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Niger dopo il golpe resta l’incognita del ruolo della Russia

Africa ExPress
Niamey, 28 luglio 2023

Il generale Abdourahamane Tchiani ha preso la parola oggi a mezzogiorno (ora locale) alla TV di Stato del Niger, autoproclamandosi presidente del Conseil National pour la Sauvegarde de la Patrie (CNSP) (Consiglio Nazionale per la Salvaguardia della Nazione).

I militari golpisti posano per una “foto ricordo” subito dopo la loro autoproclamazione in televisione

Tchiani ha dichiarato di essere il leader del colpo di Stato per rovesciare Mohamed Bazoum, presidente democraticamente eletto nel 2021. Fino al momento del golpe è stato il capo della guardia presidenziale. Intanto Bazoum è ostaggio dei golpisti con la sua famiglia nel Palazzo presidenziale e va precisato che non ha ancora rassegnato ufficialmente le proprie dimissioni.

“Le azioni del CNSP sono motivate solamente dal desiderio di preservare la nostra amata patria di fronte al continuo deterioramento della situazione della sicurezza. Le autorità spodestate non hanno fatto intravedere una via d’uscita dalla crisi e dalla cattiva governance economica e sociale”, ha specificato Tchiani durante il suo intervento in TV.

Chiesta comprensione ai partner

Attualmente la situazione riguardante la sicurezza è preoccupante, “attacchi mortali e traumatici”, perché il governo Bazoum non è stato in grado di affrontare il grave problema, malgrado l’appoggio e l’apprezzato sostegno dei nostri partner esterni e i sacrifici dei nigerini.

Il generale ha poi criticato la poca collaborazione con il Mali e il Burkina Faso, “eppure – ha precisato – condividiamo l’area di Liptako Gourma (la cosiddetta zona della tre frontiere ndr), dove i terroristi sono particolarmente attivi”.

Infine ha chiesto comprensione e sostegno ai partner tecnici e finanziari. Ma l’Unione Europea, tramite un comunicato dell’Alto commissario dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, ha fatto sapere che qualsiasi rottura dell’ordine costituzionale avrà conseguenze per la cooperazione tra l’UE e il Niger, compresa l’immediata sospensione di ogni sostegno finanziario.

Aiuti militari europei

Il Niger, un Paese poverissimo ma ricco di uranio e con alcuni campi petroliferi è situato nel Sahel, l’arida regione a sud del Sahara che ha dovuto affrontare una crescente insicurezza a causa del peggioramento degli effetti del cambiamento climatico, dell’instabilità politica e delle insurrezioni armate. Gli Stati Uniti hanno dislocato 1.100 soldati e gestiscono due basi per i droni. La Francia, ex potenza coloniale, ha più di 1.500 solati. Anche l’Italia ha un piccolo contingente di poco meno di 500 uomini.

Tra l’altro è bene notare che la Commissione europea ha incaricato l’Agenzia Industrie Difesa (AID) – ente di diritto pubblico controllato dal ministero della Difesa – come responsabile per l’attuazione delle attività di sostegno della UE alle Forze Armate nigerine.

In un comunicato di AID del 18 luglio scorso, si legge: “L’incarico ottenuto nell’ambito del rapporto fiduciario esistente tra Ministero della Difesa italiano e AID, sarà svolto in collaborazione con la missione dell’Unione Europea in Niger e si inserisce nel quadro dell’ European Peace Facility, strumento volto a consolidare la capacità dell’Unione di prevenire i conflitti, costruire la pace e rafforzare la sicurezza internazionale”.

Quinto colpo di Stato

Il colpo di Stato, il quinto in Niger da quando ha ottenuto l’indipendenza dalla Francia nel 1960, è il sesto in Africa occidentale in meno di tre anni, dopo Burkina Faso, Guinea e Mali, e minaccia di mettere a repentaglio gli sforzi regionali per combattere le insurrezioni islamiste di gruppi affiliati ad Al Qaeda e allo Stato Islamico.

Secondo un collaboratore di Bazoum il presidente aveva intenzione di rimuovere il generale Tchiani come capo della guardia presidenziale.

Tatiana Smirnova, ricercatrice del Centre FrancoPaix sulla risoluzione dei conflitti e le missioni di pace, sentita dal Washington Post, sostiene che la situazione della sicurezza in Niger non si è affatto deteriorata e anzi è leggermente migliorata, a differenza della spirale di violenza in Mali e Burkina Faso: “La giustificazione che i militari hanno dato al golpe sul declino della situazione della sicurezza è ridicola. È un pretesto”, ha osservato

Una delle possibili motivazioni del colpo di Stato è che Bazoum voleva sostituire Tchiani nel suo ruolo di guardia presidenziale. Esistono comunque  molte incertezze sulla direzione che intende prendere il governo golpista anche perché occorre capire la consistenza delle voci di tensioni all’interno delle forze armate.

Mohamed Bazoum, presidente del Niger

Alcuni leader militari che sembrano coinvolti nel colpo di Stato hanno lavorato a stretto contatto con gli Stati Uniti per anni. E’ il caso del generale Moussa Salaou Barmou, capo delle forze speciali del Niger, che – secondo una fonte diplomatica occidentale a Niamey – ha un rapporto particolarmente forte con gli USA.

Non è ancora chiaro se il Niger seguirà gli esempi di Mali e Burkina Faso, scivolando verso la Russia, o se manterrà la cooperazione con l’Occidente.

Gli attacchi islamisti di gruppi legati ad al Qaeda e all’ISIS nel  Sahel, cominciati in Mali nel 2012 prima di diffondersi nei Paesi vicini, hanno costretto i governi occidentali, e la Francia in particolare a intervenire in aiuto dei governi della regione.

