del giornale online zimbabwiano The Mirror ha svelato che migliaia di cittadini zimbabwiani militanti dello ZANU-PF  sono stati inviati illegalmente in Mozambico a votare per Daniel Chapo. Lo ZANU-PF, il partito del presidente Emmerson Mnangagwa, è al potere nell’ex Rhodesia dal 1980.

Molti di questi zimbabwiani hanno dichiarato che: ”il FRELIMO è il partito compagno dello ZANU-PF. I due partiti hanno lottato insieme per l’indipendenza dei rispettivi Paesi. È nostro dovere aiutare il FRELIMO”

Critiche europee

Gli osservatori della Missione di Osservazione Elettorale dell’Unione Europea (Moe Ue) in una conferenza stampa hanno confermato che le elezioni si sono svolte con relativa calma. Ma hanno anche delle critiche. Laura Ballarin, osservatore capo dell’UE, ha affermato che “C’è stata una notevole mancanza di fiducia nell’affidabilità del registro elettorale e nell’indipendenza degli organi elettorali”.

I risultati definitivi delle settime elezioni presidenziali verranno enunciati il prossimo 24 ottobre. È scontato che la vittoria sarà del FRELIMO. Vediamo se questa volta, dopo 25 anni di brogli, l’opposizione riuscirà a farsi valere.

Sandro Pintus
sandro.p@catpress.com

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Elezioni in Mozambico: i quattro candidati alla presidenza della Repubblica e il gas di Cabo Delgado

Elezioni amministrative in Mozambico, tribunale conferma brogli del Frelimo, il partito al potere

Zimbabwe dopo il voto: nulla è cambiato tranne una frode elettorale in più

 

Aerei ed elicotteri: la Nigeria in vena di shopping per la gioia del colosso delle armi Leonardo

Speciale per Africa ExPress
Antonio Mazzeo
Ottobre 2024

Nei prossimi mesi, 34 tra aerei ed elicotteri d’attacco di Leonardo SpA saranno consegnati all’Aeronautica Militare della Nigeria che li impiegherà nella guerra contro le milizie islamiche radicali nelle regioni settentrionali del Paese.

Nigeria acquista nuovi M346 da Leonardo

La notizia della maxi-commessa di velivoli made in Italy è stata data dall’ufficio stampa delle forze aeree nigeriane a conclusione della visita ufficiale a Roma di una delegazione dei ministeri della Difesa e delle Finanze di Abuja, guidata dal Capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica, Hasan Abubakar.

Rappresentanza a Roma

Nella capitale, la rappresentanza nigeriana ha incontrato i massimi dirigenti del gruppo Leonardo nei cui stabilimenti si stanno producendo i sistemi bellici.

“L’incontro mirava a finalizzare gli accordi per l’acquisizione di 24 caccia M-346 per l’attacco terrestre e di altri 10 elicotteri multiruolo AW-109 Trekker, oltre ai due già acquistati”, ha spiegato l’ufficio stampa dell’Aeronautica Militare nigeriana.

Elicottero AW-109 Trekker di Leonardo Spa

Il capo di Stato maggiore Hasan Abubakar ha confermato che i primi tre M-346 saranno consegnati da Leonardo all’inizio del 2025; entro la metà del 2026 dovrebbe invece completarsi la produzione dell’ultimo lotto dei caccia.

Per quanto riguarda invece gli elicotteri Trekker, due sono già in possesso dell’Aeronautica nigeriana, mentre gli altri 10 saranno consegnati entro i primi mesi del 2026.

Rinnovamento flotta

“Le acquisizioni degli M-346 e dei Trekker sono elementi chiave per il rinnovamento della flotta dell’Aeronautica in accordo con la filosofia dei nostri comandi operativi – ha aggiunto Abubakar -. Essa risponde alla necessità di trasformare le forze aeree nigeriane dando loro maggiore agilità e resilienza, enfatizzando l’ottimazione delle strutture e una rafforzata capacità operativa”.

L’esponente di vertice delle forze armate ha inoltre raccomandato l’istituzione di un Ufficio per la gestione del programma con Leonardo per supervisionare la collaborazione e “garantire un’armoniosa implementazione del programma”.

Hub per la manutenzione

Hasan Abubakar ha espresso infine la necessità che venga realizzato in Nigeria un hub per la manutenzione dei velivoli “onde fornire il supporto a lungo termine, soprattutto per i caccia M-346”.

Secondo il Comando dell’Aeronautica Militare nigeriana, “grazie alle caratteristiche delle missioni aria-aria e aria-terra, l’M-346 rafforzerà significativamente le capacità di combattimento aereo della Nigeria”.

