Africa ExPress
2 febbraio 2023
Tra il 2017 e il 2021 oltre 200 mila i migranti sono stati portati in Libia e ridotti in totale stato di schiavitù.
Lo sostiene una ricerca condotta da Mirjam van Reisen, professoressa di Relazioni Internazionali all’Università di Tilburg (Olanda), in collaborazione con Munyaradzi Mawere dell’Università di Unisa, Sudafrica, nochè titolare della cattedra di Studi africani alla Great Zimbabwe University.
Alla studio hanno partecipato anche Klara Smits, dottoranda all’Università di Tilburg, specializzata sulle rotte della tratta di esseri umani dall’Eritrea alla Libia e Morgane Wirtzè dottoranda all’Università di Tilburg, dove svolge ricerche sulla tratta di esseri umani e la violenza sessuale in Libia.
In questi giorni è stato pubblicato il libro ENSLAVED. Trappedand Trafficked in Digital Black Holes”: Human Trafficking Trajectoriories to Libya”, che comprende il risultato della ricerca degli studiosi.
Molti dei rifugiati che sono approdati in Libia sono eritrei, loro in particolare sono soggetti al traffico e ridotti in schiavitù, subiscono torture, abusi di ogni genere e anche violenze sessuali per costringere i familiari a pagare un riscatto per il loro rilascio.
Se riescono a fuggire dai lager e a raggiungere il Mediterraneo, rischiano di essere intercettati e rispediti in Libia o di morire in mare. Sono queste le conclusioni della ricerca, pubblicate nel libro.
Utilizzando ingegnosi metodi digitali, come una targhetta con un codice elettronico, i trafficanti di esseri umani trasportano i rifugiati attraverso una serie di “buchi neri”, vuoti digitali, in quanto i migranti spesso non hanno accesso a internet e ai più viene persino tolto il cellulare.
Grazie alle tecnologie digitali, i trafficanti controllano l’accesso a internet dei rifugiati che fuggono dai loro Paesi, specie dalla dittatura eritrea.
Molti muoiono lungo il percorso. Durante il periodo di questo studio (2017-2021), si stima che almeno duecentomila rifugiati – uomini, donne e bambini – siano stati vittime della tratta di esseri umani a scopo di estorsione in Libia. Si stima che il giro d’affari del losco traffico si aggiri attorno a un miliardo di dollari.
Nella pubblicazione i ricercatori sostengono che le disuguaglianze nell’accesso e nel controllo delle tecnologie digitali e di connessione, hanno contribuito a rendere possibile la tratta, riducendo in totale schiavitù centinaia di migliaia di esseri umani.
Anche le politiche dell’Unione Europea, della Libia e di altri Paesi del Corno d’Africa hanno fatto sì che questo stato di cose perdurasse nel tempo, anzi secondo i ricercatori pare che lo abbiano persino alimentato.
Senza un aiuto legale in conformità con il diritto internazionale, soprattutto gli eritrei restano intrappolati in un ciclo di traffico di esseri umani dal quale è difficile, se non impossibile, uscire.
La ricerca è nata dal contatto sul posto con rifugiati, che sono riusciti a inviare registrazioni segrete o a comunicare attraverso i social media. La maggior parte delle interviste con i rifugiati che sono riusciti a fuggire, ha avuto luogo nei Paesi confinanti con la Libia, come Niger, Sudan e Tunisia. Sono stati sentiti direttamente anche rifugiati che sono riusciti a raggiungere l’Europa.
Questo dettagliato studio etnografico identifica le rotte, il modus operandi, l’organizzazione e gli attori chiave, coinvolti nel traffico di esseri umani a scopo di riscatto di rifugiati e migranti.
Il libro fa parte della rete di ricerca GAIC (Universitdi Tilburg) e della serie di studi africani pubblicata da Langaa RPCIG e fornisce un importante contributo alla letteratura sulla tratta di esseri umani, gli studi sulle migrazioni, sulle popolazioni africane, la schiavitù moderna, la protezione sociale e la governance.
All’inizio di quest’anno è stato arrestato in Sudan, eritreo Kidane Zekarias Habtemariam, uno tra i più feroci trafficanti di esseri umani. Il suo arresto è stato possibile grazie al contributo degli Emirati Arabi Uniti e all’Interpol.
Il trafficante era inserito nella lista delle persone più ricercate dall’Olanda.
Grazie alla sua rete capillare, che si estendeva dalla Somalia alla Libia, ha organizzato traffico di migliaia di giovani etiopi, eritrei e somali verso l’Europa, attraverso la Libia. Kidane ha fatto passare l’inferno agli aspiranti richiedenti asilo con torture, violenze, per estorcere denaro ai familiari.
Kidane è stato riconosciuto per le strade di Addis Abeba da un migrante, torturato, da lui stesso. Il criminale è stato poi arrestato per la prima volta in Etiopia nel 2020. Processato per traffico di esseri umani, un anno dopo è riuscito a fuggire dal tribunale federale della capitale etiopica. Grazie alla complicità di agenti di polizia, si è cambiato nei bagni del tribunale prima di lasciare l’edificio in incognito. Mesi dopo, l’Etiopia lo ha condannato in contumacia all’ergastolo.
Negli ultimi due anni, prima del nuovo arresto in Sudan, ha continuato indisturbatamente i suoi loschi traffici. L’Olanda ha chiesto a Khartoum la sua estradizione per traffico di esseri umani tra l’Africa e l’Europa.
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