Parallelamente è cresciuto il sentimento anti-occidentale e soprattutto anti-francese. Ciò ha permesso alla Russia di inserirsi a gamba tesa in un contesto deteriorato e diventato ingestibile. Il Mali ha vissuto il suo ultimo colpo di Stato nel 2021 e ora è guidato da una giunta militare che ha isolato il Paese dall’Occidente e ha chiesto il sostegno al gruppo mercenario russo Wagner. I soldati governativi e i contractor di Wagner sono stati accusati di atrocità contro i civili.

Il Burkina Faso, che ha conosciuto l’ultimo colpo di Stato l’anno scorso, ha cercato aiuto ai Wagner per combattere l’insurrezione. Il Paese è ora l’epicentro della violenza e i funzionari stimano che il 40-60 per cento del suo territorio sia andato perduto.

Il Niger è stato fino ad ora un importante alleato americano, francese, dell’UE nella regione; i prossimi giorni saranno essenziali per capire che direzione intende prendere.

Africa ExPress
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Golpisti contro il presidente che vuole modernizzare il Niger: scuole gratis fino a 18 anni alle donne e monogamia

Speciale per Africa ExPress e per il Fatto Quotidiano
Massimo A. Alberizzi
28 luglio 2023

Incertezza ancora sul colpo di Stato in Niger. I golpisti della guardia presidenziale, che mercoledì hanno bloccato la residenza del Capo dello Stato, Mohamed Bazoum, e si sono ammutinati, hanno diffuso ieri un comunicato firmato dal Capo di Stato Maggiore delle Forze Armate, generale di divisione Abdou Sidikou Issa, e dai tre capi di stato maggiore dei tre corpi di aviazione, esercito e marina (il Niger non ha il mare ma imbarcazioni militari sul suo grande fiume che dà il nome al Paese).

Tra l’altro tra i firmatari manca il nome del comandante della guardia presidenziale, il generale Abdourahmane Tchiani, che non appare neppure nel filmato mandato in onda dalla televisione nazionale con cui un gruppo di alti ufficiali, che si sono autodefiniti Consiglio Nazionale per la Salvaguardia del Paese, annuncia appunto di aver preso il potere.  E la guarda presidenziale – secondo i primi dispacci – è quella che ha dato il via al golpe.

Comunque nel comunicato Abdou Sidikou Issa spiega che ha sostenuto i leader del colpo di Stato “per evitare uno scontro mortale tra le diverse forze con conseguente bagno di sangue che avrebbe compromesso la sicurezza della popolazione”. E per questo ha “deciso di aderire alla dichiarazione delle Forze di Difesa e Sicurezza”.

In una breve dichiarazione video un altro militare, il colonnello Amadou Abdramane, affiancato da altri nove ufficiali, ha spiegato che il colpo di stato è stato organizzato per rovesciare Bazoum a causa del “deterioramento della situazione della sicurezza” nella nazione e del “cattivo governo”.

Ha poi aggiunto che sono state sospese le istituzioni del Paese, chiuse le frontiere e imposto il coprifuoco. Ha inoltre messo in guardia da qualsiasi intervento straniero e assicurato che a  Bazoum non sarebbe stato torto un capello.

Il ministro degli Esteri, Hassoumi Massoudou, oggi ha pubblicato un appello su twitter in cui ha definto Bazoum il ”leader legittimo” e ha esortato “tutti i democratici e i patrioti” a sconfiggere “una pericolosa avventura”, che secondo lui mette in pericolo la nazione. “Viva la democrazia, viva il Niger”, ha concluso, definendosi il capo del governo ad interim durante la detenzione del presidente e sostenendo ad una televisione francese che i militari non sono uniti nel tentativo di colpo di Stato.

Il gruppo che ha annunciato la caduta di Bazoum è infatti assai eterogeneo e la sua composizione non chiarisce se il golpe sia andato a buon fine. E’ comunque un duro colpo agli appelli di Bazoum a resistere. Il presidente ieri, dopo essere stato arrestato nel suo palazzo dai soldati ribelli, attraverso i social media ha sostenuto che le “conquiste faticosamente ottenute” nel Paese sotto il suo governo saranno “protette” dai patrioti amanti della democrazia.

All’annuncio della defenestrazione di Bazoum la gente di Niamey è scesa in piazza protestando eD erigendo barricate.

Il Niger è uno dei pochi Paesi dell’area sahariana, definita ormai come la “cintura dei colpi di Stato”, in cui il gruppo mercenario russo Wagner non è riuscito a entrare in modo prorompente, anche se l’influenza russa sta crescendo. Tra l’altro il colpo di Stato è avvenuto mentre il presidente russo Vladimir Putin ospita i leader africani a San Pietroburgo.

Unanimi i governi del pianeta (Stati Uniti, Russia, Europa) e l’ONU hanno tutti condannato il golpe anche se con toni diversi (duri USA, UE e UN, più tiepida la Russia).

In Niger sono presenti per l’addestramento dell’esercito locale un migliaio di soldati americani e un contingente di italiani nell’ambito della missione MISIN (Missione bilaterale di supporto nella Repubblica del Niger). Il loro compito è formare a Camp Aguelal ad Arlit, a nord di Agadez, forze speciali nigerine nella lotta contro organizzazioni terroristiche.

Bazoum è considerato uno dei partner più affidabili per molti Paesi occidentali in una regione instabile, con presidenti anziani aggrappati alla poltrona o giovani ufficiali militari che hanno preso il potere con la forza (Mali, Burkina Faso e Guinea).

Qualcuno addossa la regia del golpe all’ex presidente Mahamadou Issoufou che nel 2021 ha lasciato pacificamente il potere a Bazoum. Molto meno corrotto dei suoi precursori Bazoum ha defenestrato parecchi dei funzionari nominati dal suo predecessore ed è un modernista che ha dato fastidio ai conservatori (anche islamici) con alcune proposte dirompenti per la società nigerina. Una volta alla “Festa della donna” difendendo la monogamia contro la poligamia ha consigliato a chi occupa un posto pubblico: “Volete una seconda moglie? Non c’è problema; vi dimettete e vi potete sposare ancora”.