“Per quanto riguarda invece l’elicottero AW-109 – aggiunge l’Aeronautica – esso rafforzerà i ruoli di supporto al combattimento come Combat Search and Rescue, trasporto aereo tattico ed evacuazione medica, tra gli altri compiti assegnati”.

Aerei contro terroristi

Nel commentare l’ordine dei mezzi di guerra prodotti da Leonardo, l’agenzia Reuters ha sottolineato come la Nigeria stia accrescendo visibilmente le proprie spese militari soprattutto per contrastare gli attacchi dei gruppi armati negli Stati nord-occidentali e le organizzazioni armate radicali di Boko Haram e dell’Islamic State West Africa Province (ISWAP) nel nord-est.

Le operazioni di guerra aerea delle autorità nigeriane stanno però causando innumerevoli vittime tra i civili, generando pesanti critiche tra gli operatori umanitari e le organizzazioni non governative in difesa dei diritti umani.

Capo di Stato maggiore dell’aeronautica nigeriana, Hasan Abubakar

I caccia M-346 sono stati ordinati dal ministero della Difesa nigeriano nel 2023. Il valore stimato della commessa è di 1,2 miliardi di euro; oltre alla fornitura di 24 velivoli, Leonardo assicurerà la loro manutenzione in Nigeria per 25 anni.

Stabilimento di Vengono

Gli M-346 sono in via di realizzazione nello stabilimento di Venegono Inferiore (Varese). Si tratta di una versione modificata del caccia-addestratore avanzato M-346 del tipo “light combat”, con capacità multiruolo per missioni di supporto aereo avanzato, anche in aree urbane, e interdizione sul campo di battaglia e ricognizione tattica.

Lunghi 11 metri e mezzo e con un’apertura alare di 10,14 metri, i caccia possono volare a una velocità massima di 1.865 Km/h, a una quota operativa di 13.715 metri. Saranno equipaggiati con il radar a scansione meccanica multi-mode Grifo sviluppato dalla stessa Leonardo e con il sistema di “difesa passiva” DASS.

Tipologie di armamenti

Gli M-346 possono adottare diverse tipologie di armamenti e carichi esterni, tra cui cannoni e munizionamenti aria-aria e aria-superficie.

Secondo Ares Difesa la lista degli armamenti utilizzabili include le bombe a guida laser GBU-12 e 16 Paveway II, Lizard 4 e Teber (250 lb) LGB, le bombe a guida GPS JDAM GBU-38 e 32 nonché Lizard 2 a guida GPS/LGB e GBU-49. Altri carichi di munizionamento avanzato prevedono le Small DiameterBomb (SDB) e Spice (250 lb), i missili aria-suolo “Brimstone” e i missili aria-aria AIM-9L/M e IRIS-T.

Antonio Mazzeo
amazzeo61@gmail.com
©RIPRODUZIONE RISERVATA

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Forze armate della Nigeria alle prossime guerre con i caccia “leggeri” dell’italiana Leonardo SpA

Il New York Times accusa: Israele usa i palestinesi come scudi umani

 

Speciale per Africa ExPress
Alexander Ottone
16 ottobre 2024

Sullo sfondo del mandato internazionale di cattura a carico del primo ministro israeliano per violazione del diritto internazionale in termini di Law and Order, il New York Times riferisce dettagliatamente: dopo che i soldati d’Israele hanno trovato Mohammed Shubeir nascosto con la sua famiglia all’inizio di marzo, lo hanno posto con violenza sotto sequestro per un periodo di 10 giorni, prima di rilasciarlo senza formale accusa (stando al straziante racconto del ragazzo). E durante la terribile detenzione, sempre secondo Shubeir, i soldati lo avrebbero usato come scudo umano.

Palestinesi usati come scudi umani dai militari israeliani

Nella sua testimonianza scioccante Shubeir, – allora 17enne, quindi minorenne – riferisce di essere stato costretto a camminare ammanettato tra le rovine della sua città natale, Khan Younis nella Striscia di Gaza meridionale, alla ricerca di esplosivi piazzati da Hamas.

Siamo di fronte a ovvi crimini contro l’umanità che ricordano la “gerarchia del crimine” nell’organizzazione della macchina del Terzo Reich: temendo di essere fatti saltare in aria, i militari lo hanno costretto ad andare avanti senza pietas. “I soldati mi hanno mandato come un cane in un appartamento pieno di trappole esplosive – ha raccontato il ragazzo che studia alle superiori -. Pensavo che sarebbero stati gli ultimi attimi della mia vita”. Ed effettivamente potevano esserlo.

