Speciale per Africa ExPress
Andrea Spinelli Barrile
Roma, 29 marzo 2015
Proseguono le proteste degli studenti universitari nella piccola Guinea Equatoriale e prosegue anche la durissima repressione del regime di Malabo, che ha affidato alla polizia e ai militari l’ingrato compito di tenere sotto controllo l’università della capitale e i punti chiave delle principali città del Paese: da Malabo a Bata, da Annobòn a Mongomo, da Ebibeyn a Nsang, le notizie sulle proteste si sono diffuse in pochissime ore in tutta la Guinea costringendo il regime alla dura reazione.
Il blocco di internet e dei principali social network, in particolar modo Facebook, si è aggiunto al preesistente blocco d’accesso ai siti di informazione di eguatoguineani all’estero, molto critici con il regime; a questo si sommano le decine di arresti di studenti in tutto il paese, conseguenza della repressione delle manifestazioni spontanee di giovani che gridavano “libertà” e chiedevano che fine avessero fatto i soldi delle loro borse di studio.
[embedplusvideo height=”442″ width=”550″ editlink=”http://bit.ly/1NwYYDz” standard=”http://www.youtube.com/v/tg9VZdoDKwA?fs=1&vq=hd720″ vars=”ytid=tg9VZdoDKwA&width=550&height=442&start=&stop=&rs=w&hd=1&autoplay=0&react=1&chapters=¬es=” id=”ep5046″ /]
Il punto della questione, infatti, è proprio questo: le borse di studio. Gli studenti universitari contestano al ministro dell’istruzione e della scienza, secondo vicepremier, Lucas Nguema Esono Mbang di essersi intascato i soldi destinati ai giovani universitari: secondo alcuni elenchi pubblicati sul network Diario Rombe l’assegnazione dei premi in denaro infatti sarebbero state palesemente contraffatti e quei soldi incredibilmente scomparsi. Il ministro, “Lukito” per i contestatori, ha per tutta risposta annunciato il blocco delle borse di studio, fatto occupare la UNGE (l’Università di Malabo) dalla Polizia e fatto arrestare decine di giovani ragazzi e ragazze, i quali secondo alcune fonti sarebbero stati anche vittime di torture nelle carceri e nei commissariati.
Secondo alcune informazioni non confermate alcuni agenti di polizia e militari avrebbero cercato un approccio più conciliante con i manifestanti, almeno nei momenti di calma, manifestando persino solidarietà con loro: un fatto che, se confermato, sarebbe assolutamente inedito e cambierebbe di molto gli scenari futuri nel piccolo paese dell’Africa Occidentale.
Molte madri però si sono recate inutilmente davanti alle carceri per chiedere la scarcerazione dei figli e secondo le informazioni di cui Africa ExPress dispone le proteste continueranno anche la prossima settimana: la popolazione del Paese, stremata dalla cleptocrazia degli Obiang al potere dal 1979, cerca in ogni modo di comunicare come possibile al di fuori del Paese, mentre la televisione di Stato tranquillizza tutti gli altri. Le pezze della propaganda nguemista sembrano tuttavia non reggere di fronte alle richieste della popolazione, che chiede la fine delle corruttele “libertad”.
La stretta del regime sull’opposizione che ha immediatamente seguito la fine della Coppa d’Africa, dopo il fallimento del “dialogo nacional” tra il regime e le opposizioni, una farsa voluta da Obiang a novembre, è cominciata con gli arresti dei principali leader politici avversi al clan presidenziale, continuata con il confinamento degli stessi e di molti altri cittadini critici con il regime, e proseguita con la repressione degli studenti.
Nel frattempo, mesi fa il governo ha decretato insolvenza con le imprese straniere e proprio in questi giorni sono in corso numerose riunioni con le principali aziende, che dovranno decidere sul da farsi: un problema non da poco, come dimostra la vicenda che ha colpito l’italiano Roberto Berardi, incarcerato e torturato a Bata da più di due anni, e Fabio e Filippo Galassi, arresto avvenuto una settimana fa.
Fabio Galassi è detenuto a Bata, nello stesso carcere in cui vive Roberto Berardi (ai due non sarebbe permesso vedersi né parlarsi), mentre il figlio Filippo, dopo tre giorni di isolamento in commissariato a Bata, è oggi agli arresti domiciliari. A carico dei due non sono state ancora formulate accuse precise, anche se la magistratura nguemista lavorerebbe su alcune denunce per bancarotta e appropriazione indebita di beni della società amministrata da due.
Ma una situazione non facile la vivono anche le decine di lavoratori italiani che ancora vivono nel paese, molti senza stipendio da mesi proprio perché dipendenti di quelle imprese che non vedono più pagarsi le commesse dal governo di Malabo, che sembra avere da poco incassato un sostanzioso assegno staccato dalla Repubblica Popolare Cinese: formalmente, soldi destinati all’organizzazione delle prossime elezioni, anche se in molti sono più propensi a pensare che verranno utilizzati per terminare le faraoniche opere “pubbliche” nel paese. Con buona pace dei legittimi assegnatari dei lavori.
Andrea Spinelli Barrile
Skype: djthorandre
twitter @spinellibarrile
In alto la famigerata prigione Black Beach Prison, Nella seconda, quarta e quinta foto (tratte dal sito Diario Rombe) le proteste degli studenti. Nelle terza si vede il trepidante Teodoro Obiang che parla all’ONU.