Anche la sua proposta per introdurre l’obbligo scolastico con diritto di college gratuito per le ragazze fino a 18 anni, ha trovato forte opposizione perfino dalla Francia che in un primo tempo si era rifiutata di finanziare il progetto, accettandolo solo dopo e a malincuore. “Insomma – spiega un attento osservatore di cose nigerine – Bazoum è il primo presidente con idee per il futuro che superano la durata del suo mandato”.

Massimo A. Alberizzi
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Tentativo di golpe in Niger: situazione confusa, si rivolta la guardia presidenziale ma l’esercito rimane lealista

Nella notte confermato il colpo di Stato in Niger

Africa ExPress
27 luglio 2023

In un breve messaggio trasmesso nella tarda serata dalla TV di Stato del Niger un gruppo di militari ha affermato di aver rovesciato il regime del presidente Mohamed Bazoum, spiegando che la Costituzione è stata sciolta, sospese tutte le istituzioni, tutte le frontiere nazionali sono state chiuse ed è in vigore un coprifuoco su tutto il territorio del Paese dalle 22.00 alle 05.00.

Il messaggio è stato letto dal colonnello maggiore Amadou Abdramane Sandjodi, direttore dell’informazione, delle relazioni pubbliche e dello sport, circondato da altri nove militari in uniforme.

L’annuncio del colpo di Stato e della creazione del Conseil national pour la sauvegarde de la patrie (CNSP) è arrivato nella notte. Due delle dieci personalità presenti nel filmato sono generali. Si tratta del capo delle forze speciali (COS) e del vice capo di Stato maggiore dell’esercito.

Presenti anche rappresentanti di altre branche dell’esercito nigerino, come se i soldati avessero così voluto dimostrare di aver finalmente raggiunto un accordo. Ha comunque sorpreso l’assenza del generale Abdourahmane Tchiani, capo della Guardia presidenziale,

Secondo alcune indiscrezioni, Tchiani potrebbe comunque diventare il capo di CSNP. Ma circola anche il nome di Silifou Mody, ex capo di Stato maggiore delle forze armate nigerine, sollevato da questo incarico dopo un visita ufficiale in Mali. Lo scorso giugno è stato nominato ambasciatore del Niger negli Emirati Arabi Uniti, ma finora non ha mai raggiunto la nuova sede di lavoro.

Africa ExPress
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Tentativo di golpe in Niger: situazione confusa, si rivolta la guardia presidenziale ma l’esercito rimane lealista

Speciale per Africa ExPress
Cornelia I. Toelgyes
26 luglio 2023

Alle prime ore dell’alba, la guardia presidenziale, guidata dal generale Omar Tchiani, ha tentato un colpo di Stato, bloccando l’accesso alla residenza del capo di Stato del Niger, Mohamed Bazoum.

Mohamed Bazoum, presidente del Niger

A tutt’ora la situazione risulta alquanto confusa. Il leader del Paese sarebbe ancora in mano ai membri della guardia presidenziale dopo il fallimento ieri dei colloqui tra le parti.

Nella capitale la situazione è apparentemente tranquilla, le tensioni di Palazzo non si sono riversate sulla popolazione. La gente cammina per strada e le auto circolano come in una normale giornata feriale.

La CEDEAO (Comunità Economica degli Stati dell’Africa Occidentale), ha ammesso il tentativo di golpe e chiesto la liberazione incondizionata e immediata di Bazoum, eletto democraticamente nel 2021.

Condanne e disapprovazione ciò che sta accadendo a Niamey sono giunte anche dall’Unione Europea, dall’Unione Africana, dall’ONU e dalla Francia, che, “Condanna fermamente qualsiasi tentativo di presa del potere con la forza” in Niger, attualmente il suo principale alleato nel Sahel.

In serata, Abdoul Aziz Garba Birimaka, consigliere speciale del presidente per la sicurezza, ha dichiarato all’emittente VOA in lingua francese che una delegazione della CEDEAO è attesa a Niamey. Patrice Talon, presidente del Benin è stato incaricato dal suo omologo nigeriano, Bola Tinubo, capo di turno dell’istituzione regionale, a mediare tra le parti.

Birmaka ha anche specificato che Bazoum e la sua famiglia stanno bene. Il capo di Stato, secondo il consigliere, sarebbe ostaggio dei “malumori” delle proprie guardie, comandate dal generale Abdramane Tchiani.

Il governo del Benin, Paese confinante con il Niger, è particolarmente interessato alla stabilità del Paese per la costruzione dell’oleodotto Zidane-Cotonou, opera finanziata e realizzata da Pechino tramite la West African Oil Pipeline Company-Bénin (WAPCO-BENIN), filiale del gruppo cinese China National Petroleum Company (CNPC).

Abdramane Tchiani, capo della guardia presidenziale

L’ex presidente Mahamadou Issoufou, appena vinte le elezioni nel 2011, aveva conferito l’importante incarico a Tchiani. Poco prima del passaggio del potere tra lui e Bazoum, il 31 marzo 2021, Tchiani aveva sventato un golpe, perpetrato da ufficiali dell’esercito, guadagnando così la fiducia del neo eletto capo di Stato e assicurandosi nuovamente la sua posizione come comandante del prestigioso corpo d’élite.

Secondo quanto riporta RFI, il ministro dell’Interno sarebbe stato arrestato. Ma le truppe speciali nigerine, fedeli al presidente, avrebbero circondato l’edificio della radio e della TV di Stato.

Va ricordato che gli Stati Uniti hanno addestrato militari nigerini per contrastare i terroristi del Sahel.

