Speciale per Africa ExPress
Cornelia I. Toelgyes
25 marzo 2022
Quattro vedove nigeriane hanno perso la causa contro la Shell: non ci sono prove che il gigante petrolifero sia stato complice delle morti dei loro mariti, giustiziati dal governo di Abuja negli anni Novanta per aver partecipato a proteste pacifiche contro l’inquinamento nel Delta del Niger.
Le coraggiose donne, Esther Kiobel, Victoria Bera, Blessing Eawo e Charity Levula, sostenute da Amnesty International, avevano denunciato il gigante petrolifero per istigazione alla violenza, carcerazione, tortura e impiccagione dei loro mariti. La Shell ha sempre negato qualsiasi coinvolgimento.
Secondo i giudici del tribunale distrettuale dell’Aja (Olanda) non ci sarebbero prove sufficienti o verificabili per stabilire una responsabilità della Shell o della sua filiale nigeriana SPDC (Shell Petroleum Development Company of Nigeria).
Nel 2019 la Corte dell’Aja aveva accettato di portare avanti il caso, ma già allora i giudici avevano specificato che le ricorrenti avrebbero dovuto dimostrare la colpevolezza della Shell.
La Kiobel, il cui marito è stato condannato a morte da un tribunale militare nigeriano nel 1995 insieme a altri 8 compagni, conosciuti come i 9 ogoni – tra loro anche il famoso scrittore Ken Saro-Wiwa -, presenterà ricorso all’Aja. Channa Samkalden, l’avvocato che rappresenta le quattro vedove, ha detto che anche le altre tre signore starebbero pensando di ricorrere in appello.
All’epoca dei fatti, la Shell avrebbe chiesto al governo nigeriano di prendere misure contro i militanti, che protestavano contro l’estradizione del petrolio e l’inquinamento.
La Corte dell’Aja ha ascoltato cinque testimoni durante le udienze. Alcuni tra questi hanno confermato di essere stati pagati da rappresentanti della Shell per aver testimoniato il falso durante il processo che ha portato alla condanna a morte dei nove uomini.
Secondo il giudice del tribunale dell’Aja, Larissa Alwin, la deposizione dei testimoni si sarebbe basata in gran parte su supposizioni e interpretazioni, non ci sarebbero prove sufficienti sul fatto che il denaro elargito provenisse effettivamente dalla SPDC.
I nove attivisti furono arrestati e impiccati. All’epoca il processo fece scalpore nel mondo intero e l’esecuzione degli ogoni fu condannata dall’ opinione pubblica internazionale. Hameed Ibrahim Ali, oggi capo del servizio doganale nigeriano, fu un membro del tribunale militare che li sentenziò alla pena capitale.
Il Delta del Niger è una delle zone più ricche di greggio. Per anni è stato anche teatro di insurrezioni da parte di vari gruppi che protestano contro la devastazione sociale e quella ambientale causate dall’estrazione dell’oro nero.
La Shell è stata la prima compagnia petrolifera diventata operativa in Nigeria, nel lontano 1956.
Fino ad allora il Delta del Niger era un’oasi incontaminata. Le popolazioni vivevano in armonia con la natura, da cui ricavavano il necessario per vivere. In diverse aree il delicato ecosistema è stato distrutto e contaminato: basti pensare che milioni di litri di petrolio sono stati versati negli anni nel Delta del Niger. L’aria, i fiumi, i terreni sono inquinati, con effetti spesso devastanti per la salute della gente.
Il Delta del Niger è abitato da diverse etnie, tra le altre anche dagli ogoni. Una minoranza etnica di circa 500 mila persone con potere politico irrilevante. Gli abitanti della zona, non hanno tratto benefici dall’estrazione del greggio, anzi, le proteste dei residenti sono sempre state represse dai vari governi che si sono succeduti nel Paese.
Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes
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Quattro vedove portano in tribunale Shell per violazione diritti umani in Nigeria
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