Il cartello a lato di un’autostrada gioca sul doppio senso: “Niente Halloween quest’anno…”E poi “L’orrore…” IS REAL , due parole, significa è reale, ISREAL, una parola sola invertendo le vocali, invece vuol dire Israele

La rivelazione del New York Times getta una luce inquietante sull’operato di Netanyahu: “…Una nostra inchiesta – scrive il quotidiano americano – ha scoperto che, durante la guerra a Gaza, i soldati e gli agenti dei servizi segreti israeliani hanno regolarmente costretto i palestinesi, catturati come Shubeir, a condurre ricognizioni che mettevano a rischio la loro vita, per proteggere i militari israeliani sul campo di battaglia.”

“Mentre l’entità e la portata di tali operazioni sono sconosciute (potenzialmente enormi, ndr) – continua il Times -, la pratica, illegale sia secondo il diritto israeliano che internazionale, è stata utilizzata da almeno 11 squadre in cinque città di Gaza, spesso con il coinvolgimento di ufficiali delle agenzie di intelligence israeliane.”

Gerarchicamente le squadre sono subordinate al ministero degli Interni. Tutto chiaro quindi?

Se gran parte di tali operazioni sono sconosciute, un fatto però è certo: la pratica illegale è stata utilizzata da ben 11 squadre, come fossimo nel film “Platoon” di Oliver Stone (la realtà supera l’immaginazione), con il benestare di ufficiali dell’intelligence. Le squadre della morte, squadre della frustrazione di soldati senza anima.

Osserva il New York Times in proposito: “… L’esercito israeliano ha detto in una dichiarazione che le sue “direttive e linee guida vietano rigorosamente l’uso di civili detenuti a Gaza per operazioni militari”.

Ha aggiunto poi che i resoconti dei detenuti e dei soldati palestinesi intervistati dal Times saranno “esaminati dalle autorità competenti”.

Aspettando Godot, certo, ma invece noi restiamo in attesa della reazione di Netanyahu all’articolo del New York Times

Alexander Ottone
©RIPRODUZIONE RISERVATA

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Il NY Times sulla tempesta in Medio Oriente: un attacco da Gaza e una dichiarazione di guerra israeliana. E adesso?

Africa ExPress chiede per i giornalisti il pieno accesso indipendente a Gaza

“The Intercept” denuncia il decalogo del “New York Times” da usare per Israele e Gaza

Sequestri e rapine tra calciatori libici e nigeriani: salta l’incontro per la coppa d’Africa

Dal Nostro Corrispondente Sportivo
Costantino Muscau
15 ottobre 2024

“Ci avete sequestrato per oltre 12 ore nell’aeroporto di un villaggio a oltre 200 km da Benghazi, dove dovevamo giocare.
Ci avete lasciato in mezzo alle zanzare, senza cibo, senza acqua e senza poter telefonare. Con voi ci rifiutiamo di scendere in campo. Ce ne torniamo in Nigeria. E meno male che vi chiamate Cavalieri del Mediterraneo”.

Nazionale di calcio nigeriana chiusa in aeroporto senza cibo e acqua

“Parlate voi Super Aquile. Quando siamo venuti a casa vostra, la settimana scorsa, avete dirottato il nostro aereo in uno scalo fuori dal mondo. Nessuno è venuto ad accoglierci né a scortarci; anzi le forze di sicurezza ci hanno chiesto soldi per accompagnarci, l’autista del bus ci ha scarrozzati per ore su strade infami. E lungo il percorso siamo stati fermati da banditi e rapinati”.

Accuse reciproche

Prima le due squadre si sono prese a pallonate in faccia senza scendere in campo. Poi si sono scusate: ma no, è stato tutto un equivoco in buona fede. Qua la mano, amici come prima.

Nel folle mondo del calcio internazionale se ne sono viste di ogni colore. La vicenda, però, che ha coinvolto la nazionale della Nigeria (soprannominata Super Eagles) sbarcata in Libia per disputare, martedì 15 ottobre, l’incontro di ritorno contro gli 11 giocatori locali (noti come Cavalieri del Mediterraneo) per le qualificazioni alla Coppa d’Africa, ha dell’inverosimile.

Si è sfiorato un grave incidente diplomatico che per due giorni ha tenuto in sospeso le relazioni fra i due Stati. Con colpi di scena e dettagli anche surreali.

Torniamo indietro a domenica 13 ottobre. I calciatori nigeriani sono diretti a Benghazi. Li aspetta la sfida di ritorno, quella della andata, giocata a Uyo (Akwa Ibom State), nel sud della Nigeria, l’hanno vinta per 1-0, venerdì 11 ottobre.

Il torneo cui prendono parte è il CAN 2025, la Coppa delle Nazioni Africane, la più importante competizione continentale, che il prossimo anno si disputerà in Marocco.