Anche i soldati italiani del 185° Reggimento Ricognizione e Acquisizione Obiettivi Folgore, nell’ambito della missione MISIN (acronimo per Missione bilaterale di supporto nella Repubblica del Niger), hanno formato proprio recentemente a Camp Aguelal, Arlit, nella regione di Agadez, forze speciali nigerine.

Si è trattato di un particolare tipo di esercitazione, durato diversi mesi, che mira a formare operatori particolarmente addestrati e qualificati, in grado di tutelare le istituzioni locali e la popolazione civile per contrastare le organizzazioni terroristiche attive sul territorio.

Bazoum è considerato uno dei partner più affidabili per molti Paesi occidentali in una regione instabile, con presidenti anziani aggrappati alla poltrona o giovani ufficiali militari che hanno preso il potere con la forza (Mali, Burkina Faso e Guinea).


L’anno scorso, l’Unione Europea ha promesso un finanziamento di 1,3 miliardi di dollari per diversificare l’economia del Niger dal petrolio. Durante una visita nel Paese a marzo, Antony J. Blinken, segretario di Stato USA, ha annunciato 150 milioni di dollari in assistenza umanitaria al Niger e ai Paesi vicini.

Ulf Laessing, responsabile del programma Sahel della Fondazione Konrad Adenauer, ha visitato il Niger recentemente. Durante una intervista ha sottolineato: “ll Niger è stabile, ha molti amici e denaro in arrivo, ma per la gente di Niamey i prezzi stanno salendo e i benefici non sono ancora chiari”. E ha poi aggiunto: “Bazoum potrebbe dover affrontare il crescente malcontento di parti dell’esercito che non hanno ricevuto finanziamenti dai partner occidentali e quello della gente comune, in particolare a Niamey, a causa del continuo aumento dei prezzi”.

Cornelia I. Toelgyes
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Separate con successo due gemelle siamesi in un ospedale di N’Djamena

Africa ExPress
26 luglio 2023

Due gemelline siamesi sono state separate con successo all’0spedale Materno-Infantile di N’Dajamena, la capitale del Ciad. Le due bambine, di soli sei giorni, erano unite nella parte interna dell’addome. E’ la prima volta che un intervento del genere viene effettuato nel Paese.

Hôpital de la Mère et de l’Enfant, N’Djamena, Ciad

Olivier Ngaringuem, uno dei chirurghi che ha partecipato alla delicata operazione venerdì scorso all’Ospedale Materno-Infantile di N’Djamena, ha spiegato che è stato necessario formare diverse equipe, composte da radiologi, anestesisti, pediatri, chirurghi. “Abbiamo dovuto chiamare un secondo anestesista dall’ospedale generale di N’Djamena, perché il nosocomio Materno-Infantile ne dispone di uno solo”.

Durante la fase di separazione delle bambine, le due squadre hanno lavorato insieme, poi ogni team si è occupato del proprio paziente per terminare l’operazione. “Ma il vero nodo gordiano in un tale intervento è l’anestesia”, ha sottolineato Ngaringuem.

Ora le piccole pazienti sono stabili, vengono monitorate costantemente per valutare in tempo reale la somministrazione di analgesici.

“Questo intervento è la prova che anche qui in Ciad siamo in grado di fare qualcosa di speciale”. La maggior parte di noi è stata formata nelle principali scuole africane. Ora che siamo tornati in patria, a volte ci troviamo di fronte a una piattaforma tecnica non molto preparata – ha spiegato il chirurgo – “ma a poco a poco le cose cambieranno”, ha concluso fiducioso Ngaringuem.

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Salvati 4 nigeriani, viaggiavano sul timone di una nave cargo diretta in Brasile

Speciale per Africa ExPress
Cornelia I. Toelgyes
25 luglio 2023

Nascosti sulla Ken Wave, una nave cargo battente bandiera liberiana, quattro migranti nigeriani sono stati soccorsi nella Baia di Vitoria, Espírito Santo, nel Brasile sud-orientale, dopo giorni e giorni di navigazione, nascosti in un compartimento del timone.

Migranti nigeriani seduti sul timone della Ken Wave, salvati in Brasile

I giovani, seduti in cima al timone, sono stati avvistati dall’equipaggio di una altro natante mentre navigava nelle vicinanze della Ken Wave, nella Baia di Vitoria.

Dalle prime indagini risulta che i quattro si sono imbarcati a Lagos, la capitale commerciale della Nigeria, il 27 giugno scorso e, secondo un funzionario della compagnia marittima, i poveracci si sarebbero nascosti sulla nave senza nemmeno conoscere la destinazione finale.

In base a quanto riferito da Ramon Almeida, capo dell’ufficio immigrazione presso la sovrintendenza della Polizia Federale (PF) di Espiritu Santo ai reporter dell BBC, i giovani clandestini, pur non avendo gravi problemi di salute di base, al momento del loro ritrovamento erano disidratati e affamati, dopo aver terminato le provviste di cibo e acqua da giorni.

I viaggiatori clandestini hanno dichiarato di essere nigeriani, ma non avendo documenti con sé, la loro origine non è stata confermata nell’immediato. Ora, secondo le leggi vigenti in Brasile, la società proprietaria della Ken Wave è legalmente responsabile della loro sistemazione in un hotel in Brasile e del finanziamento del loro ritorno forzato in Nigeria entro 25 giorni, fino all’arrivo dei documenti di viaggio.

La nave cargo Ken Wave, battente bandiera liberiana

Marina Rongo, consulente del programma di rafforzamento dello spazio democratico della ONG Conectas, ha spiegato che, secondo la legge sulla migrazione del 2017, ci sono varie possibilità per impedire il rimpatrio forzato dei quattro giovani.

