Abdikafi Mohamed Ali, uno dei più pericolosi capi shebab del Puntland, la regione autonoma del nord della Somalia conosciuta anche come Migiurinia, è stato catturato dalla polizia. Il ministro della sicurezza del Puntland, Khalif Isse Mudan, ha raccontato che il terrorista islamico, capo delle cellule islamiche che operano nel nord dell’ex colonia italiana, era arrivato dal sud poche settimane fa; è stato ferito durante uno scontro a fuoco nella capitale economica, Bosaso. Armato di una pistola e di un paio di granate, il leader ha tentato di resistere ma è stato colpito alle gambe e si è arreso. Un civile, coinvolto nella battaglia, è stato ucciso, E’ in atto una meticolosa caccia all’uomo per catturare altri compagni di Abdikafi.
Pugno di ferro contro la stampa in Burundi: passa la legge bavaglio
Il presidente del Burundi Pierre Nkurunziza ha approvato una nuova legge sui media, che i critici e le organizzazioni per i diritti umani hanno condannato come un attacco alla libertà di stampa. La legge vieta la pubblicazione di informazioni su questioni che potrebbero minare la sicurezza nazionale, l’ordine pubblico e l’economia. Naturalmente non stabilisce con precisione quali siano le informazioni che è vietato pubblicare. Così si lascia alla descrizione del giudice o peggio del potere politico il giudizio in merito.
Sono 22 i prigionieri scappati dal carcere di Niamey. Tra loro un pericoloso terrorista
Sono ben 22 i detenuti scappati dalla prigione di Niamey sabato scorso 1° giugno. L’hanno confermato fonti ufficiali nigerine. Tra loro molti condannati per terrorismo. Il ministro delle giustizia, Marou Amadou che funge da portavoce del governo, ha confermato che tre guardie carcerarie sono state uccise e tre gravemente ferite durante l’ammutinamento e il successivo attacco. “Le armi sono state introdotte nelle prigione e stiamo indagando per capire chi e come l’abbia introdotte”.
Commando islamico assalta la prigione di Niamey per liberare tre compagni: almeno 10 morti
Un gruppo di terroristi islamici detenuti nel carcere di Niamey (la capitale del Niger) si è ammutinato mentre pochi minuti prima un commando di uomini armati ha attaccato la struttura penitenziaria. L’obiettivo era di liberare tre detenuti, due nigeriani di Boko Haram, e un terzo un sudanese mercante d’armi. Dopo una breve fuga i tre sono stati riacciuffati al termine di una caccia all’uomo e di una battaglia, durante la quale gli assalitori hanno lanciato un paio di granate. I morti – come ha spiegato lo stringer di Africa Express a Niamey, a dispetto di quanto sostengono le fonti ufficiali – sono almeno dieci. Diversi i feriti.
Perquisiti dalla polizia in Uganda due quotidiani accusati di complottare contro Museveni
La polizia ugandese ha fatto irruzione negli uffici del quotidiano indipendente Daily Monitor per cercare le prove contro un generale dell’esercito che ha criticato la presunta decisione del presidente Yoweri Museveni di aver scelto come successore suo figlio. Il generale, in particolare, aveva sostenuto in un’intervista che “chi si oppone a questa decisione rischia di essere ammazzato.
Henry Ochiend, redattore politico del Daily Monitor, inorridito dalla scorreria, ha raccontato che una cinquantina di poliziotti sono entrati negli uffici, ospitati in una palazzina nel centro di Kampala. “Ci sono un sacco di persone in borghese all’interno dei locali. Si può entrare, ma non si può uscire”, ha spiegato.
ll raid è stato organizzato mentre nel Paese si sta svolgendo un feroce dibattito su una lettera inviata dal generale David Sejusa all’agenzia per la sicurezza interna. L’ufficiale chiede un’indagine per chiarire se siano vere le voci secondo cui esistono piani per assassinare gli alti ranghi dell’esercito che criticano la decisione del presidente Museveni di designare come successore il figlio Muhoozi Kainerugaba.
Il Daily Monitor ha ottenuto e pubblicato la lettera di Sejusa, che è stata bollata dai vertici dell’esercito come propaganda. Tre giornalisti del quotidiano hanno poi resistito alle richieste della polizia di consegnare copia della lettera e, soprattutto di rivelare da chi e come l’hanno ottenuta.