La Nigeria la ha conquistata tre volte; nell’ultima edizione, lo scorso anno, è arrivata seconda, dietro la Costa d’Avorio.

Verso le 18, però, all’improvviso il velivolo prende un’altra destinazione: deve atterrare nello scalo di Al Abraq, un paese di neanche 10 mila abitanti, a oltre 200 chilometri dalla grande città della Cirenaica.

William Troost-Ekong, capitano della nazionale nigeriana

E qui comincia il putiferio. A scatenarlo è l’ ex difensore dell’Udinese e della Salernitana, ora in forze all’Al Kholood (società Saudita), William Troost-Ekong, 31 anni, capitano della nazionale nigeriana.

Albergo non accetta nigeriani

Poi precisa sui social: “Ci hanno tenuti per oltre 12 ore chiusi in aeroporto, senza telefonini, senza mangiare e senza bere”.

Victor James Osimenh, 26 anni, del Napoli, ma in prestito al turco Galatasaray e assente perché infortunato, commenta da lontano: “È’ una vera e propria presa di ostaggi. La CAF deve intervenire d’urgenza”.

“Una volta sbarcata, la nostra delegazione è stata rinchiusa nella hall dalle autorità locali – è la ricostruzione fatta con L’Equipe (giornale sportivo francese) da Moses Simon, 29 anni, attaccante del Nantes – Nessuno era lì ad attenderci. A un certo punto ci hanno detto che avremmo dovuto dormire nello scalo. La nostra Federazione è però riuscita a trovarci un albergo, ma ci è stato detto che era proibito ai nigeriani. Insomma siamo rimasti lì bloccati, in mezzo alle zanzare, senza cibo, senza acqua. C’era da aver paura. Non sapevi cosa potesse capitarti”.

Intanto l’allarme era stato lanciato e si muovevano tutti: le federazioni calcistiche dei due Paesi, le tifoserie, perfino Mariam Apaokagi, meglio nota come Taaooma, una famosa creatrice di contenuti e influencer, e i governi.

Libici denunciano rapina durante trasferta in Nigeria

La Federazione libica ha tentato di spegnere l’incendio, ma, allo stesso tempo, ha ha fatto sapere che la settimana precedente, in Nigeria il trattamento riservato ai Cavalieri del Mediterraneo non era stato proprio cavalleresco: il loro velivolo era finito lontano dalla destinazione finale, nessuno li aveva accolti, ma si erano ben guardati dal rendere pubblico il “disservizio”.

Partita disputata in Nigeria, a Uyu, tra le due nazionali di calcio Nigeria vs Libia

A fornire i dettagli ci ha pensato The Libya Observer che ha rincarato la dose: I nostri giocatori sono stati abbandonati in Nigeria, le forze di sicurezza chiedevano il pizzo per scortarli, i banditi li hanno rapinati, l’autista del bus li ha portati in giro su strade sterrate per delle ore….

La Federazione calcistica nigeriana (NFF) e il ministro dello Sport, John Enoh Owan, hanno respinto queste accuse, ma molti supporter non gli hanno creduto e li hanno ritenuti responsabili di aver maltrattato la squadra libica la settimana prima.

Ma allora i libici avevano fatto una ritorsione, si erano vendicati? Dubbi, sospetti, caos.

Nel marasma generale, Victor Boniface, 23 anni, attaccante nigeriano del Bayern Leverkusen, ha pensato bene di lanciare un appello angosciante : “Per favore dite a mia nonna che sto bene”!

Boniface, dal cuore tenero, è lo stesso che un mese fa, dopo ave segnato un gol contro l’Offenheim, andò sotto la curva dei tifosi, si abbassò i pantaloncini e fece un gesto volgare.

Super Eagle si rifiutano di disputare la partita

Torniamo in aeroporto. Alle 11 di lunedì mattina viene comunicato alle Super Aquile che possono prendere il pullman e andare a Benghazi. Troppo tardi, la misura è colma, secondo i nigeriani. La NFF, infatti, comunica che ritira la squadra. Non si gioca la partita. E in effetti le Super Eagles riprendono il volo nel pomeriggio di lunedì e sbarcano a Kano, nel nord del Paese prima di raggiungere la capitale Abuja.

E’ finita? No. Martedì, scoppia la pace. Secondo The Libya Observer, il ministro degli Esteri del governo, Abdel Hadi Al Huwaji, ha annunciato che il collega nigeriano, Yusif Tuggar, ha presentato delle scuse ufficiali alle autorità libiche e al suo popolo “per un recente incidente che ha coinvolto la nazionale di calcio libica. Tuggar ha espresso profondo rammarico chiarendo che L’incidente non è stato intenzionale. Ha sottolineato il rispetto della Nigeria per la la Libia e il suo popolo e ha assicurato che si è trattato di una sfortunata svista”.