“Sono stati ritrovati in uno stato precario e di grave vulnerabilità dopo un lungo viaggio a alto rischio. Nel caso ci siano ragioni valide che potrebbero mettere in pericolo la persona, un rimpatrio forzato potrebbe essere evitato, chiedendo asilo nel Paese. La Commissione nazionale per i rifugiati (Conare) dovrà poi analizzare mediante colloqui individuali ogni singolo caso. Procedure lunghe che richiedono mesi, se non anni e finché la Conare non avrà depositato la propria decisione, i richiedenti asilo hanno diritto di restare nel Paese”, ha precisato la Rongo.

Ma c’è anche un’altra opzione: richiedere la residenza permanente in Brasile. Tale domanda viene accordata in caso di impiego, matrimonio o motivo di studio. I richiedenti hanno 120 giorni di tempo per comprovare una di queste condizioni.

Il caso dei quattro nigeriani trovati sulla Kane Wave a Espiritu Santo è un esempio della grave crisi umanitaria e sociale che la Nigeria sta attraversando da anni.

Il Paese è ricchissimo, grazie ai proventi ricavati dal petrolio, ma la ricchezza è in mano a pochissime famiglie. Gli incessanti conflitti che flagellano da anni la ex colonia britannica, i cambiamenti climatici, l’inflazione galoppante e l’aumento dei prezzi dei generi alimentari hanno creato una situazione allarmante: la povertà avanza in misura esponenziale.

Inoltre, l’accesso al cibo diventa sempre più difficile a causa delle persistenti violenze, perpetrati dai terroristi Boko Haram e dei loro cugini di ISWAP (acronimo per Provincia dell’Africa occidentale dello Stato islamico, ndr) nel Borno, Adamawa e Yobe State. Per non parlare del banditismo armato e dei rapimenti a fini di riscatto che si consumano in altri Stati della Federazione nigeriana, come Katsina, Dokoto, Kaduna, Benue e Niger.

Se aggiungiamo anche i cambiamenti climatici estremi che hanno provocato diffuse inondazioni, distruggendo centinaia di migliaia di ettari di terreno coltivabile, il quadro della situazione è davvero drammatico. Con la crescente diminuzione dei raccolti, aumenta il rischio insicurezza alimentare per le famiglie in tutto il Paese.

Nel 2022, il tasso di disoccupazione ha raggiunto il 37,7 per cento, ma secondo KPMG, società multinazionale di consulenza, entro la fine di quest’anno potrebbe superare il 40 per cento.

Cornelia I. Toelgyes
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Arrestato governatore della Banca Centrale in Nigeria: è accusato di aver sabotato l’elezione del presidente

Rifiuti riciclabili in cambio della retta scolastica, così a Lagos i bambini poveri possono frequentare le lezioni

 

 

Quando Jane Birkin fece sognare Gaza

Speciale per Africa ExPress
Luisa Espanet
24 luglio 2023

Dire che la dote vincente di Jane Birkin sia stata l’understanding, può sembrare un giudizio curioso, certamente riduttivo. Eppure ha un suo perché.

Jane Birkin, Gaza

Per Birkin l’understanding è stato molto più di un atteggiamento formale, era la sua impronta dominante, il suo stile di vita. Ed è anche per questo che, dopo decenni di silenzio, la sua morte ha colpito davvero.

Solo ora si scoprono aspetti ed episodi della sua vita, che non si immaginavano o a cui non era stata data importanza. Della esile ragazza inglese si aveva solo dei flash dello strano balletto a seno nudo e collant colorato di Blow up. Tutti ricordavano lo scandalo della sua voce in alternanza a quella di Serge Gainsbourg in un amplesso dal vivo.

Ma c’era ben altro nella sua vita, anche se era opinione di tutti che per Je t’aime moi non plus, tra l’altro dedicata a Brigitte Bardot, fosse stata solo una spalla del carismatico partner.

Sfuggiva ai più che è stata una grande cantante e non solo. Un’interprete raffinata e profonda con precisi messaggi da lanciare.

Nel dicembre 2003 quando nessun artista avrebbe mai dato uno spettacolo a Gaza, lei con i suoi quattro musicisti si esibì di fronte a centinaia di spettatori nel Centre Culturel Shawa.

Jane Birkin con monaci buddisti

Nel 2008 compose una canzone “in forma di appello, dedicata ad Aung San Suu Kyi, ai monaci, agli studenti, ai bambini al popolo della Birmania”.

Solo qualche esempio del ritratto di un’artista convincente e impegnata, e di una donna che era riuscita a sdoganare il seno piatto, in un periodo in cui solo le maggiorate rappresentavano il sex appeal e la femminilità.

Luisa Espanet
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Italia vuole accordi di cooperazione con la dittatura di Asmara

Africa ExPress
23 luglio 2023

Guerra ai migranti anche a costo di aiutare chi nega i diritti umani e si distingue per sanguinarie repressioni. Così Antonio Tajani, vicepresidente del Consiglio dei ministri e responsabili degli Esteri e della Cooperazione internazionale, ha ricevuto il 19 luglio scorso una delegazione del governo eritreo. Tra loro il suo omologo, Osman Saleh, e Yemane Gebrehab, numero due del regime. Nel 2016 Yemane e l’allora ambasciatore eritreo accreditato a Roma, Petros Fessazion, erano stati aggrediti all’uscita di un ristorante gestito da un loro connazionale nella capitale.

Antonio Tajani, ministro degli Esteri e della Cooperazione internazionale, a destra e il suo omologo eritreo, Osman Saleh

Questa volta, per fortuna, nessun inconveniente per i due alti funzionari della dittatura. E, secondo, come si legge nel post sull’account twitter di Yemane G. Meskel, ministro per la Comunicazione eritreo, “I colloqui con il capo della diplomazia italiana sono stati cordiali e produttivi.  Le due parti hanno discusso di rafforzare la cooperazione bilaterale in vari settori prioritari, tra questi, istruzione, sanità, energia, agricoltura, produzione, infrastrutture, commercio e investimenti. Inoltre è stato concordato di cooperare per promuovere la pace, la stabilità e lo sviluppo nel Corno d’Africa”.