Sejusa, che è attualmente in viaggio in Europa, ha poi scritto un’altra lettera a giornali locali, sostenendo che il presidente aveva piazzato per tre anni nel suo ufficio un uomo con l’incarico di spiarlo.
Museveni ha annunciato che si dimetterà nel 2016 cioè dopo esattamene trent’anni al potere. Da un po’ di mesi in Uganda non si discute d’altro e si sprecano i commenti sulla concreta possibilità che Muhoozi Kainerugaba prenda il posto del padre. Fonti ufficiali hanno smentito con determinazione quest’ipotesi, che comunque continua a circolare sempre più insistente.
Massimo A. Alberizzi
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Kenya: gruppi cattolici litigano sull’uso del preservativo contro l’AIDS
Dura lite tra cattolici in Kenya: oggetto del contendere l’uso del preservativo per bloccare la diffusione dell’AIDS. Goccia che ha fatto esplodere la contesa, la diffusione di un avviso pubblicitario, affisso su cartelloni per le strade e pubblicato qualche giorno fa sui quotidiani, in cui una coppia abbracciata esclama: “Crediamo in Dio, crediamo che il sesso sia sacro, crediamo nell’aiutarci l’un l’altro, crediamo nell’uso del preservativo”. L’annuncio si conclude con un’esortazione: “I buoni cattolici usano il preservativo”. Il tutto a firma di un’organizzazione religiosa “Cattolici per la libertà di scelta”, i quali sostengono che il loro messaggio è “autenticamente cattolico” perché frena la diffusione di una malattia gravissima e quindi di un evidente pericolo per le persone.
Nigeria dichiarato lo stato d’emergenza nel nord est del Paese
Dopo uno stillicidio continuo di attacchi da parte degli integralisti di Boko Haram, il presidente nigeriano, Goodluck Jonathan ha dichiarato lo stato di emergenza in tre Stati, Borno, Adamawa e Yobe. “I militari – ha spiegato con grande enfasi il leader nigeriano in un intervento alla televisione – prenderanno tutte le iniziative necessarie a mettere fine all’impunità di cui godono i terroristi”. Jonathan ha annunciato poi l’invio di nuove truppe nel nord est del Paese, cioè in quegli stati dove è più intensa l’attività degli insorti islamici.
Dal Centrafrica scappano in Niger, ma sono solo lacrime
Era il suo complenno e non sapeva nemmeno a chi dirlo. Meno male che Pelagie l’ha accolta a casa sua. Tra una figlia e l’altra solo perché scappano dallo stesso paese e soprattutto dalla stessa guerra.
Il Centrafrica è reso povero dalle sue ricchezze e ricco della sua povertà. Una serie di presidenti criminali e le consuete complicità internazionali per rubarne le risorse. Miscele pericolose che hanno fatto sì che Jennifer trovasse suo marito e suo padre uccisi dai liberatori del Seleka. Alcuni anni fa era accaduto lo stesso al marito di Pelagie. Ucciso sotto i suoi occhi di sposa. Hanno preso Bangui, la capitale del Centrafrica e regolato conti lasciati in sospeso.
All’assemblea Eni, per la prima volta interviene Amnesty e parla di Nigeria
Per la prima volta Amnesty International Italia è intervenuta all’interno dell’Assemblea generale degli azionisti di Eni, svoltasi il 10 maggio a Roma. La direttrice generale Carlotta Sami – spiega un comunicato dell’organizzazione – ha rinnovato all’azienda le raccomandazioni dell’organizzazione sul rispetto dei diritti umani della popolazione del delta del fiume Niger, in Nigeria. “L’inquinamento causato dalle aziende petrolifere presenti sul territorio – tra cui Shell, Total e la stessa Eni – ha contaminato il suolo, l’acqua e l’aria del delta del Niger contribuendo alla violazione del diritto alla salute e a un ambiente sano, del diritto a condizioni di vita dignitose, inclusi il diritto al cibo e all’acqua, nonché del diritto a guadagnarsi da vivere attraverso il lavoro – ha dichiarato Carlotta Sami -. Le persone colpite sono centinaia di migliaia, in particolare i più poveri e coloro che dipendono dai mezzi di sussistenza tradizionali, come pesca e agricoltura”.