Tragico naufragio nel lago Kivu nel Congo-K: decine di morti

MSF denuncia aumento della violenza sulle donne nei campi per sfollati

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Speciale per Africa ExPress
Cornelia I. Toelgyes
5 ottobre 2024

Nella parte orientale della Repubblica Democratica del Congo si susseguono drammi su drammi. Giovedì scorso, un’imbarcazione con a bordo 278 passeggeri, è colata a picco sul lago Kivu, uno dei grandi specchi d’acqua africani, situato sul confine tra la ex colonia belga e il Ruanda.

Le chiglia del battello Merveille de Dieu naufragato nel lago Kivu

Il natante, Merveille de Dieu (Meraviglia di Dio ndr), sovraccarico di passeggeri e mercanzie, era partito da Minova (Sud-Kivu) ed era diretto a Goma, nel Nod-Kivu. Il bilancio dei morti è ancora provvisorio. Il governatore del Sud-Kivu, Jean-Jacques Purusi, ritiene che le vittime siano almeno 70, ma si presume che siano molte di più.

Ovviamente la barca era sprovvista di giubbotti salvagente. Dopo un altro terribile naufragio del 2019, molto simile a quello di pochi giorni fa, il presidente, Felix Tshisekedi, aveva promesso giubbotti di salvataggio e un ammodernamento della flotta. Una promessa “non mantenuta”, secondo la società civile locale. Ma va anche ricordato che molto spesso le norme marittime non vengono rispettate.

Non è facile spostarsi da un luogo all’altro nel tanto travagliato est del Paese, dove le strade, specie nel periodo delle piogge, sono del tutto impraticabili. Ma non solo. I gruppi armati sono sempre in agguato, la gente ha paura e dunque evita le vie di comunicazione terrestri. Anche la maggior parte dei viveri vengono trasportati con i natanti, da quando i miliziani dell’M23 (che prendono il nome da un accordo, firmato dal governo del Congo-K e da un’ex milizia filo tutsi il 23 marzo 2009) hanno circondato Saké, città strategica sulla via per Goma, città nel Nord-Kivu, situata sulla riva settentrionale del grande lago.

La situazione nell’est del Paese è a dir poco catastrofica: da decenni si consuma uno dei tanti conflitti africani dimenticati da gran parte della comunità internazionale. Raramente se ne fa accenno sui quotidiani internazionali.

Pochi giorni fa l’ONG Medici Senza Frontiere (MSF), nel suo rapporto pubblicato il 30 settembre scorso, ha lanciato una nuova allerta: nella parte orientale del Congo-K, sono in vertiginoso aumento  le violazioni sulle donne. MSF ha sottolineato che nel 2023 ha assistito e curato oltre 25.000 vittime. Purtroppo per quanto riguarda il 2024 il numero delle donne stuprate sembra essere superiore a quello dello scorso anno e le terribili violenze si consumano per lo più nel Nord-Kivu.

Congo-K: ragazza vittima di violenza nell’est del Paese

Secondo il documento della ONG, molte donne e ragazzine subiscono violenze anche  nei campi per sfollati vicino a Goma. Le vittime vengono attaccate nel 98 per cento dei casi quando vanno a prendere la legna o l’acqua. Sempre secondo quanto riportato da MFS, 8.115 donne hanno cercato di abortire dopo aver subito uno stupro. Alcune vittime sono risultate positive all’HIV o ad altre infezioni sessualmente trasmissibili.

Christopher Mambula, responsabile del programma di MSF in Congo-K, ha spiegato che due terzi delle aggressioni avvengono sotto minaccia di un’arma. La situazione è disastrosa, ha affermato Mambula. Nei primi cinque mesi di quest’anno sono state registrate oltre 17.000 vittime nel solo Nord-Kivu.

Ma le sofferenze della gente nell’est della ex colonia belga non terminano qui. Il Congo-K è tra i Paesi con il maggior numero di sfollati al mondo a causa dei continui combattimenti tra le forze armate congolesi (FARDC) e i vari gruppi armati, soprattutto l’M23, appoggiato dal Ruanda. Inoltre in questi ultimi anni si sono messe anche le piogge intense e le disastrose alluvioni dovute ai cambiamenti climatici.

Alla fine del 2023 gli sfollati interni erano 6,9 milioni in tutto il territorio nazionale. Durante il mese di maggio, nel solo Nord-Kivu, altri 1,77 milioni sono scappati dalle proprie case per fuggire alla furia dei miliziani M23.

Pochi giorni fa, Human Rights Watch ha denunciato che nel corso di quest’anno l’esercito ruandese e il gruppo armato M23 avrebbero pure bombardato indiscriminatamente campi per sfollati e altre aree densamente popolate vicino a Goma. Mentre le forze armate congolesi (FARDC) e le milizie alleate avrebbero messo a rischio gli sfollati nei campi, schierando l’artiglieria nelle immediate vicinanze degli insediamenti. Entrambe le parti hanno ucciso residenti nei campi, commesso stupri, ostacolato l’arrivo degli aiuti umanitari. Inoltre sono responsabili di altri abusi.

Clémentine de Montjoye, ricercatrice senior sull’Africa di Human Rights Watch, ha sottolineato che il Ruanda e la Repubblica Democratica del Congo dovrebbero smettere di sostenere i gruppi armati responsabili di abusi, rispettare i propri obblighi in base alle leggi di guerra e permettere agli aiuti umanitari di passare senza ostacoli,

Uno degli sfollati che vive in uno dei campi vicino a Goma, ha dichiarato a HRW. “Non sappiamo più che fare. Sia che restiamo, sia che torniamo a casa, non cambia nulla. La morte ci accompagna ovunque noi andiamo”.

E c’è chi tenta di lasciare la propria patria, a rischio di morire durante il viaggio o di essere espulso dal Paese di accoglienza. Negli ultimi anni parecchi congolesi sono approdati a Mayotte, dipartimento francese oltremare nell’arcipelago delle Comore.

Cornelia Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
X: @cotoelgyes
© RIPRODUZIONE RISERVATA

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