Finora non sono trapelati dettagli su nuovi eventuali investimenti del governo italiano nel Paese. Va comunque ricordato, che malgrado gli “stretti legami storici e culturali” menzionati sull’account della Farnesina, nel settembre 2020 la dittatura eritrea non ha esitato a mettere temporaneamente i sigilli sulla scuola italiana di Asmara, istituita nel 1903. A tutt’oggi l’istituto non è stato riaperto.

L’attenzione sulla situazione dei diritti umani in Eritrea resta sempre molto alta. E, la giordana Nada Al-Nashif, vice Alto commissario di OCHA (Ufficio per i Diritti umani dell’ONU), ha sottolineato lo scorso marzo, in occasione della 52esima sessione del Consiglio, tenutasi al Palazzo delle Nazioni, Ginevra, che le gravi violazioni delle libertà fondamentali delle persone in Eritrea continuano e non mostrano alcun segno di miglioramento.

Ginevra, Palazzo dell’ONU, sede dell’Alto Commissariato per i Diritti Umani

La signora Al-Nashif ha poi precisato che il suo ufficio continua a ricevere rapporti credibili su torture, detenzioni arbitrarie, condizioni di prigionia disumane, sparizioni forzate, limitazioni dei diritti alla libertà di espressione, di associazione e di riunione pacifica.

Insomma l’Eritrea, nella scala dei regimi maggiormente repressivi, vanta il primo posto, a pari merito con la Corea del Nord.

E, secondo l’ufficio dell’Alto Commissario Volker Türk, migliaia di prigionieri politici e di coscienza continuano restare dietro le sbarre ormai da decenni. E non cessano nemmeno le vessazioni e gli arresti arbitrari nei confronti di chi professa una fede non in linea con il regime.

Nulla di nuovo anche per quanto concerne il servizio militare/civile indeterminato, che si è addirittura intensificato con il conflitto in Tigray, la regione settentrionale della confinante Etiopia. I coscritti continuano a essere arruolati per un periodo di servizio illimitato, oltre i 18 mesi previsti dalla legge. Spesso i giovani sono soggetti al lavoro forzato, vengono torturati e/o subiscono violenze sessuali. Chi tenta di disertare rischia pene gravissime.

Laetitia Bader, vicedirettore per l’Africa di Human Rights Watch, ha poi evidenziato in un rapporto del febbraio scorso, che durante la guerra in Tigray, per incrementare le proprie truppe il governo eritreo ha espulso dalle proprie case anziani e donne con bambini piccoli, parenti di giovani che non si sono presentati all’appello per l’arruolamento obbligatorio. Le autorità volevano scovare coloro che considera disertori.

Proprio per sottrarsi al servizio militare, molti giovani continuano a fuggire dal proprio Paese.  E, secondo quanto riporta l’UNHCR, il trend sarebbe addirittura in leggero aumento. Secondo gli ultimi dati, nel 2022 i fuggitivi sarebbero oltre 160.000, tra questi 130.000 si sarebbero rifugiati in Etiopia e Sudan, Paese dove da metà aprile si sta consumando un sanguinario conflitto.

Recentemente sono stati segnalati rimpatri forzati di richiedenti asilo eritrei da parte di alcuni Paesi, il che espone le persone a gravi violazioni dei diritti umani nel Paese, ha fatto sapere Al-Nashif, esortando i governi a porre fine a tali crudeli pratiche di rimpatrio.

E’ davvero allarmante notare che tutte le violazioni dei diritti umani vengono commesse in un contesto di totale impunità.

Dall’altro canto va ricordato che, in base all’Accordo siglato a Pretoria, Sudafrica, nel novembre 2022, tra rappresentanti del governo di Addis Abeba e i combattenti del Tigray, alle truppe di Isaias Aferwerki è stato ordinato di lasciare immediatamente la regione a nord del Paese, al confine con l’Eritrea. Il ritiro non ha rispettato la tempistica richiesta, anzi, resta a tutt’oggi incompleto.

La speranza è che l’Italia non firmi protocolli di intesa, magari destinati restare segreti, con cui il nostro Paese si impegna a rimpatriare i migranti eritrei nel loro Paese. Questi poveracci andrebbero incontro alla vendetta del regime, che li considera traditori, con conseguente carcere duro, torture, stupri e violenze di ogni genere. Una politica che potrebbe essere considerata crimine contro l’umanità. Non ci dovremmo poi meravigliare se qualcuno decidesse di sporgere denuncia alla Corte Penale Internazionale dell’Aia contro il governo italiano.

Africa ExPress
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Disperato appello di un sudafricano ostaggio dei jihadisti in Mali dal 2017

Africa ExPress
21 luglio 2022

In un breve video, molto simile a quello già diffuso a maggio, il sudafricano Gert Jacobus van Deventer, chiamato Gerco, in mano ai terroristi in Mali, lancia un nuovo appello per essere liberato.

Gert Jacobus van Deventer, rapito in Libia nel 2017, poi venduto ai jihadisti del Mali

Gerco, un infermiere 47enne, è stato rapito il 3 novembre 2017 in Libia. In seguito, come lui stesso ha raccontato, è stato venduto ai jihadisti e trasferito nel nord del Mali.

Da allora è in mano ai terroristi  di JNIM (Gruppo di sostegno dell’Islam e dei musulmani (JNIM). Gerco è stato anche compagno di prigionia del giornalista francese Olivier Dubois, rapito a Gao (Mali) nel maggio 2021 e liberato lo scorso marzo insieme all’operatore umanitario statunitense Jeff Woodke, sparito nel nulla in Niger nel 2016. Subito dopo essere stato rilasciato, ha subito parlato del suo compagno di cella e della sua agghiacciante storia.

