Speciale per Africa ExPress
Cornelia I. Toelgyes
9 dicembre 2023
Niente da fare. A Gedda (Arabia Saudita) sono nuovamente stati interrotti i negoziati per un cessate il fuoco tra le parti sudanesi in guerra dal 15 aprile scorso. I colloqui sono stati bloccati a tempo indeterminato proprio dai mediatori, Arabia Saudita, Stati Uniti e IGAD (Autorità intergovernativa per lo sviluppo, un’organizzazione internazionale politico-commerciale formata dai Paesi del Corno d’Africa).
I colloqui a Gedda sono stati sospesi a giugno e ripresi a ottobre. Fonti sudanesi presenti al tavolo dei negoziati in Arabia Saudita hanno riferito che anche stavolta sono stati disattesi tutti gli impegni messi in agenda.
Ma proprio l’organizzazione africana non vuole arrendersi e per oggi ha messo in agenda il 41esimo vertice straordinario a Gibuti, al quale parteciperanno i capi di Stato dei Paesi membri di IGAD, compresi il governo sudanese e funzionari gibutiani. Dovrebbe essere presente anche Mike Hammer, inviato speciale USA per il Corno d’Africa, come ha riferito Asharq Al-Awsat, quotidiano panarabo. Al meeting sarà presente anche Ramtane Lamamra, inviato personale del segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres.
Hammer ha intenzione di fare tappa anche in Etiopia, per discutere la questione sudanese con alti dirigenti dell’Unione Africana.
Il presidente sudanese, Abdel Fattah Abdelrahman al Burhan, ha fatto visita recentemente ai leader di Kenya, Etiopia, Gibuti e Eritrea e, in base quanto riportato da vari comunicati stampa, avrebbe discusso con i suoi omologhi questioni riguardanti la sicurezza e la situazione umanitaria del suo Paese.
In Sudan la guerra tra i due generali – Mohamed Hamdan Dagalo, meglio noto come Hemetti, e leader di Rapid Support Forces, da un lato e al-Burhan, presidente del Consiglio Sovrano e di fatto capo dello Stato e delle Forze armate sudanesi (SAF) dall’altro – continua la sua folle corsa nel quasi totale silenzio dei media. L’attenzione è rivolta verso i conflitti tra Israele – Hamas e Ucraina – Russia, eppure anche nell’ex protettorato anglo-egiziano la gente continua a morire.
Secondo gli ultimi dati rilasciati da ACLED (ONG statunitense, specializzata nella mappatura e analisi nelle zone di conflitto nel mondo), in quasi 8 mesi di guerra sono morte 12.190 persone. Cifra sicuramente sottostimata, in quanto la maggior parte degli ospedali e centri medici non sono più operativi a causa del conflitto. Oltre 6.792.000 residenti hanno dovuto abbandonare le proprie case, tra questi 1,3 milioni si sono rifugiati nei Paesi limitrofi, per lo più nei campi in Ciad.
Risulta sempre più difficile portare gli aiuti necessari alla popolazione a causa dell’insicurezza, difficoltà burocratiche, scarsa connettività di rete e telefonica, mancanza di contanti e carenza di personale tecnico e umanitario.
Sono poi state denunciate da parte degli ex janjaweed (oggi RSF) gravissime violazioni nei confronti di 80 minori detenuti a Ardamata, nel Darfur occidentale. E’ probabile che il numero di bambini in mano ai miliziani sia ben più elevato, dal momento che esistono parecchie strutture di detenzione nell’area di Genina. Il Comitato Internazionale della Croce Rossa (CICR) starebbe lavorando per ottenere il rilascio dei minorenni. Secondo la Commissione per gli aiuti umanitari (HAC), oltre 700 persone sono attualmente prigionieri di RSF, e le condizioni di detenzione sono disumane.
Poi si sa, piove sempre sul bagnato. L’epidemia di colera si sta espandendo, finora sono stati registrati 5.500 casi con 170 morti.
Nel frattempo continuano i combattimenti. L’esercito sudanese ha intensificato gli attacchi aerei sulla capitale Khartoum, mentre gli RSF stanno continuando l’avanzata in Darfur e nel Kordofan.
“Crimini di guerra, commessi da entrambe le parti in causa”, ha dichiarato questa settimana Antony Blinken, segretario di Stato USA. Washington ha chiesto alle due fazioni di porre fine a questo atroce conflitto, che ha causato una crisi umanitaria senza precedenti nel Paese. Nel suo comunicato di mercoledì corso Blinken ha poi rincarato la dose, accusando le RSF e i suoi alleati di aver commesso crimini contro l’umanità e pulizia etnica.
Il ministero degli Esteri sudanese ha respinto le accuse generalizzate di Washington, incolpando Blinken di aver ignorato il dovere e il diritto di SAF di difendere il Paese e il suo popolo.
I residenti di Khartoum accusano i paramilitari di stupri, saccheggi e arresti di civili. Mentre, secondo gli esperti, gli attacchi aerei e di artiglieria dell’esercito regolare contro i quartieri residenziali, dove RSF hanno alcune roccaforti, potrebbero essere considerati violazioni del diritto internazionale. Abitanti, analisti e associazioni umanitarie temono che se il conflitto interno continua la sua corsa, possa davvero trasformarsi in una vera e propria guerra etnica.
Le RSF hanno invece incolpato SAF di aver bombardato questa settimana, per la quarta volta dall’inizio del conflitto, la raffineria di Al-Jaili, che si trova nella parte settentrionale della capitale.
Intanto Younis Matar, sceicco musulmano cieco e attivista sociale, ha lanciato l’allarme di una “carestia imminente” nel Darfur, a causa della mancanza di contanti, scarsità di carburante, cibo e medicinali e forti ritardi nell’arrivo dei convogli con aiuti umanitari. Ha inoltre accusato SAF e RSF di lottare per il potere in un momento in cui la gente muore di fame.
Basti pensare che un sacco di cipolle di 100 chilogrammi costa ora 180.000 sterline sudanesi (278 euro), mentre 50 chilogrammi di zucchero hanno raggiunto il prezzo di 177 euro. Un commerciante ha spiegato che nessuno è più in grado di pagare cifre del genere.
Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
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