Africa Express
Atene, 28 maggio 2022
Mentre le speranze di un accordo sul nucleare iraniano svaniscono come neve al sole, gli Stati Uniti applicano una nuova ondata di pesanti sanzioni agli ayatollah sequestrando 600.000 barili di greggio iraniano di contrabbando da una petroliera al largo delle coste greche. Con un’operazione di transhipment, come si dice in gergo tecnico nello shipping, cioè trasbordo da nave a nave lontano dai porti (e soprattutto da occhi indiscreti).
Al largo delle coste in mare aperto, il carico di petrolio era stato pompato da una petroliera iraniana in un’altra nave (russa) giovedì e ora il prezioso carico, confiscato, sarà trasferito negli Stati Uniti. La petroliera Pegas, è stata presa di mira con due serie di sanzioni: contro la Russia perché la nave è di proprietà di un’armatore russo e contro l’Iran perché trasportava petrolio di origine iraniana.
La Pegas era una delle cinque navi individuata da Washington il 22 febbraio, cioè due giorni prima dell’invasione russa dell’Ucraina, nelle sanzioni contro Promsvyazbank, una banca considerata fondamentale per il settore della difesa russo.
La petroliera è stata ribattezzata Lana il 1° marzo e batte bandiera iraniana dal 1° maggio. La nave, con a bordo 19 membri dell’equipaggio russo, era già stata inizialmente sequestrata dalle autorità greche il mese scorso al largo delle coste dell’isola ellenica meridionale di Evia.
La Grecia afferma che la nave era stata sequestrata nell’ambito delle sanzioni dell’UE alla Russia per l’invasione dell’Ucraina, ma poi era stata successivamente rilasciata.
Gli Stati Uniti mercoledì scorso hanno imposto sanzioni a quella che hanno descritto come “una rete di contrabbando di petrolio e riciclaggio di denaro sostenuta dalla Russia e dalle Forze Quds delle Guardie Rivoluzionarie iraniane”.
A seguito del sequestro della nave battente bandiera della Repubblica Islamica dell’Iran, mercoledì scorso il ministero degli Esteri iraniano ha convocato l’incaricato d’affari del governo greco per protestare, condannando come inaccettabile la resa della Grecia alle pressioni degli Stati Uniti: “La confisca del carico della nave battente bandiera iraniana è un esempio di pirateria internazionale per cui Atene e coloro che hanno illegalmente sequestrato la nave saranno ritenuti responsabili”, ha precisato il ministro.
Come immediata ritorsione, venerdì 27 maggio, le Guardie Rivoluzionarie Iraniane hanno sequestrato a loro volta nel Golfo Persico due petroliere greche (casualmente subito dopo che Teheran aveva minacciato di voler intraprendere “azioni punitive” contro Atene per la confisca del petrolio iraniano da parte degli Stati Uniti).
Senza fornire ulteriori dettagli né spiegare la natura delle presunte violazioni, uno scarno comunicato dell’Agenzia di stampa iraniana IRNA ha riferito: “La Marina delle Guardie Rivoluzionarie ha sequestrato due petroliere greche per violazioni nelle acque del Golfo”.
Il Ministero degli Esteri greco ha dichiarato d’aver protestato con l’ambasciatore iraniano ad Atene per quello che ha definito un “atto di pirateria, che con violenza ha preso possesso delle due navi battenti bandiera greca nel Golfo Persico”.
Contemporaneamente il governo di Atene ha messo in guardia i cittadini greci di evitare di recarsi in Iran. Il ministero greco ha chiesto inoltre il rilascio immediato delle navi e dei loro equipaggi.
Alquanto rocambolesco il blitz secondo quanto riferito da alcune fonti: venerdì scorso un’elicottero militare iraniano è atterrato sulla petroliera Delta Poseidon battente bandiera greca in acque internazionali a circa 22 miglia nautiche al largo delle coste dell’Iran e uomini armati fino ai denti hanno catturato tutto l’equipaggio.
Un blitz molto simile è andato in scena su un’altra nave battente bandiera greca, la Prudent Warrior della società armatrice greca Polembros Shipping, che transitava vicino alla costa iraniana. Le due petroliere erano da poco salpate, dopo aver caricato petrolio greggio iracheno.
Nel 2019, l’Iran aveva sequestrato una petroliera britannica vicino allo Stretto di Hormuz per presunte violazioni marittime, due settimane dopo che le forze britanniche avevano bloccato una petroliera iraniana vicino Gibilterra, accusandola d’aver spedito petrolio in Siria in violazione delle sanzioni dell’Unione Europea (entrambe le navi erano state successivamente rilasciate).
Teheran ha sviluppato e perfezionato negli anni un sofisticato sistema per aggirare l’embargo globale e ora lo sta insegnando ai suoi amici russi sotto sanzioni internazionali. Probabilmente hanno parlato proprio di questo nell’ultimo incontro al Cremlino tra Presidente iraniano Ebrahim Raisi e il suo omologo Vladimir Vladimirovich.
Il business è riassumibile in pochi semplici passaggi: il greggio russo viene trasbordato su oil tanker iraniane per essere poi ‘shakerato’ e miscelato direttamente su petroliere e/o terminali iraniani per la distribuzione a paesi terzi.
Il greggio caricato dal terminale iraniano di Gharg Island invece viene trasportato con petroliere della compagnia di stato IRISL in prossimità di piccoli porti asiatici per il “rebranding” (cioè per cambiarne formalmente la provenienza), soprattutto in Malaysia.
Arrivate all’appuntamento le navi della Repubblica islamica usano la tecnica del “ghosting”, spegnendo i sistemi per l’identificazione automatica. Nel cuore della notte le tanker iraniane vengono avvicinate in mare aperto da petroliere di altri paesi per il transhipment (anche europee e americane), ed il carico viene trasbordato sempre in mare aperto.
Poi le navi complici si dirigono verso i porti asiatici, per rivendere il greggio a clienti più o meno inconsapevoli della sua provenienza. Secondo la CNN, la Russia starebbe già usando questa tecnica del “Malaysia blend”, trasformandola nel “Latvian blend”, dove un 49,99 per cento di petrolio di Mosca viene mescolato ad altro.
Bloomberg ha scritto che la compagnia britannica Shell lo ha comprato. Per le importazioni vietate, il WallStreet Journal ha scritto che gli ayatollah hanno creato 61 compagnie di facciata con conti in 28 banche straniere in Cina, Hong Kong, Singapore, Turchia e Emirati Arabi Uniti.
Lo stretto collaboratore di Khamenei Mesbahi Moghaddam ha ammesso che così sono stati completati acquisti di beni proibiti per 80 miliardi di dollari all’anno, diventati 150 nel 2022, secondo le stime dell’Fondo Monetario Internazionale. Queste compagnie vengono chiamate “Rahbar”, pionieri, e Mosca potrebbe copiarle.
Anche la banca centrale iraniana ha sviluppato tecniche di finanziamento clandestino, creando un sistema usato per trasferire fondi a Hezbollah e Hamas. Proprio di recente diverse delegazioni guidate dal ministro del Petrolio Javad Owji e dal vice governatore della banca centrale Mohsen Karimi, sono state a Mosca. Chissà di che avranno parlato..
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