Nel filmato, diffuso lo scorso 17 luglio, l’ostaggio sudafricano indossa la stessa tunica come nel video messo in circolazione a maggio. Anche il messaggio è simile al precedente: van Deventer chiede un aiuto che possa portare alla sua liberazione.

Mentre in una lettera, indirizzata all’ambasciatore di Pretoria accreditato a Bamako, spiega che è stato gravemente ferito a un braccio durante la sua lunga prigionia e chiede di ricevere notizie della sua famiglia e di ascoltare le voci di chi gli è accanto attraverso la sua piccola radio portatile.

Il giorno prima della diffusione del video, l’ONG sudafricana Gift of the Givers, che sta occupando del caso, incaricata dalla famiglia di Gerco, ha diffuso un comunicato stampa circa un “ultimo tentativo” per il suo rilascio. Una negoziazione in tal senso si sarebbe svolta recentemente in Mali.

La famiglia non ha mai perso le speranze di poter riabbracciare il suo congiunto, pur ammettendo che dopo tanti anni di detenzione deve lottare anche contro l’oblio.

Va ricordato che in mano ai terroristi si trovano ancora anche tre italiani testimoni Geova: Rocco Antonio Langone, la moglie Maria Donata Caivano, il 43enne Giovanni, figlio della coppia e il loro autista, un cittadino togolese. Sono stati rapiti nel maggio dello scorso anno da uomini armati dalla loro casa vicino a Koutiala (regione di Sikasso) nel sud del Paese.

Anche del reverendo Hans-Joachim Lohre, un sacerdote tedesco rapito nel novembre dello scorso anno nella capitale del Mali, Bamako, non si sa più nulla, stesso discorso per quanto concerne il cittadino rumeno, Iulian Ghergut, portato via con la forza da uomini armati mentre si trovava in una miniera in Burkina Faso nel 2015.

Africa ExPress
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Cosa è successo davvero con Wagner in Africa?

Angus Shaw*
Harare, 28 giugno 2023

Gli attenti osservatori di cose russe sono confusi. Cosa è successo davvero con Wagner?

Vladimir Vladimirovich Putin, figlio di un Vladimir, ha dovuto ammettere di aver pagato Yevgeny Victorovich Prigozhin, figlio di un Victor, per aver sempre fatto trucchi sporchi per lo Stato russo.

Il terribile Alexander Grigoryvich Lukashenko, figlio di un certo Grigory, sostiene di aver dato rifugio al leader mercenario in Bielorussia per evitare che Putin lo uccidesse. Il capo dei Wagner afferma di non aver mai avuto l’intenzione di rovesciare Putin e ucciderlo. L’alleanza occidentale sostiene che il tentativo di colpo di Stato, l’ammutinamento o qualsiasi altra cosa sia stata, ha reso Putin ancora più pericoloso. O forse no?

Tutto chiaro come il fango. Lo Zimbabwe è rimasto insolitamente silenzioso riguardo alle ultime baggianate messe in giro. Lukashenko è stato in visita di Stato qui all’inizio dell’anno, promettendoci trattori e attrezzature agricole, e se n’è andato con un leone africano imbalsamato da un tassidermista come regalo simbolico della nostra amicizia leonina che risale ai tempi dell’Unione Sovietica.

Zimbabwe: Il presidente della Bielorussia, Aleksandr Lukashenko ricevo in dono un leone imbalsamato

Non c’è stata la nostra consueta propaganda locale che ha parlato dei nostri amici di lingua russa che combattono contro il neo-imperialismo capitalista del complesso militare-industriale dell’Occidente, che spenderebbe i suoi guadagni illeciti in Ucraina e farebbe ancora più soldi sfornando nuove armi per gli ucraini.

Tutti i Paesi dell’alleanza NATO stanno spendendo molto tempo e denaro per l’Ucraina. In un’intervista televisiva, a David Owen, ex segretario agli Esteri britannico durante la lotta di liberazione dello Zimbabwe e ora considerato un anziano statista, è stato chiesto perché l’Occidente non abbia risparmiato tutti questi soldi e sforzi facendo semplicemente assassinare Putin.

“Non facciamo più questo genere di cose”, ha detto Owen. Sono finiti i tempi in cui ci si sbarazzava di persone come il cileno Salvador Allende. E in effetti, l’ultima figura nella loro sfera d’influenza che i britannici hanno pensato di “far fuori” è stato Idi Amin in Uganda.

Invece hanno scelto di sostenere materialmente l’invasione di rappresaglia dell’esercito tanzaniano in Uganda, che ha rovesciato Amin dopo che questi aveva invaso il nord della Tanzania. .

Quando i britannici hanno ripetutamente fallito nel negoziare pacificamente una soluzione al conflitto dello Zimbabwe, è stato lasciato a russi e cinesi il compito di addestrare e sostenere i nostri combattenti per la liberazione, in modo da sostenere i propri interessi “geopolitici” durante la Guerra Fredda.

Erano il cosiddetto mondo progressista che cercava l’uguaglianza e la giustizia per tutti gli oppressi. Ma sappiamo che i russi e i cinesi non amano molto i neri e non li hanno mai amati. Anche il loro curriculum in materia di diritti umani non regge a un attento esame.

Le testimonianze del loro disprezzo per gli africani sono numerose. Il campus universitario dove gli studenti neri studiavano a Mosca era conosciuto localmente come “Parco dello zoo”.

Un ex guerrigliero racconta come sono stati trattati lui e i suoi compagni quando sono arrivati a Mosca per l’addestramento militare nel cuore dell’inverno russo. Viaggiarono a bordo dell’Aeroflot. Si erano imbarcati dall’afoso Zambia vestiti con magliette e jeans di cotone logori.

