Africa ExPress
7 giugno 2024
Berna sta tentando di rimandare a casa i richiedenti asilo eritrei le cui domande di asilo sono state rigettate. Provengono dalla peggiore dittatura africana (e forse del pianeta) , governata dal 1991 con pugno di ferro da Isaias Aferworki. Le Nazioni Unite hanno riconosciuto l’Eritrea come Stato indipendente nel 1993 dopo il referendum al quale ha partecipato il 99 per cento della popolazione.
Ora anche questi richiedenti asilo sono vittime di una politica sempre più restrittiva in materia di rifugiati, volta a rallentare il flusso migratorio verso la Confederazione elvetica.
In assenza di un accordo di riammissione tra Berna e Asmara, gli eritrei respinti dovrebbero poter essere rimandati in patria attraverso Paesi terzi. L’ex colonia italiana “accoglie” i connazionali solo in caso di rimpatrio volontario. Il parlamento elvetico ha dunque incaricato il Consiglio federale di adoperarsi per raggiungere quanto prima un accordo di transito con un’altra nazione.
Ma, secondo un deputato svizzero ben informato sul dossier Eritrea, la richiesta inoltrata al Consiglio federale è inutile: “Finché il governo di Asmara non riprenderà i propri cittadini, è inutile concludere accordi con Paesi terzi. Ci costerebbe solo denaro, sia per quanto riguarda il trattato con il governo dello Stato di transito, sia per il trasporto andata e ritorno. Se l’Eritrea dovesse infine rifiutarsi di riprendere i propri cittadini da una terza nazione, saremmo costretti a pagare anche il loro volo di ritorno in Svizzera”.
Secondo quanto riportato dalla NZZ (Neue Zuercher Zeitung, autorevole quotidiano svizzero in lingua tedesca), sarebbero 278 gli eritrei che potrebbero essere colpiti dal draconiano provvedimento, qualora Berna dovesse raggiungere un accordo con uno o più Paesi terzi.
Ovviamente nessuno degli eritrei respinti è disposto a tornare volontariamente in patria, anche se, vista la loro situazione attuale, non hanno nessuna prospettiva per una vita migliore in Svizzera. Intere famiglie vivono da anni in spazi ristretti nei centri di rimpatrio, nell’impossibilità di lavorare; devono accontentarsi di pochi spiccioli che il governo mette loro a disposizione.
Durante la crisi migratoria del 2015, l’allora Consigliere federale Simonetta Sommaruga, aveva dichiarato che nessun rifugiato eritreo sarebbe stato respinto. Tuttavia, la pressione politica interna è diventata troppo forte, portando, nel giugno 2016, a un cambiamento di rotta da parte della Segreteria di Stato per la Migrazione. Da quel momento in poi, anche gli eritrei hanno visto sempre più spesso respinte le richieste di asilo.
La maggior parte dei giovani è scappata a causa del servizio militare/civile “perpetuo”. Lo ha sottolineato anche Mohamed Abdelsalam Babiker, relatore speciale per i Diritti umani delle Nazioni Unite per l’Eritrea. “La situazione dei diritti umani nel Paese rimane drammatica. Gravi violazioni, tra questi l’uso diffuso di detenzioni arbitrarie anche in isolamento, sparizioni forzate, persistono senza sosta. Le autorità hanno continuato ad applicare un sistema di servizio nazionale a tempo indeterminato che equivale ai lavori forzati, collegato a tortura e a trattamenti inumani o degradanti”.
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