Gaza: chiunque si muove è freddato, come i tre ostaggi ebrei uccisi dal loro esercito

Tre ostaggi erano riusciti a liberarsi, ma i soldati li hanno colpiti a morte per errore

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Speciale per Africa ExPress
Alessandra Fava
19 dicembre 2023

Le tv israeliane dedicano pochi minuti al giorno alle sofferenze dei palestinesi di Gaza. I giornali si occupano molto sporadicamente dei palestinesi sotto assedio, bombardati da due mesi e alla fame: secondo World Food Programme (PAM) il 44 per cento dei gazawi sta morendo di stenti perché senza cibo. Solo il servizio della Cnn nel sud di Gaza ha creato un certo scalpore e costretto le tv nazionali a parlarne. Anche perché il filmato è circolato in mezzo mondo.

Tre israelian presi in ostaggio da Hamas il 7 ottobre, uccisi dalle forze armate di Tel Aviv

Un ultimo episodio però ha scosso le coscienze intorpidite e anestetizzate dalla guerra di Bibi contro Hamas: la morte di tre ostaggi israeliani riusciti a sfuggire e ammazzati dall’esercito del loro stesso Paese.

Sia Haaretz sia Jerusalem Post il 17 dicembre dedicano l’apertura all’episodio.

Riferiscono di tre ostaggi israeliani a Shujaiyeh nella striscia di Gaza che riescono a fuggire dai loro rapitori. I tre, 28, 24 e 26 anni erano stati rapiti nei kibutz di Kafar Azza e Hura. Forse a causa della fuga dei loro rapitori in mezzo ai bombardamenti e agli attacchi aerei e di terra, i tre riescono a uscire dall’edificio dove vengono tenuti prigionieri.

Sono a torso nudo (mostrano quindi che non hanno armi), reggono un lungo bastone con in cima una bandiera bianca costruita con qualche cencio trovato in giro. Un soldato sistemato in alto in un altro edificio a mo’ di cecchino si sente in pericolo e ne fredda due. Il terzo riesce a scappare in una palazzina della zona. Intanto il soldato appostato chiama i suoi commilitoni e avvisa che ci sono dei combattenti nemici. Arriva il commando  insieme a un altro gruppo di militari.

Il sopravvissuto grida in ebraico chiedendo aiuto. Ma i militari pensano che sia una trappola di Hamas per attirarli dentro all’edificio. Così entrano e ammazzano il terzo connazionale. Solo dopo, guardando i corpi, capiscono l’errore. Due giorni prima i soldati avevano trovato una costruzione della zona con scritto “SOS. Aiuto, tre ostaggi” ma avevano pensato che fosse opera del nemico.

“E’ un evento tragico che può succedere in una zona di combattimento densa di terroristi”, ha commentato il portavoce dell’esercito israeliano che promette di aprire un’indagine. Ma il rappresentante della comunità di Hura èandato giù duro: “l’esercito uccide chiunque si muova in Gaza, così non si sono fermati per identificare gli ostaggi prima di sparare. E’ una tragedia per Hura, siamo tutti in lutto”. Le famiglie sapevano infatti dagli ostaggi rilasciati due settimane fa che i tre ragazzi erano ancora vivi.

In Italia pochi media hanno riferito dell’episodio, sottolineato invece con forza dell’ex premier Conte in una conferenza stampa in cui chiede il cessate il fuoco a Gaza.

Intanto l’esercito israeliano ha trovato i corpi di altri quattro ostaggi morti negli scontri seguiti al crudele attacco al rave, mentre i parenti delle persone sequestrate da Hamas hanno manifestato con più rabbia a Tel Aviv. Alcuni dicono che lo stillicidio di speranza di averli in vita e poi certezza della morte dei loro cari e l’arrivo di nuove bare è una cosa insostenibile. Nethanyau nel dubbio è sparito dalla circolazione.

Per altro continuano sottotraccia  – addirittura l’ultimo in un non ben definito Paese della Ue – gli incontri tra Hamas, Qatar e il capo del Mossad per trovare un accordo. Una delle ipotesi che circolano è di far uscire i capi di Hamas incolumi da Gaza purché se ne vadano lontano. Proprio come successe con Arafat che riparò a Beirut e poi a Tripoli.

Le pressioni degli Usa, con la visita alla fine della scorsa settimana dell’advisor per la sicurezza nazionale, Jake Sullivan, e una telefonata tra il presidente, Joe Biden, e il premier israeliano Netanyahu, per ora si sono tradotte ufficialmente solo nel fatto che Israele promette di aprire un varco commerciale a est di quello di Rafah, Kerem Shalom, molto più grande e adatto al transito di tir e convogli.

Sulllivan però parla anche di una guerra che durerà ancora a lungo e della minaccia dell’Iran. Per altro un magazine israeliano ha dedicato un ampio reportage ai soldati alla frontiera nord, verso il Libano, intitolato “Il secondo fronte in preparazione”.

Intanto Israele ha tolto l’elettricità a Gaza da giorni. Il 44 per cento della gente non ha più da mangiare e sta letteralmente morendo di fame – come attesta WFP, World Food Programme, che il 15 dicembre è riuscito a distribuire appena 9.270 pasti e solo nel sud della Striscia.

I bombardamenti si susseguono mentre IDF (Israel defence forces) comunica presunti spostamenti che la gente dovrebbe fare verso zone sicure dalle bombe, informazioni cui nessuno ha accesso per il black out elettrico. 342 scuole sono state fatte a pezzi. Funzionano 8 dei 32 ospedali aperti prima della guerra, con poco personale, poche medicine e strutture al collasso. L’ospedale di Al-Shifa è stato nuovamente bombardato.

Dagli smartphone dei gazawi arrivano le immagini degli incendi in Al Shifaa 

e le immagini di una tv egiziana you-tube-be/-Dd-MTvv6PE?feature=shared

Una terribile notizia di persone rimaste sepolte sotto la sabbia dopo un attacco con un buldozer all’ospedale di Kamal Adwan sembra da una prima ricostruzione che abbia travolto una tendopoli fuori dell’ospedale. Le autorità gazawi si impegnano a verificare. Quindi insieme alle morti accertate, ci sono anche moltissimi dispersi, rimasti anche sotto le macerie degli edifici.

Gli houthi attaccano navi commerciali

Intanto gli Huthi (gruppo armato yemenita) nell’ultima settimana hanno attaccato decine di navi di diverse compagnie, navi anche non dirette o provenienti da porti israeliani. Le compagnie come l’israeliana Zim, la svizzera MSC e l’olandese Maersk e anche Hapag-Loyd al momento preferiscono circumnavigare l’Africa. Una nave è stata attaccata al sud dell’Oman a mille chilometri al largo della Somalia. Le compagnie negano di essere dirette in Israele, ma le tratte delle navi sono pubbliche e geolocalizzate. Il canale di Suez di fatto è come fosse chiuso.

Alessandra Fava
alessandrafava2023@proton.me
©️ RIPRODUZIONE RISERVATA

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