CAF dovrà decidere risultato incontro non disputato

Insomma sembra finita a tarallucci e vino, diremmo noi, (ma lì l’alcol è vietato). Non illudiamoci però che sia stata scritta la parola fine. Ora sarà la CAF (Confederation Africaine de Football) a decidere il risultato della partita non disputata. Vittoria a tavolino ai nigeriani? Ma questo vorrebbe dire che i libici hanno sbagliato. Oppure far giocare le due squadre?

Intanto il capitano William Troost-Ekong, tornato a casa, ha pensato bene di ribadire che “in 10 anni di nazionale non ha mai vissuto una simile esperienza” e ha postato la foto del suo primo piatto da “uomo libero!”.

Costantino Muscau
muskost@gmail.com
©RIPRODUZIONE RISERVATA

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I tentacoli della Russia in Africa: Wagner arruola giovani centrafricani per combattere in Ucraina

Speciale per Africa ExPress
Cornelia I. Toelgyes
14 ottobre 2024

I mercenari di Wagner, oggi Africa Corps (controllato direttamente dal ministero della Difesa di Mosca), stanno arruolando giovani africani per combattere in Ucraina. La questione è stata sollevata anche pochi giorni fa da Bloc républicain pour la défense de la Constitution (BRDC), raggruppamento dei maggiori partiti all’opposizione nella Repubblica Centrafricana.

Prigionieri di guerra in Ucraina: tra loro anche africani

All’inizio del mese il Gruppo di Lavoro della Società Civile aveva denunciato il reclutamento dei centrafricani da parte dei mercenari russi. Per tutta risposta il governo di Bangui ha apostrofato la notizia come falsa.

Responsabile della sicurezza

Nulla di strano, visto che il presidente centrafricano, Faustin Archange Touadéra, ha nominato recentemente Dmitri Podolsky, soprannominato “Salem”, come responsabile per la sicurezza. Salem proviene dai ranghi di Wagner. Precedentemente era al soldo dell’esercito russo e ha combattuto in Siria. Nel 2017 si è arruolato come mercenario.

Nel 2022 ha partecipato all’invasione dell’Ucraina con la società privata russa di soldati di ventura. Durante la battaglia di Bachmut (città della Russia orientale sita nell’oblast’ di Donec’k) ha perso il braccio destro. Dopo la convalescenza è stato inviato in Centrafrica come ufficiale.

Estrazione dell’oro

Oltre ad addestrare le truppe centrafricane, i mercenari russi conducono incursioni contro i gruppi ribelli. Ma il motivo fondamentale della loro presenza sono i siti minerari: i membri di Wagner si sono assicurati diritti per l’estrazione dell’oro, mentre altre volte se ne sono appropriati, attaccando giacimenti e mandando via coloro in possesso delle licenze. Anche il prezioso metallo proveniente dall’Africa ha permesso al Cremlino di aggirare le sanzioni internazionali, imposte a causa dell’invasione dell’Ucraina.

Fonti locali, come Corbeau News Centrafrique (CNC), continuano a riportare casi di abusi e violenze commessi dal gruppo paramilitare, in particolare nelle aree rurali. Violazioni dei diritti umani di ogni genere sono state confermate anche nell’ultimo rapporto di Yao Agbetse, esperto indipendente dell’ONU. I mercenari hanno respinto tutte le accuse, affermando che queste denunce sono solamente una propaganda occidentale contro la Russia.

Una nuova pedina

Ora che i mercenari sono sotto diretto controllo della Difesa russa e il gruppo ha assunto il nome di Africa Corps, nell’autunno scorso Mosca ha inviato una sua nuova pedina a Bangui, Denis Pavlov, che ufficialmente ricopre un incarico come diplomatico all’ambasciata russa. In realtà, secondo quanto riportato da fonti d’ambasciata e di sicurezza europee, sarebbe un agente del SVR, il servizio di intelligence per l’estero della Federazione Russa.

Secondo All Eyes on Wagner  (un sito incentrato sui mercenari Wagner), l’arrivo del 007 russo sarebbe stato annunciato alle autorità centrafricane con una lettera del capo dell’SVR, Sergei Narychkin. La missione  dei mercenari russi in Centrafrica è piuttosto redditizia: Bangui avrebbe sborsato quasi mezzo miliardo di euro per pagare il gruppo paramilitare di Prigozhin dal loro arrivo nel 2018. Ora sono i servizi segreti russi ad aver ripreso in mano gli affari centrafricani.

