Speciale per Africa ExPress
Cornelia I. Toelgyes
26 luglio 2024
La polizia ugandese martedì scorso ha arrestato oltre 40 giovani, per il solo motivo di aver partecipato a una manifestazione contro la corruzione. La marcia di protesta era stata indetta giorni prima e le forze dell’ordine avevano subito negato l’autorizzazione per il suo svolgimento.
Secondo il presidente dell’Uganda Law Society, Bernard Oundo, cinquanta persone sono state portate davanti a un tribunale di Kampala e dovranno comparire nuovamente tra il 30 luglio e l’8 agosto, mentre altri cinque accusati sono stati processati da un’altra Corte della capitale. Secondo il loro avvocato, Patience Muwanguzi, si tratta di “un processo affrettato”. Tra l’altro gli accusati non hanno alcuna possibilità di essere rilasciati su cauzione.
Già durante il fine settimana il presidente Yoweri Museveni, al potere dal 1986, aveva avvertito gli organizzatori delle proteste: “Siamo impegnati a produrre ricchezza e voi osate disturbarci. State giocando con il fuoco perché non possiamo permettervi di infastidirci”.
Ipso facto, senza perdere tempo, lunedì la polizia ha accerchiato la sede del partito all’opposizione, NUP (The National Unity Platform) e hanno arrestato tre deputati. Leader della formazione politica è l’ex cantante e ora politico Bobi Wine. “Da questo regime non potevamo aspettarci altro, ma noi non abbandoniamo la lotta contro questo governo”, ha specificato il capo di NUP.
Bobi Wine è uno pseudonimo e risale ai tempi in cui l’attivista era ancora una pop star. Il suo vero nome è Robert Kyagulanyi e già in passato ha dato del filo da torcere a Museveni, era candidato alla presidenza nelle scorse elezioni. Anche nel 2021, dopo l’ennesimo arresto di Bobi Wine che aveva denunciato brogli elettorali, le manifestazioni dei suoi supporter sono state represse con violenza dalla polizia. Allora erano state uccise almeno 50 dimostranti.
Ma i giovani ugandesi non si sono lasciati intimorire dalla parole di Museveni. Sono scesi nelle strade e nelle piazze, chiedendo le immediate dimissioni del presidente del Parlamento. E, forse ispirati dai loro vicini del Kenya che continuano a manifestare da settimane il loro disappunto contro il presidente William Ruto, anche gli ugandesi hanno iniziato in questi giorni le proteste contro la corruzione.
Di fatto, a maggio gli USA hanno sanzionato la presidente del Parlamento di Kampala, Anita Among per evidenti fatti di corruzione. Nella lista nera di Washington sono finiti anche Mary Goretti Kitutu e Agnes Nandutu – ex ministri responsabili di Karamoja, la più povera delle regioni del Paese – e l’ex capo del dicastero delle Finanze, Amos Lugolobi. Inoltre, è stato sanzionato pure, Peter Elwelu, ex vice capo dell’esercito, l’Uganda People’s Defence Force (UPDF), per il suo coinvolgimento in gravi violazioni dei diritti umani.
Simili provvedimenti sono stati presi ad aprile anche dal Regno Unito nei confronti della Among, della Goretti Kitutu e della Nandutu.
Kampala ha ovviamente respinto le accuse, specificando che, specie per quanto riguarda la Among, si tratterebbe solamente di ritorsioni contro le nuove leggi anti gay, varate recentemente dal Parlamento.
Museveni non ama le critiche, meglio, non le tollera proprio. Eppure un tempo veniva acclamato come combattente per la libertà, un salvatore. Ormai da anni il presidente dell’Uganda si è trasformato in un leader autocratico, deciso a mettere a tacere l’opposizione per mantenere il potere. E, come si è visto, la corruzione dilaga ovunque e il capo di Stato fa finta di non vedere.
Cornelia Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
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