Gli ufficiali russi che li hanno accolti, indossavano quei loro caratteristici colbacchi che avvolgono le orecchie ed enormi cappotti di pelliccia. Hanno fatto marciare le reclute attraverso ghiaccio e neve fino alle caviglie. Li hanno così condotti agli autobus in attesa.

I ragazzi tremavano come se avessero delle crisi epilettiche e i loro denti battevano e sferragliavano a temperature sotto lo zero, senza che venisse lanciata loro nemmeno una coperta. “Pensavo che l’inferno fosse caldo”, ha raccontato più tardi uno degli ragazzi africani compagno d’addestramento del nostro combattente Eldon.

La Cina non era molto meglio. Gli africani erano segregati dai cinesi comuni e i loro istruttori “ci trattavano come cani”, aveva raccontato uno di loro in una lettera a casa.

Quando Robert Mugabe fece il suo primo viaggio in Cina dopo che lo Zimbabwe aveva finalmente conquistato l’indipendenza, un collega andò con lui nel gruppo di giornalisti neri. All’arrivo, a ciascuno dei giornalisti fu assegnato un badante-traduttore cinese. Quello assegnato a Elton ha chiesto: “Posso toccare i tuoi capelli? Voglio vedere se sono fatti di filo” Al nastro dei bagagli il badante si era informato: “Dove sono i tuoi tamburi?” Cosa vuoi dire?, aveva risposto Elton. “Non è così che comunicate tra di voi in Africa?”

Minatore in una miniera di rame, gestita da cinesi in Africa

Le cose sono cambiate nel villaggio globale di oggi, ma il risentimento rimane. Russi e cinesi ci stanno fregando in ogni aspetto dei loro investimenti nell’industria mineraria, nell’agricoltura, nell’edilizia, e così via. È risaputo che i datori di lavoro cinesi trattano i lavoratori neri come i colonialisti di un tempo.

Un recente articolo apparso sulla stampa locale racconta che un uomo d’affari cinese ha distrutto tutte le tazze di tè del suo ufficio in preda alla rabbia dopo che un lavoratore aveva bevuto da una di queste. Altri si sono visti rubare i cani da compagnia e se li sono trovati belli e cucinati sulle tavole dei cinesi. Anche le rane toro gracidanti catturate in un lussureggiante campo da golf erano considerate una prelibatezza nel loro menu.

Mnangagwa e Lukashenko ad Harare

Altri hanno guidato bande di bracconieri tra i poveri del luogo, che sono stati pagati pochi spiccioli il cambio delle loro preziosissime prede: elefanti per l’avorio, rinoceronti per il corno e pangolini, i nostri squamosi formichieri, per le loro presunte proprietà medicinali e afrodisiache nella medicina tradizionale orientale.

Un piccolo oligarca russo ha comprato una splendida casa dove trascorre più tempo dopo l’invasione dell’Ucraina da parte di Putin. Una soluzione nel caso in cui, poiché è giovane, venisse chiamato a prestare servizio in Ucraina e non riuscisse a pagarsi la fuga. Questo signore non si mescola molto con i locali, ma trova gli zimbabwesi malleabili e non disdegna di accettare tangenti per favorire i suoi piani di acquisto, talvolta illegale, a basso costo di proprietà. Vuole costruire un casinò e piazzare un piccolo superyacht sul maestoso lago Kariba.

Dice di non sapere molto dei Wagner, ma ha sentito che sono stati in ricognizione nel nord del Mozambico, dove i jihadisti devono essere eliminati. Il violento esercito mercenario, composto da molti ex detenuti, assassini e stupratori graziati da Putin, ha finora compiuto la maggior parte dei saccheggi e delle uccisioni africane in Mali, nella Repubblica Centrafricana e in altre zone molto più a nord di noi.

Il mio oligarca junior spera che Putin non li bandisca di nuovo in Africa, magari per sconvolgere lo status quo corrotto dello Zimbabwe e gli agi di cui gode.

Il presidente dello Zimbabwe “ED” Mnangagwa e la nostra solidarietà a Lukashenko. Qui non c’è traccia del leone impagliato.

Angus Shaw*

L’articolo originale in inglese lo trovate qui
https://www.angus-shaw.com/what-really-went-on-with-wagner/

*Angus Shaw nato 1949 da coloni scozzesi nella Rhodesia, ad Harare, quando si chiamava Salisbury, ha ottenuto risultati accademici modesti e, rimasto orfano in tenera età, è andato a scuola in Inghilterra ma non ha proseguito gli studi avendo bisogno di lavoro e di reddito.
Viaggiando in autostop in Europa come studente dell’Africa meridionale, ha sentito per la prima volta l’odore dei gas lacrimogeni durante la rivolta studentesca del 1968 a Parigi, la prima di molte altre esperienze come reporter in Africa nei 50 anni successivi.
E’ entrato a far parte del Rhodesia Herald nel 1972. Nel 1975 è stato arruolato nelle forze di sicurezza rhodesiane, ma ha disertato per fare un reportage sugli esuli nazionalisti a Lusaka e Dar es Salaam.
In questo periodo ha coperto una dozzina di Paesi africani, principalmente per l’agenzia di stampa statunitense Associated Press dal 1987 fino alla pensione. Nel febbraio 2005 è stato incarcerato per aver fatto un reportage su Robert Mugabe durante il declino dello Zimbabwe. È autore di tre libri: The Rise and Fall of Idi Amin, 1979, Kandaya, 1993, una cronaca del servizio di leva nella guerra per l’indipendenza dello Zimbabwe e Mutoko Madness, 2013, un memoire africano.
È stato insignito del prestigioso premio Gramlin per la stampa statunitense. Angus Shaw vive ad Harare.

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