Mercenari russi in Centrafrica

Insomma la presenza russa nella ex colonia francese è massiccia, guidata per giunta da personaggi di un certo calibro. E’ dunque ovvio che il governo di Bangui abbia negato il reclutamento di giovani connazionali. Eppure da un’inchiesta intitolata “I fucilieri di Putin” di Jeune Afrique , sito online di attualità sull’Africa, risulta il contrario.

Dalla galera al fronte

Secondo il rapporto del sito, alcune migliaia di giovani africani starebbero combattendo accanto le truppe russe: non solo centrafricani, anche camerunensi, ivoriani e altri.

Un centrafricano, che per questioni di sicurezza ha chiesto di essere chiamato “Alain”, ha raccontato a Jeune Afrique di essersi trovato in una galera di Bangui, con l’accusa di aver rubato una moto. Durante il suo fermo, ha ricevuto la visita di un bianco, poi rivelatosi un russo, che gli ha offerto il suo aiuto per uscire dalla putrida prigione.

Il bianco è riuscito a convincerlo di far parte della sua società, che lo avrebbe mandato in Russia per un corso di formazione di tre mesi come guardia addetta alla sicurezza. Il ragazzo e anche altri detenuti hanno accettato l’offerta. Hanno preso un aereo alla volta di Mosca e durante uno scalo a Dubai a loro si sono aggiunti molti giovani provenienti da diversi Paesi dell’Africa sub sahariana. Secondo Alain, il gruppo, una volta giunto in Russia, era composto da 300-400 africani.

Contratto in russo

Giunti a Mosca, a tutti gli africani è stato poi chiesto di firmare un contratto redatto in russo, lingua a loro sconosciuta. Si sono così trovati incorporati nei ranghi di Wagner a combattere sul fronte in Ucraina. “E’ stato un vero e proprio incubo. Non so come, ma sono riuscito a fuggire in Lettonia. Altri non hanno avuto la mia stessa fortuna”, ha poi concluso Alain.

Secondo i servizi ucraini i giovani “fucilieri africani di Putin” sarebbero diverse migliaia, tra loro moltissimi centrafricani, “supervisionati dal ministro per il Bestiame e la Salute degli animali di Bangui, Hassan Bouba, prezioso alleato di Wagner, oggi Africa Corps”.

Mesi fa sono stati arrestati otto prigionieri di guerra in Ucraina. Tra loro giovani provenienti dal Nepal, da Cuba, dalla Somalia, dalla Sierra Leone. Hanno raccontato di aver risposto a degli annunci di lavoro, perché attratti da salari alettanti, ma di essere stati ingannati e di essersi ritrovati poi sul fronte a combattere in Ucraina. Tutti quanti volevano solo una vita migliore per aiutare la famiglia, rimasta in patria.

Cornelia Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
X: @cotoelgyes

©RIPRODUZIONE RISERVATA

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Maratona di Chicago: una stratosferica keniana corre come un uomo, batte tutti

Dal Nostro Corrispondente Sportivo
Costantino Muscau
14 ottobre 2024

“E’ come uno sbarco sulla Luna! Ma è fantascienza! È qualcosa che nello sport non si era mai visto e che noi donne non ci saremmo aspettato. Questa esile atleta che si allena da sola, mamma di una bimba, ha rotto la barriera del limite maschile. Corre come gli uomini più veloci e resistenti sul pianeta”.

Maratona di Chicago: vince la keniana Ruth Chepngetich

Incredulità, stupore, giubilo si sono levati ieri pomeriggio, seconda domenica di ottobre, dai tutti i commentatori al termine della 46a edizione della Bank of America Chicago Marathon 2024.

La vittoria e il record mondiale sui 42,195 km della keniana Ruth Chepngetich, 30 anni, ha lasciato tutti a bocca aperta sulle rive del lago Michigan e nel mondo tutto dello sport. Non solo dell’Atletica.

Terza vittoria

Ruth ha ottenuto la sua terza vittoria nella gara, ha ridotto di oltre quattro minuti il suo precedente record di 2:14:18 (stabilito quando vinse qui nel 2022), ma soprattutto ha abbassato di quasi due minuti il record mondiale, segnando 2:09:56. Chepngetich ha spazzato via il limite assoluto di Tigist Assefa di 2:11:53, stabilito a Berlino l’anno scorso. In tal modo è diventata la prima donna a scendere sotto le 2 ore e 10 minuti.

