Accuse contro la società francese che ha chiuso le miniere di uranio in Niger: “I rifiuti radioattivi uccidono la gente”

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Speciale per Africa ExPress
Cornelia I. Toelgyes
8 febbraio 2023

Secondo la Commissione per la ricerca e l’informazione indipendente sulla radioattività (Criirad), la gestione dei rifiuti radioattivi di Cominak minaccia  l’ambiente del sito e le falde acquifere che alimentano la città di Arlit.

La Cominak è la società nigerina del gruppo francese Orano (ex Avera) che ha estratto uranio per oltre 40 anni in Niger, in una miniera situata a 250 km da Agadez, nel nord del Paese. La miniera è stata chiusa nel marzo 2021.

L’allarme è stato lanciato il mese scorso dalla Criirad. In una discarica sarebbero stoccati sotto terra e all’aperto ben 20 milioni di tonnellate di fanghi radioattivi.

Questi residui inquinano l’aria, ma anche il sottosuolo e quindi le falde acquifere, avverte la Criirad, che ha potuto consultare il rapporto finale del progetto di riqualificazione del sito Cominak, situato nei pressi di Arlit.

Quando è stata annunciata la chiusura del sito, la Cominak ha messo a disposizione  95 miliardi di franchi CFA ( ca 145 milioni di euro) per la bonifica della miniera. Gli azionisti della Cominak  (Compagnie Minière d’Akouta) sono la francese Orano (59 per cento), la SOPAMIN (Società del Patrimonio delle Miniere del Niger, una compagnia statale con il 31 per cento) e la spagnola ENUSA (10 per cento).

Nel febbraio 2021 la ORANO ha rilevato la quota detenuta da uno degli azionisti storici, la società giapponese OURD (25 per cento).

Con la chiusura della miniera, di comune accordo con il governo nigerino, è stato annunciato che la bonifica del sito minerario sarebbe durata dieci anni e per un altro decennio Cominak avrebbe garantito una sorveglianza ambientale.

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Ora la Cominak nega le accuse mosse dalla Commissione e sostiene che la discarica si trova su una base geologica sigillata naturalmente. Entro il 2026 sarà coperta da un sarcofago di argilla spesso due metri, riducendo così la contaminazione dell’aria e dell’acqua.

E Mahaman Sani Abdoulaye, direttore generale di Cominak, afferma: “I test dimostrano che le infiltrazioni dal bacino di decantazione degli sterili si stanno prosciugando. Quindi i livelli di elementi chimici chiave stanno diminuendo nel tempo. Negli ultimi dieci anni, la dose media della popolazione circostante non ha mai superato il limite normativo di un millisievert (sievert è l’unità di misura della dose equivalente di radiazione, i millisievert sono i sottomultipli ndr).  Il monitoraggio governativo continuerà, sia per quanto riguarda l’acqua, l’aria e tutta la fauna selvatica circostante”.

Già nel 2018 la filmaker nigerina, Amina Weira, nel suo documentario La Colère dans le vent ha riportato l’impatto dell’inquinamento sui residenti di Arlit, dove la gente combatte giornalmente con problemi di salute.

Difficoltà respiratorie, tumori, bambini che nascono con malformazioni, sono all’ordine del giorno, ma sono soprattutto i pensionati delle miniere ad avere la peggio. Molti muoiono di paralisi e di strane malattie, ha spiegato la regista in una intervista, rilasciata qualche anno fa al quotidiano francese “Le Monde”.

Le miniere di uranio in Niger sono già state nell’occhio del ciclone una ventina di anni fa e oggetto di un’inchiesta della CIA. Allora si mormorava che Saddam Hussein, l’ex dittatore iracheno, avrebbe voluto acquistare il prezioso minerale radioattivo in Niger.

Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes

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