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Kenya i risultati provvisori promuovono Kenyatta. Violenze a Mombasa

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Risultati provvisori delle 10 del mattino (le 8 in Italia):
Uhuru Kenyatta (JUBILEE) 2,142,876
Raila Odinga (CORD) 1,615, 221
Musalia Mudavadi (AMANI) 112,093

DAL NOSTRO INVIATO
NAIROBI
– 4 marzo, ore 17,30. James è appena uscito dal seggio dove ha votato, nel rione di Westland della capitale keniota. “Sono qui dalle sei di questa mattina – racconta – e ho aspettato il mio turno fino adesso. Guardi la coda – aggiunge voltandosi indietro – quella gente voterà stasera alle 9”. Effettivamente alle 9 il seggio è ancora aperto (doveva chiudere alle 6 del pomeriggio) anche se la fila si è enormemente ridotta: una decina di persone. Aspettare la fine delle operazioni di voto non è consigliabile, anche se Westland è considerata zona poco pericolosa, meglio tornare a casa.
 

Oggi si vota in Kenya con l’incubo delle violenze del 2007 (un migliaio di morti)

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Si vota oggi in Kenya per eleggere il presidente della Repubblica e il parlamento. Otto i candidati ma solo due i favoriti, l’attuale primo ministro Raila Odinga e il suo vice Uhuru Kenyatta. Entrambi figli d’arte. Il padre del primo, Jaramogi Oginga Odinga, re dei luo, abdicò per darsi alla politica (per conflitto di interessi il monarca non può essere deputato o ministro) diventò vicepresidente del papà del secondo, Jomo Kenyatta, kikuyu, presidente e padre della patria del Kenya. Oginga Odinga, passò poi all’opposizione e fu imprigionato.

Mali, chi è Muktar Belmuktar, l’algerino sfuggito sempre alla cattura

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Mokhtar-BelmokhtarEcco come Muktar Belmuktaar viene descritto ds Serge Daniel nel suo libro Aqmi: l’industrie de l’enlèvement (Paris, Fayard 2012).  Serge Daniel, giornalista per la France Presse,  è un esperto di Mali e dei paesi limitrofi. Il suo libro, che si legge come un romanzo giallo,  racconta decine di dettagli inediti sulle attività islamiche nel Sahara.

Moktar Belmoktar, alias Khaled Abou el-Abbas, alias Belaaouar è la vedetta della banda. È lui che ha acceso la fiamma islamica nel Sahel, preparando l’arrivo d’Aqmi nella zona. È anche il più conosciuto dai media.

Algerino, nato il primo giugno 1972 a Ghardaia, è sposato con una donna maliana di etnia bérabiche. Arruolato nell’esercito algerino, l’ha abbandonato per dedicarsi a traffici e contrabbandi vari (sigarette, armi, ecc.) verso la Libia e la regione saheliana, più precisamente in direzione del Niger e del Mali.

Sensibile alla dottrina della jhiad, Belmokhtar appena ventenne ha partecipato alla guerra contro l’armata sovietica in Afghanistan, dove è rimasto un anno e mezzo e dove ha ricevuto una formazione militare e ha intessuto contatti con molti jhiadisti arabi, prima di ritornare in Algeria nel 1992.

Come un altro celebre combattente di Allah, il Mullah Omar, ha perso un occhio in combattimento proprio in Afghanistan, da cui deriva il suo soprannome ‘il Guercio’.

Nonostante Belmokhtar la contesti, la sua reputazione è quella di contrabbandiere di sigarette e di automobili. Alla fine del 1992 crea, nella sua città natale, la khatiba Eshahada (“Brigata del martirio”). Tra i crimini rivendicati da quest’ultima, l’assassinio di cinque europei lavoratori di una società petrolifera.

Gruppo aqim

Molto rapidamente stabilisce fra il 1994 e il 1995 contatti con la costola di Al Qaeda in Sudan. Uno dei suoi fratelli di combattimento, Abdel Baghi, viene assassinato. Lui si ritrova a capo del Sahara in qualità di ‘emiro’.

All’epoca fa parte del GIA (Gruppo Islamico Armato) algerino, ma non per molto. Occorre  precisare che la khatiba Eshahada, affiliata al GIA di cui lui stesso ha fatto parte, aveva come raggio d’azione un territorio che si estendeva dal Sahara algerino alla regione sahelo-sahariana dell’Africa occidentale. Dopo l’incoronazione del sanguinario Antar Zouabri, leader islamista algerino, alla testa del GIA, Belmokhtar entra nel gruppo originario che ha deciso la scissione e la nascita, nel 1998, del GSPC (Gruppo Salafita per la Predicazione e il Combattimento) sottomettendosi al comando di Hassan Hattab.