Solamente nove atleti sono andati più veloci nella gara maschile di domenica! Nella “Windy City”, come viene soprannominata la capitale dell’Illinois, la corsa vittoriosa di questa atleta alta appena 1,65 e di 48 chili di peso, è stata impetuosa, travolgente più del vento. Basti dire che la seconda maratoneta, Sutume Asefa Kebede, 29 anni, etiope, e la terza, Irine Cheptai, 32 anni, del Kenya, sono giunte al traguardo con quasi 7 minuti di ritardo.

Duramente preparata

“Mi sento bene, sono felice e orgogliosa di me stessa – ha dichiarato quasi imbarazzata nell’ intervista alla tv Nbc – A Chicago mi sento a casa mia. È la mia quarta partecipazione e il terzo successo. Ora il mio sogno è realtà. Ringrazio Dio per il record e la vittoria. Mi ero preparata duramente negli ultimi mesi e ce l’ho fatta. Il record mondiale è tornato in Kenya, e dedico questo record mondiale a Kelvin Kiptum”.

John Korir, Kenya, vincitore della Maratona di Chicago

Anche il dominatore della competizione maschile, John Korir, 27 anni, keniano, ha rivolto un commosso pensiero al compianto Kelvin Kiptum, che l’anno scorso a Chicago siglò il primato del mondo (2h00.35). Destinato a una folgorante carriera, Kiptum è tragicamente scomparso l’11 febbraio scorso in un incidente stradale appena 24enne.

Anno funesto

Purtroppo il 2024 è stato un anno funesto per l’Atletica di Nairobi. L’8 ottobre è morto suicida a Iten, nella contea di Elgeyo Marakwet, Clement Kemboi, 32 anni, campione keniano delle siepi. Il 4 ottobre era deceduto in ospedale l’ex maratoneta Samson Kandie, 53 anni, dopo essere stato aggredito da alcuni ladri nella sua casa di Eldoret. Il 6 ottobre è spirato nel Tenwek hospital, della contea Bomet, Kipyegon Bett, un ottocentista di soli 26 anni.

Era stato ricoverato sei giorni prima per insufficienza renale. Nel 2018 era stato squalificato per 4 anni per l’accertato uso di eritropoietina. Il doping è in Kenya una piaga sempre attiva: anche quest’anno sono stati squalificati una decina di atleti: hanno fatto ricorso a sostanze proibite.

Giornata di gloria

Ma torniamo alla giornata di gloria del Kenya sulle rive del Michigan. John Korir si è aggiudicato il titolo maschile in 2:02:43.E’ il secondo tempo più veloce mai registrato a Chicago (dietro al record mondiale di Kiptum). Alle sue spalle si è piazzato Huseydin Mohamed Esa, 24 anni, dell’Etiopia e, terzo, il un altro keniota Amos Kipruto, 32 anni.

La maratona di Chicago si è confermata una delle più veloci e partecipate (50 mila iscritti, 420 italiani, 44 sotto le tre ore) grazie al suo percorso e quest’anno favorita da un clima ideale.

Territorio inesplorato

E’ anche una che remunera bene i vincitori: 100 mila dollari ai primi, 75 mila ai secondi, 50 mila ai terzi. In più c’è un bonus di 50 mila a chi fa un record.

Sono andati alla “piccola” Ruth, che dopo un leggero cedimento al traguardo, si è ripresa e ha cominciato a correre su e giù per la strada avvolta nella bandiera del suo Paese. Anche lei si era resa conto, dopo i telecronisti increduli, che con la sua impresa l’atletica femminile entrava in un territorio inesplorato.

Costantino Muscau
muskost@gmail.com
©️ RIPRODUZIONE RISERVATA

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UNIFIL, missione di pace in un Libano in guerra

dal sito Centro per la Riforma dello Stato
Giuseppe Ino Cassini *
13 ottobre 2024

“Meloni: proteggere l’UNIFIL (United Nations Interim Force In Lebanon) intitola la stampa in questi giorni arroventati sul confine tra Libano e Israele. Al che molti si domandano: “Ma allora, che ci stanno a fare 12.000 soldati dell’ONU dispiegati lungo la frontiera, se non sono in grado di fermare le armi, anzi vanno protetti loro stessi?!”.

Semplice. La Carta dell’ONU distingue nettamente le missioni di peacekeeping dalle missioni di peace-enforcement. Le prime prevedono l’invio di “caschi blu” muniti di solo armamento leggero per difesa personale, con compiti di interposizione e di soccorso alle popolazioni civili (sminamento, sbarramenti, ricostruzione di opere essenziali, ecc.). Le seconde sono vere e proprie spedizioni armate dell’ONU per fermare i combattenti con la forza.

