Nostro Servizio Particolare
Cornelia I. Toelgyes
Quartu Sant’Elena, 17 agosto 2014
La maggior parte delle persone rapite il 10 agosto nel villaggio di Doron Baga, Stato del Borno nel Nord-est della Nigeria, sono state liberate dalle truppe del Ciad. La notizia è stata confermata poche ore fa dalle autorità nigeriane.
Una settimana fa, militanti della setta estremista di matrice jihadista, hanno preso di mira il piccolo villaggio di Doron Baga nel distretto di Kukawa, vicino al confine con il Ciad.
“Novantasette persone mancano all’appello”, aveva riferito ai giornalisti Halima Adamu, testimone oculare, esausta dopo aver percorso in macchina i centottanta chilometri che separa Doron Baga da Maiduguri, capoluogo dello Stato del Borno. E lei che ha dato l’allarme una volta a Maiduguri. Continuando nel suo racconto aveva aggiunto: “Nel villaggio non ci sono più uomini, nè adolescenti, solo donne e bambini. Li hanno portati via tutti. C’è una gran confusione ovunque. I nostri uomini sono stati obbligati a salire su dei camion. Nessuno ha potuto opporre resistenza: erano pronti ad ammazzare chiunque avesse disobbedito”.
Quel giorno i morti sono stati sei, molti i feriti, povere capanne incendiate. Una fotocopia degli altri, troppi attacchi dei militanti del gruppo Boko Haram, considerato il pericolo numero uno in questo momento nel gigante dell’Africa.
Muhamed Gava, un componente del gruppo dei vigilanti anti-Boko Haram, subito dopo l’attacco aveva precisato: “Settanta maschi e venti donne sono stati obbligati a salire su motoscafi ormeggiati sulla costa del lago Ciad, che traccia il confine tra la Nigeria e il Ciad. Il natante ha preso subito il largo ed è scomparso.
Una fonte governativa nigeriana, che ha chiesto l’anonimato perché non autorizzata a rilasciare dichiarazioni alla stampa, ha riferito: “Truppe del Ciad hanno intercettato il convoglio di pullman su cui gli ostaggi erano stati caricati. Hanno ucciso molti militanti del gruppo Boko Haram che lo accompagnava e liberato la maggior parte delle persone rapite”.
Suona agghiacciante l’eco delle parole di Joseph Kony, il leader ugandese dell’LRA (Lord Resistence Army, cioè Esercito di Resistenza del Signore), un gruppo di guerriglieri con un’ideologia religiosa sincretica, pseudo-cristiana, noto per le atrocità che commette da decenni contro i civili, tra cui omicidi, mutilazioni, stupri e in alcuni casi anche cannibalismo in Uganda, Repubblica Centrafricana e Sud-Sudan, e soprattutto di sequestri di giovani nei villaggi: “Rapire ragazzi, costringerli a combattere e sequestrare donne e ragazze per renderle schiave del mercato sesso, è una soluzione”.
A maggior ragione ora ci si chiede dove siano finite le quasi 300 ragazze, rapite ad aprile a Chibok. Il sequestro aveva suscitato grande indignazione in tutto il mondo. Ed erano fioccate centinaia di dichiarazioni di chi prometteva di cercarle e riportarle a casa. L’hashtag #BringBackOurGirls è stato per diversi giorni il più cliccato. Di quelle giovani non si sa più nulla. Nessuno ne parla più e per ora sono “solo” scomparse.
Cornelia I. Toelgyes
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