Moktar Belmohtar viene allora nuovamente nominato Emiro della zona sud di questo gruppo terroristico prima di trasferirsi in Mali, dove crea il primo nucleo della khatiba Al-Moulathamoune e partecipa al sequestro di ostaggi occidentali che, nel 2003, permette al GSPC di rivendicare un ruolo internazionale nella holding del tyerrore.

In quegli anni la sua azione si concentra in Mauritania. I membri mauritani della struttura controllata da Belmokhtar sono incaricati di organizzare azioni terroristiche che, oltre all’attacco ai simboli dello Stato mauritano, passano dall’assalto a convogli pubblici al sequestro di turisti occidentali e alla richiesta di riscatto per la loro liberazione.

Una leggenda incornicia il personaggio: sarebbe dotato di un potere che gli permette di scappare a tutti i tentativi d’arresto. Il 19 febbraio 2008 ha partecipato a un attacco contro l’esercito algerino. In quell’occasione la stampa annuncia la sua morte. Un giornale maliano insinua subito dubbi sulla veridicità della notizia, parlando di una manovra dei sevizi segreti algerini con cui Belmohtar aveva flirtato: il giornale aveva ragione”

Tratto da: Serge Daniel, Aqmi: l’industrie de l’enlèvement, Paris, Fayard 2012
Traduzione di Andrea de Georgio

Mali, forse ucciso in combattimento il super terrorista Muktar Belmuktar

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Altro colpo grosso, ancora però da confermare, quello messo a segno dalle truppe ciadiane in Mali. La “primula rossa” dell’islamismo del Sahel, ex numero due di Al Qaeda nel Maghreb Islamico e leader del gruppo da lui fondato di recente,”Brigata dei Firmatari con il Sangue”, Muktar Belmuktar, sarebbe stato ucciso durante il bombardamento della sua base, sulle montagne dell’Adrar de Ifhogas al confine tra Mali e Algeria. Con lui sarebbero stati ammazzati diversi suoi compagni che si erano asserragliati nella base presa d’assalto dalle truppe ciadiane e bombardata dagli aerei francesi.

Ammazzato in battaglia Abu Zeid, numero due di Al Qaeda in Maghreb

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Il numero due di Al Qaeda nel Maghreb Islamico, Abdelhamid Abou Zeid, sarebbe stato ucciso nel nord del Mali. La notizia arriva dal presidente del Ciad, Idriss Deby, secondo cui il militante islamico, sarebbe morto in battaglia in un luogo sperduto nel bel mezzo al Sahara, più o meno al confine tra Mali e Algeria. Se confermata la notizia è assai importante, perché significa che il gruppo terrorista ha perso uno dei comandanti più sanguinari e violenti. Abu Zeid è accusato di aver fatto giustiziare due ostaggi occidentali, il britannico Edwin Deyer e il francese Michael Germaneau. Il primo nel 2009, il secondo nel 2010.

Dai jihadisti a chi rifiuta il terrorismo: guida ai gruppi islamici attivi in Mali

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Sono almeno cinque i gruppi islamici attivi in Mali. Eccone una breve descrizione.

Ansar Dine – E’ un movimento di combattenti tuareg che si sono raggruppati dopo essere rientrati dalla Libia dove combattevano a fianco di Geddafi. Il leader del gruppo, Iyad ag Ghali, che si suppone abbia una cinquantina d’anni, è stato uno degli organizzatori della rivolta tuareg negli anni ’90. Nel primi anni 2000 invece è stato incaricato da parte del governo del Mali di trattare la liberazione di un gruppo di ostaggi occidentali (soprattutto tedeschi) catturati  dall’algerino Gruppo Salafista per la Predicazione e il Combattimento (GSPC). L’obbiettivo di Ansar Dine, il cui nome completo in arabo è Harakat Ansar al-Dine (cioè Movimento per la Difesa dell’Islam) è di imporre la legge coranica in tutto il Mali.

IYAD ag ghali

Movimento islamico per l’Azawad – Poco dopo l’intervento francese, nel gennaio 2013, una fetta di Ansar Dine si è staccata dall’albero originario. Il gruppo è poco conosciuto nei dettagli. Il suo leader, Alghabass Ag Intallah che era uno dei più stretti collaboratori di Iyad ag Ghali, sostiene di rifiutare il terrorismo e l’estremismo. Intende cioè raggiungere i suoi obbiettivi con mezzi pacifici e il dialogo.