Peculiarità

L’UNIFIL è una missione di peacekeeping, con alcune peculiarità che la rendono unica nel suo genere. Anzitutto, è composta da una panoplia di quaranta e più nazioni (oltre mille gli italiani), il che non facilita certo le operazioni sul campo.

Inoltre, il “campo” è una fascia di confine dall’orografia tormentata ma geograficamente ristretta: va dal mare al monte Hermon. Dunque, se si aggiungono ai “caschi blu” i tanti miliziani di Hezbollah e i militari libanesi in arrivo, nel sud del Libano si conta un armato ogni sette abitanti (o forse ogni cinque, dopo che decine di migliaia i libanesi sono sfollati in gran fretta verso nord nel timore di essere bombardati).

UNIFIL campo medico

Ogni missione di pace sotto bandiera dell’ONU nasce “a fin di bene”: si ama definirla operazione di “ingerenza umanitaria”. Due parole che però costituiscono un ossimoro: ingerenza è un termine negativo, collegato a uno positivo, umanitaria.

Ambiguità

E come in ogni ossimoro si galleggia nell’ambiguità. Intanto, perché non c’è missione di pace senza la partecipazione di Stati per i quali l’intervento-soccorso risponde anche a propri interessi strategici. Poi perché non c’è missione che non provochi qualche guaio causato dalla presenza di tanti operatori stranieri: inflazione, intrusione nei costumi locali, perfino corruzione.

Difficile evitare la “tentazione del bene” e i suoi effetti indesiderati. Si sa quanto può irritare una vecchietta il boy-scout che l’aiuta ad attraversare la strada, pur di compiere la sua buona azione quotidiana, e poi se ne va lasciandola persa sul marciapiede sbagliato (è ciò che accadde in Somalia con l’operazione “Restore Hope”… quale speranza?!).

La missione dell’UNIFIL, a differenza di altre, è una storia di successo, anche perché la zona d’operazione è abitata al 90 per cento da sciiti, in maggioranza simpatizzanti di Hezbollah (religioso) o di Amal (laico). È bastato, perciò, stringere con i loro leader un patto tacito ma chiaro: “Primo, siamo qui perché a voi sta bene così; secondo, quando non ci volete più, fatecelo sapere per tempo e civilmente, non a suon di bombe”.

Convivenza

Patti chiari, amicizia lunga. In tanti anni laggiù non ho personalmente incontrato nessuno che fosse contrario alla presenza di UNIFIL. Una convivenza, infatti, che dura dal 1978. Le sole perdite subite sono state opera dell’aviazione israeliana, accanitasi più volte contro le postazioni ONU, o del Jihad sunnita incistato in campi profughi palestinesi. (Da notare, però, che i jihadisti perseguivano ben altro fine: umiliare Hezbollah dimostrando che non ha sul territorio il controllo che sostiene di avere; il che fa parte dell’eterna lotta tra sunniti e sciiti).

Caschi blu di UNIFIL

Un’ultima questione. La prima “i” di UNIFIL sta per “interim”. È normale che una missione di peacekeeping ad interim duri quasi mezzo secolo? Evidentemente no, vuol dire che la pacificazione della regione è di là da venire.

Disarmare

La Risoluzione 1701 dell’ONU – votata l’11 agosto 2006 per fermare la guerra scoppiata quel luglio – prevedeva che l’area venisse evacuata da ogni arma al di fuori di quelle in dotazione all’esercito libanese o ai “caschi blu”.

Ovvero disarmare Hezbollah. Era un’opzione praticabile? Lasciare che lo sparuto esercito libanese, in caso di crisi, se la vedesse da solo contro lo strapotere militare del vicino? Senza aviazione, mentre il cielo libanese veniva (e viene) sorvolato da decenni, ogni giorno, da caccia armati di missili già puntati?

Tra Libano e Israele non esistono Stati-cuscinetto. Essendo dunque destinati a una drammatica contiguità, vale la pena ricordare la memorabile massima biblica rivisitata da Woody Allen: “Il leone e il vitello giaceranno insieme, ma il vitello dormirà ben poco”.

Giuseppe Cassini*
ino.cassini@gmail.com

*Giuseppe (Ino) Cassini è stato un diplomatico italiano, ambasciatore in Somalia e in Libano. Ha lavorato anche in Belgio, Algeria, Cuba, Stati Uniti, Ginevra (ONU). Autore di Gli anni del declino, La politica estera del governo Berlusconi (2001-2006) (Bruno Mondadori 2007) e dell’ebook Anatomia di una guerra, Quella “stupida” guerra in Iraq (Narcissus 2013), conosce bene l’America profonda, l’America che afferma: “Washington non è la soluzione, è il problema”.

Medio Oriente, Biden ora ha un’occasione unica per passare alla storia

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