Speciale per Africa ExPress
Cornelia I. Toelgyes
31 agosto 2024
Il mese di agosto ha segnato le partenze di due contingenti militari occidentali dal Niger. All’inizio del mese è stata sgomberata definitivamente la Air Base 201 degli Stati Uniti a Agadez e ieri hanno lasciato il Paese anche gli ultimi soldati tedeschi. La loro partenza definitiva era stata annunciata da Berlino i primi di luglio. L’unico contingente occidentale ancora presente nel Paese sono gli italiani nell’ambito della Missione bilaterale di supporto nella Repubblica del Niger (MISIN).
Il 16 luglio, durante la sua visita a Abidjan, il ministro degli Affari Esteri tedesco, Annalena Baerbock, aveva puntualizzato che il suo governo aveva deciso di interrompere la cooperazione militare con il Niger per mancanza di affidabilità e garanzie da parte del governo di transizione di Niamey, salito al potere con un colpo di Stato un anno fa. Di fatto, Berlino non aveva alcun accordo di cooperazione con la giunta militare. La Baerbock ha poi aggiunto: “Non abbiamo però interrotto gli aiuti umanitari, il popolo nigerino non è responsabile di quanto sta accadendo”.
Dopo 8 anni, la Bundeswehr ha concluso ieri la propria missione in Niger e le truppe tedesche hanno lasciato la base di trasporto aereo di Niamey, inaugurata nel 2018 dall’allora ministro della Difesa di Berlino, Ursula von der Leyen. Un aereo militare con gli ultimi 60 soldati di Berlino è atterrato al Wunstorf, in Bassa Sassonia, venerdì sera. Mentre il materiale è stato riportato da Niamey con un aereo da trasporto A400M.
Mentre il 5 agosto scorso, le Forze Armate USA avevano annunciato: “Tutti i nostri soldati sono partiti, abbiamo svuotato la base anche di tutto il materiale. Non resta più nulla”. E, durante una breve cerimonia, presenziata da ufficiali nigerini e USA, l’infrastruttura è stata consegnata ufficialmente alle autorità di Niamey con oltre un mese di anticipo.
La base 201 di Agadez è costata più di 100 milioni di dollari. Dista quasi 1000 chilometri dalla capitale ed è stata progettata per l’utilizzo di voli di sorveglianza con e senza equipaggio e altre operazioni. Ma dal golpe militare dello scorso anno era già praticamente inattiva, la maggior parte dei droni, che un tempo monitoravano le attività jihadiste nei Paesi africani instabili, erano già stati messi negli hangar.
Il 16 marzo il governo golpista di Niamey aveva chiesto agli Stati Uniti di ritirare le proprie truppe dal Paese africano. Così Washington ha cominciato a sgombrare il campo, operazione che doveva essere completata entro il 15 settembre prossimo, secondo un accordo siglato a maggio tra il ministro della Difesa nigerino, Salifou Modi e l’assistente segretario alla Difesa statunitense per le operazioni speciali e i conflitti a bassa intensità (LIC, low intensity conflict), Christopher Maier.
A novembre, Niamey ha posto fine anche alla sua principale cooperazione con l’Unione Europea (UE), abrogando la legge del 2015 sul traffico di migranti. Allora l’UE aveva adottato provvedimenti per assistere e sostenere le autorità nigerine, sia quelle del governo centrale che quelle locali, per sviluppare politiche, tecniche e procedure per gestire e combattere il traffico dell’immigrazione irregolare.
Come i suoi vicini golpisti di Burkina Faso e Mali, anche la giunta militare del Niger, dopo aver cacciato i francesi alla fine dello scorso anno, si è rivolta alla Russia per ottenere sostegno. E, nell’ambito di una cooperazione in svariati campi, compresa quella militare, pochi giorni dopo aver notificato lo sfratto agli americani, sono arrivati i russi con i loro equipaggiamenti.
Ora, sotto il sole rovente del Niger, le tempeste di sabbia del Sahara e le inondazioni dovute ai cambiamenti climatici, tra gli occidentali stanno resistendo solamente le truppe italiane di MISIN.
La nostra Missione è presente in Niger con circa 300 militari. Ha una propria base, inaugurata nel 2023, all’interno dell’aeroporto di Nimey. All’inizio di marzo Francesco Paolo Figliuolo, Comandante Operativo di Vertice Interforze (COVI) e l’Ambasciatore Riccardo Guariglia sono stati ricevuti dai vertici delle autorità militari di transizione a Niamey. Mentre alla fine dello stesso mese Giovanni Caravelli, direttore dell’Agenzia Informazioni e Sicurezza Esterna (AISE), cioè lo spionaggio, ha incontrato il presidente del regime di transizione, Abdourahmane Tchiani, che ha elogiato l’operato dei nostri soldati nel Paese. Almeno per il momento, nessuno sfratto in vista per i nostri militari.
Qualche mese fa il governo italiano ha deliberato il nuovo finanziamento per la missione MISIN (Niger). L’11 aprile il comandante del Comando operativo di vertice interforze (COVI), Francesco Paolo Figliuolo, in audizione davanti alle commissioni Esteri e Difesa di Camera e Senato ha spiegato che “prosegue l’impegno della Difesa nel Sahel, dove lo sforzo operativo è focalizzato principalmente sul Niger. L’Italia ha una posizione di interlocutore privilegiato nel Paese, che continua ad essere il crocevia di tutti i flussi migratori sia dal Sahel sia dal Corno d’Africa”.
Secondo Figliuolo è di importanza primaria consolidare la presenza italiana con la missione MISIN e ha precisato: “Complessivamente nel Sahel prevediamo di impiegare un contingente massimo di quasi 800 unità, un’unità navale e fino a 6 assetti tra aerei e elicotteri”.
Cornelia Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
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