Dal Centro per la Riforma dello Stato
Giuseppe (Ino) Cassini*
17 marzo 2025
Durante la campagna elettorale USA del 1964 – che vedeva il presidente Johnson sfidato dal repubblicano Goldwater – una piccola rivista, Fact, pubblicò un articolo con un sottotitolo non certo banale: “1189 psichiatri affermano che Goldwater è psicologicamente inadatto a diventare Presidente”.

Barry Goldwater non era uno sfidante qualsiasi: militarista, oppositore del New Deal, quale senatore dell’Arizona aveva votato contro la Legge sui Diritti civili. Aveva unito attorno a sé l’ala destra del GOP fino a guadagnarsi la nomination contro Johnson; ma alle urne fu sonoramente sconfitto.
Causa vinta
Tuttavia, sostenendo che l’articolo del Fact lo aveva danneggiato, fece causa al giornale e la vinse.
La storia non finì lì. Quegli psichiatri erano membri della prestigiosa American Psychiatric Association (APA), che però nel 1973 redasse un codice deontologico in base al quale “uno psichiatra può condividere col pubblico il suo sapere su questioni psichiatriche in generale, ma non è etico offrire un parere professionale su un soggetto che non sia stato esaminato e non abbia consentito di divulgarlo”.
Il principio divenne noto come la “Goldwater Rule”. Con l’arrivo di Trump nel 2017 l’American Psychoanalytic Association (distinta dall’APA) non si reputò tenuta a quella regola e molti psicanalisti si esposero, definendo la sua personalità “affetta da mania di grandezza, mancanza di empatia, narcisismo perverso”.
Un loro gruppo scrisse: “È nostro obbligo morale avvertire il pubblico che la sua malattia mentale è pericolosa”.
Ritorsioni presidenziali
Oggi il ritorno di Trump alla Casa Bianca terrorizza chi lo ha criticato, consapevole di quali ritorsioni sia capace un presidente che il 15 febbraio ha ammonito sul suo blog: “Chi salva il suo Paese non viola alcuna legge”.
Ecco che una prima vendetta è stata di togliere la protezione federale ad alcune personalità a rischio: Anthony Fauci, l’immunologo anti-Covid bersaglio di varie minacce di morte; l’ex-Segretario di Stato Mike Pompeo; John Bolton, già consigliere per la sicurezza; il gen. Mark Milley, ex-Capo di Stato Maggiore.
Trump ha aggiunto di non sentirsi responsabile se a loro accadesse qualcosa: “Hanno fatto un sacco di soldi. Possono assumere loro una scorta”. Basterebbe questo, senza neppure compulsare il 25° emendamento della Costituzione, a dichiararlo “unfit to rule”.
Zio Donald
Ovvio che fra i più restii ad esporsi siano ora psichiatri e psicanalisti. Perciò, ha provveduto a metterci la faccia una psicologa, Mary Trump, che conosce bene il suo “paziente”, lo zio Donald.

Nel 2020 è uscito un suo libro (titolo tradotto in italiano: Troppo e mai abbastanza. Come la mia famiglia ha creato l’uomo più pericoloso del mondo) per chiarire che lo zio è affetto da una psicopatologia costitutiva originata dalla famiglia stessa: il padre lo ha educato al pregiudizio razziale, alla crudeltà mentale, alla ricerca spasmodica di denaro e solo a quello.
Donald è una figura tragica ma anche patetica – sostiene la nipote – perché la sua patologia è “costitutiva”, quindi insanabile. In effetti, vuole realizzare sul serio i desideri infantili preannunciati: possedere la Groenlandia; scassare come giocattoli ingombranti la Corte Penale Internazionale, l’OMC e l’OMS; colpire a destra e a manca con dazi suicidari; bloccare gli aiuti umanitari gestiti da USAID; dileggiare i palestinesi di Gaza e Zelensky; recedere da trattati cruciali come l’accordo di Parigi sul clima e quello con l’Iran sul nucleare; vantarsi di essere un “pacifier”, che però significa anche ciuccio, succhiotto.
De Amicis lo avrebbe definito il Franti d’America. (Nel libro “Cuore” di Edmondo De Amicis, Franti è il cattivo, di una famiglia del sottoproletariato, che trema davanti ai ragazzi più grandi e se la prende con quelli più deboli di lui, ndr.)
Giustizia più sensibile
L’entusiasmo con cui il 6 gennaio 2021 Trump incitava la folla a invadere il Congresso e linciare il vice-presidente Pence ha indotto due anni dopo Bolsonaro, lo sconfitto presidente brasiliano, a tentare un golpe a Brasilia che prevedeva l’eliminazione fisica dello stesso neopresidente Lula: un replay che ha portato Bolsonaro adessere condannato in tribunale.
La giustizia brasiliana si è dimostrata più sensibile alla democrazia di quella statunitense.
La controprova della patologia di Trump sta nel rifiuto di riconoscere la realtà: nega di aver perso alle precedenti elezioni; afferma che è stata l’Ucraina a invadere la Russia; sostiene che i cambi climatici sono una balla (al punto da tagliare i fondi destinati a mitigarne l’impatto); spara numeri a casaccio in nome della post-verità; afferma una cosa e il suo contrario.
È un mentitore compulsivo. In compenso scalda i cuori degli elettori proclamando, nel discorso fiume dello stato dell’Unione, che “l’età dell’oro per l’America è cominciata”.
I più colti tra gli americani citano Giorgio III, il re britannico la cui demenza contribuì a spingere le Tredici Colonie a dichiarare l’indipendenza (“La storia dell’attuale re è una storia di ripetuti oltraggi e usurpazioni, al fine di installare una tirannia assoluta sopra i nostri Stati”).
Il popolo meno agiato, invece, guarda piuttosto al prezzo delle uova in aumento verso i 7 dollari la dozzina; e si affida speranzoso al monito di Lincoln: “Si può ingannare tutti per qualche tempo e ingannare alcuni per sempre, ma non si può ingannare tutti per sempre”.
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