Infuriano i combattimenti a Khartoum: l’esercito sudanese alla riconquista della capitale

Sin dall'inizio della guerra, scoppiata nell'aprile 2023, gran parte della capitale sudanese è controllata dai paramilitari delle Rapid Support Forces

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Speciale per Africa ExPress
Cornelia I. Toelgyes
30 settembre 2024

Infuria la battaglia a Khartoum. Nelle prime ore di giovedì scorso, le forze armate sudanesi (SAF) hanno lanciato una nuova offensiva per riconquistare la capitale. Dopo una fase di stallo durante il periodo delle piogge, sia SAF che RSF si sono riarmate e riorganizzate, in vista di una nuova fase del conflitto.

Sudan: Khartoum nuovamente sotto le bombe

Abdel Fattah Abdelrahman al-Burhan, il de facto presidente e capo dell’esercito, è arrivato due giorni fa nella zona e con un gesto ha fatto capire alle sue truppe della necessità di sconfiggere i paramilitari delle Rapid Support Forces (RFS), capeggiate da Mohamed Hamdan Dagalo “Hemetti”, e poi ha aggiunto: “Non abbiamo molto altro da dire”.

SAF sta continuando la sua offensiva nell’area della capitale iniziata a sorpresa giovedì scorso e finora i governativi sono riusciti a riconquistare tre ponti sul Nilo. Dopo essere entrati nella parte settentrionale di Khartoum passando da Omdurman (agglomerato di Khartoum), gli scontri si sono intensificati poi in un’area strategica al centro della metropoli sudanese, vicino al palazzo presidenziale e il comando generale delle forze armate. Secondo alcune fonti, durante i bombardamenti indiscriminati di domenica, che hanno colpito anche case private, sarebbero morte almeno 6 persone; i feriti sarebbero una decina, tra questi anche 4 bambini.

Da quanto si apprende da alcuni quotidiani locali online, altri scontri tra le RFS e SAF sono avvenuti anche a Bahri, uno dei tre agglomerati di Khartoum.

I residenti che vivono in quartieri ancora sotto il controllo delle RSF, da un lato sperano che l’esercito riesca a cacciare i paramilitari, dall’altro però sono spaventati dai combattimenti e temono ripercussioni sulla popolazione civile. Sono stanchi della guerra, iniziata quasi un anno e mezzo fa.

Intanto questa mattina gli Emirati Arabi Uniti hanno accusato SAF di aver bombardato la loro ambasciata a Khartoum. Il ministro degli Esteri di Abu Dhabi ha sottolineato che l’edificio ha riportato danni seri.

Il governo sudanese ha respinto le accuse e ha puntato il dito contro le RSF, definendo l’attacco alla sede diplomatica degli EAU come “un atto vergognoso e vile”. In precedenza Khartoum ha rinfacciato ripetutamente a Abu Dhabi di aver fornito armi e supporto agli uomini di Hemetti. Imputazione sempre negata dalle autorità emiratine. Ma gli esperti dell’ONU ritengono che le accuse avanzate dal Sudan siano credibili.

Sabato sera molta gente è scesa nelle strada in diverse città del Paese e persino al Cairo (Egitto), dove c’è una massiccia presenza di migranti sudanesi, per incoraggiare l’esercito che sta tentando di liberare lo Stato di Khartoum dall’assedio delle RSF.

L’assalto attuale potrebbe essere una delle operazioni più significative dell’esercito dall’inizio della guerra, scoppiata il 15 aprile 2023. Infatti sin dalla prima fase del conflitto, le RSF stanno controllando saldamente gran parte della città. I paramilitari di Hemetti sono stati accusati di aver commesso gravi abusi contro la popolazione civile della capitale, come il saccheggio di mercati e ospedali, costringendo molti residenti a fuggire per poter confiscare le loro case, per non parlare delle brutali violenze sessuali che hanno dovuto subire moltissime donne e ragazze.

Finora tutti tentativi di mediazione messe in campo dalla comunità internazionale per raggiungere un cessate il fuoco tra i belligeranti, sono sfociate in un nulla di fatto. Eppure al-Burhan giovedì scorso si è presentato all’Assemblea generale dell’ONU come un presidente impegnato per porre fine al conflitto. Intanto si continua a combattere per la vittoria, che pace non è.

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all’esercito sudanese

Durante questa infinita guerra, entrambe le parti in causa hanno commesso abusi che potrebbero equivalere a crimini di guerra. Secondo quanto hanno sostento qualche settimana fa gli esperti di una missione delle Nazioni Unite, le potenze mondiali dovrebbero inviare forze di pace e ampliare l’embargo sulle armi per proteggere i civili.

Raramente i conflitti africani trovano spazio nelle prime pagine dei giornali occidentali, eppure in Sudan si sta consumando uno dei peggiori disastri umanitari a memoria d’uomo. Secondo i dati di ACLED (Armed Conflict Location and Event Data Project), ONG con sede negli USA, che si occupa di raccolta dati, analisi e mappatura dei conflitti nel mondo, da aprile 2023 a settembre 2024 sarebbero morte 23.636 persone. Cifra certamente sottostimata. I feriti sarebbero oltre 33.000. In base ai dati di OIM (Organizzazione Internazionale per le Migrazioni) e UNHCR, gli sfollati sono almeno 8,1 milioni e più di 1,5 milioni di persone hanno cercato protezione nei Paesi limitrofi. E quasi 25 milioni di persone necessitano assistenza umanitaria.

Il 54 per cento degli sfollati sono minori sotto i 18 anni. Nei campi il cibo spesso non basta. Le mamme sono costrette a cercare erbe e fogliame per alimentare i piccoli. Una manciatina a testa, giusto per ingannare il vuoto nello stomaco.

E come se guerra, morte e fame non bastassero, da qualche mese è scoppiata anche un’epidemia di colera. Finora sono stati registrati ufficialmente oltre 15.000 casi, mentre più di 500 pazienti sono morti a causa della malattia. E come diceva Giovanni Pascoli nelle sue Prose: “Piove sul bagnato: lagrime su sangue, sangue su lagrime”.

Cornelia Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
X: @cotoelgyes
@RIPRODUZIONE RISERVATA

Videocredit: Reuters

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