Alghabass Ag Intallah

Al-Qaeda nel Maghreb Islamico (AQIM) – Prima (fino al 2004/5) si chiamava Gruppo Salafista per la Predicazione e il Combattimento (GSPC), e già da allora era considerato il dipartimento di Al Qaeda in Africa del nord.  Il leader fondatore, Amari Saifi, detto anche Abderrezak Le Parà (era paracadutista nell’esercito algerino) è stato catturato nel maggio 2004 nel Tibesti, la regione del nord del Ciad al confine con la Libia, in pieno Sahara. E’ sparito.

Abdirizak El Para

Abderrezak Le Parà dovrebbe essere ora ospite di un carcere algerino se non è già stato ammazzato. Il comandante in capo di AQMI dovrebbe essere ora l’algerino Abdelmalek Droukdel, nome di battaglia Abu Musab Abdel Wadoud. AQMI controllava Timbuctù durante l’occupazione islamica.

Hamada Ould Mohamed KheirouMovimento per l’unicità e la Jihad in Africa occidentale (MUJAO) – Gruppo scissionista, uscito da AQMI a metà del 2011, il cui scopo è quello di diffondere la jihad a tutta l’Africa occidentale mentre Al Qaeda si limita al Maghreb. Il MUJAO è responsabile del rapimento di Rossella Urru e di suoi tre colleghi spagnoli nell’ottobre 2011 in un campo sahraui a Tinduf, in Algeria.  Gli ostaggi furono liberati  nel  luglio 2012 dietro pagamento di un riscatto. Molti dei suoi miliziani sono tuareg, ma il leader è mauritano: Hamada Ould Mohamed Kheirou. Il leader militare (chiamato spesso pomposamente capo di stato maggiore) è invece l’arabo maliano (perchè nato a Timbuktù Oumar Ould Hamaha.

Muktar BelmuktarIl Battaglione dei Firmatari con il Sangue – Una fazione radicale che si è staccata a AQMI. E’ impegnata in una jihad globale e responsabile per l’assalto all’impianto di gas in Libia del mese scorso. Il suo capo è Muktar Belmuktar. Voleva diventare il leader di AQMI. Politicamente sconfitto ne è uscito per dissenso sulla leadership.

Massimo A. Alberizzi
twitter @malberizzi
massimo.alberizzi@gmail.com

Nelle foto, dall’alto: Iyad ag Ghali,  Alghabass Ag Intallah, Abderrezak Le Parà, Hamada Ould Mohamed Kheirou e Muktar Belmuktar

Mali, autobomba a Kidal, la tattica terrorista degli islamici

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Un’autobomba è esplosa a Kidal, città nord del Mali controllata da un gruppo tuareg laico, alleato dei francesi, l’MNLA (Movimento Nazionale per la Liberazione dell’Azawad). Sette persone sono morte.

L’attacco è avvenuto a un posto di blocco presidiato dai tuareg. I fondamentalisti islamici dopo essere stati cacciati dalle loro roccaforti, Timbuctù, Gao, Kidal e altre località minori, hanno adottato una tattica di guerriglia terrorista, con attentati suicidi, bombe, assalti e incursioni spettacolari.

Mali, finita la guerra lampo comincia quella vera

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Di ritorno da Gao a Bamako,
Andrea de Georgio
ha mandato questo articolo
per Africa ExPress

NOSTRO SERVIZIO PARTICOLARE
BAMAKO – Nelle stesse ore in cui il presidente francese Francoise Hollande annuncia la “fase finale dell’Operazione Serval” e si comincia a parlare di “ritiro graduale”, di “exit strategy” e di caschi blu dell’Onu, nel nord del Mali comincia la guerra, quella vera.

In un video i 7 francesi rapiti in Camerun confermano: “Siamo in mano a Boko Haram”

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Un video pubblicato su Youtube, mostra la famiglia francese, sette persone, tre adulti e quattro ragazzini, rapiti martedì della scorsa settimana in Camerun, probabilmente da un gruppo di militanti che fa capo ai terroristi di Boko Haram. I terroristi erano arrivati sul luogo del rapimento in moto e erano tornati immediatamente in Nigeria (la frontiera passa a pochi chilometri dal logo dove si è consumato l’agguato) dove possono facilmente contare sui rifugi sicuri.Boko Haram

Il Marocco e la primavera araba non violenta

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Alla Bit, la Borsa Internazionale del Turismo di Milano dove si incontrano operatori del settore è arrivato anche il ministro del turismo del Marocco, paese che conta parecchio sul mercato italiano, il quinto in ordine di importanza e per volume d’affari. Lahcen Haddad si è intrattenuto brevemente con Africa-exPress. “Gli italiani in Marocco entrano senza visto e se viaggiano in un gruppo di più di 8 persone non hanno bisogno neppure del passaporto: è sufficiente la carta d’identità”.