Questo articolo è stato pubblicato
prima che si sapesse della liberazione di Cecilia Sala
Speciale per Africa ExPress
Fabrizio Casinelli*
8 gennaio 2025
L’arresto in Iran della giornalista Cecilia Sala, al di là dell’indignazione che ha suscitato in Italia, e alle sacrosante richieste istituzionali di liberazione immediata, sono anche lo spunto per considerazioni sul doppio standard che permea i media.
Cecilia Sala è stata gettata in carcere e deve essere liberata al più presto. Nessuna persona al mondo, specie se giornalista, dovrebbe finire in galera per le sue opinioni o i suoi reportage.
Non solo Iran
Però questo vale non solo per l’Iran, ma anche per altri Paesi (ad esempio Arabia Saudita, Turchia, Usa, Germania, Israele, Gb) verso i quali però non si registra alcuna levata di scudi.
Basti pensare ai reporter uccisi a Gaza, alle decine e decine di colleghi in prigione in Turchia, ai giornalisti di opposizione in Israele minacciati di veder chiudere le loro redazioni, a Julian Assange trascinato fuori a forza da un’ambasciata a Londra.
Visto giornalistico
Cecilia aveva un regolare visto giornalistico, non turistico. In nessun modo il suo arresto è dovuto a problematiche relative alla regolarità della sua posizione di soggiorno o professionale.
I giornalisti stranieri in Iran devono sottostare ad alcune regole, ben chiare quando viene concesso il visto.
Che non vuol dire scrivere quello che vogliono gli iraniani, ma non si possono realizzare servizi incontrando realtà che lo Stato considera eversive o legate a governi stranieri che secondo loro minacciano la sicurezza del Paese.
Intervistare le BR
D’altra parte non è che in Italia si potessero intervistare le BR ai tempi del terrorismo, come oggi non si può dar voce magari sul web a jihadisti impegnati nel sostegno a cause militari, anche altrove nel mondo, o al movimento No-Tav o a quello ambientalista senza finire nel mirino della Polizia Postale o magari dell’Antiterrorismo.
Cecilia è stata arrestata per aver violato le leggi della Islamic Republic of Iran, da alcuni sedicenti esperti di Iran tradotto come violazione delle leggi islamiche.
Posizioni filo atlantiste
Qualcuno ha tirato in ballo perfino la sharia (sic!). Cecilia ha posizioni nettamente atlantiste e filo-Usa, ha definito parlare di genocidio a Gaza una cosa inopportuna, sostiene con vigore le iniziative del movimento Donna Vita Libertà e altro.
Non che gli iraniani non lo sapessero, quando l’hanno fatta entrare. Il fatto che Sala sia stata portata a Evin confermerebbe un problema di questo tipo.
Anche perché se invece si trattasse di altro (spionaggio et similia) l’atteggiamento iraniano sarebbe ben più intransigente. Quindi perché arrestarla dopo che ha fatto quello che tutti sapevano sarebbe andata a fare? Probabilmente perché si trovava nel posto sbagliato al momento giusto.
Arresto simmetrico
Il 6 gennaio il governo iraniano ha escluso che sia stata arrestata in relazione al quasi simmetrico arresto, in Italia, di un ingegnere persiano 38enne, Mohamed Abedini, su mandato di un provvedimento restrittivo USA.
Lui preso il 16 dicembre a Malpensa, lei incarcerata a Tehran il 19. La portavoce, Fatemeh Mohajerani, ha detto che “non si tratta di ritorsione, questo arresto non ha nulla a che vedere con altre questioni” auspicando che il caso “venga risolto rapidamente”.
Sospetto legittimo
La detengono loro, per risolvere rapidamente basterebbe liberarla. Appare quindi legittimo il sospetto che le due detenzioni siano collegate.
In Iran tutti sanno della vicenda. I TG ne hanno parlato pur senza fornire spiegazioni in particolare. Ma tutti gli iraniani interpellati ritengono che la vicenda sia legata all’arresto del giovane ingegnere, commerciante di tecnologia ritenuta ‘dual-use’.
L’autorità giudiziaria italiana ha negato gli arresti domiciliari per l’iraniano ritenendo – comprensibilmente – che non forniscano sufficienti garanzie rispetto a un’eventuale fuga. Ma non ha ancora deciso nel merito della richiesta di estradizione, con udienza fissata per il prossimo 15 gennaio.
Doppio standard
Andrebbero, poi, fatte, anche alcune considerazioni etiche e geopolitiche. Se è da considerarsi illegittimo l’arresto della Sala per gli standard occidentali ricordo che tali criteri hanno tenuto prigioniero per anni un giornalista il cui unico crimine era quello di aver divulgato la verità sulle falsità dette da governi e militari, Julian Assange.
Nessun capo di Stato volò allora negli USA per ammansirli. Se vendere tecnologia per i droni iraniani è reato, sembrerebbe tale anche vendere tecnologia per i droni israeliani che bombardano la popolazione civile o per quelli di Washington che compiono omicidi (questi sì, certamente illegali, per le leggi internazionali) in varie parti del mondo senza alcun processo.
Disagio in cella
E ancora: a chi sottolinea – giustamente – le condizioni di disagio della nostra connazionale in cella, ricordo che l’Italia è stata più volte condannata per le condizioni degradanti delle sue carceri.
E a chi ritiene che sia repressivo colpire chi simpatizza per gruppi considerati eversivi da uno Stato sovrano, quantunque autoritario, ricordo che in Italia se inneggiate alla Jihad, o contro la NATO o contro i vertici di Bruxelles, arriva la Digos.
Ottantenne arrestata
E ricordo anche che una 80 enne è stata arrestata per aver sostenuto il movimento No Tav e che le nuove leggi rischiano di mandare in galera dei ragazzini se con uno striscione bloccano una strada per manifestare.
Fabrizio Cassinelli*
cassinelli.fabrizio@gmail.com
*Fabrizio Cassinelli, giornalista dell’agenzia Ansa, saggista, presidente dei Cronisti Lombardi.
Il nostro augurio ai media per il 2025: abbandonare il sistema del doppio standard
Vuoi contattare Africa ExPress? Manda un messaggio WhatsApp con il tuo nome e la tua regione (o Paese) di residenza al numero
+39 345 211 73 43 e ti richiameremo.
Africa Express viene diffuso in tempo reale sulla piattaforma Telegram al canale https://t.me/africaexpress
e sul canale Whatsap https://whatsapp.com/channel/0029VagSMO8Id7nLfglkas1R
ai quali ci si può abbonare gratuitamente.