Drone connection Israele-Uganda, affari e scambi di favori in primo piano

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Speciale per Africa ExPress
Antonio Mazzeo
16 marzo 2022

E’ l’Uganda il nuovo cliente d’oro delle industrie israeliane produttrici di droni da guerra.

Defenceweb, sito sudafricano specializzato nel settore militare, ha rilanciato un video postato il 24 febbraio 2022 dal generale Muhoozi Kainerugaba (comandante delle forze terrestri e figlio del presidente della Repubblica dell’Uganda), in cui compaiono alcuni militari in addestramento con un grande velivolo senza pilota d’intelligence del tutto simile all’Hermes 900 prodotto dal gruppo industriale Elbit Systems Ltd, di Haifa, Israele.

Drone Hermes 900, prodotto dal gruppo industriale Elbit Systems Ltd, di Haifa, Israele

Nelle immagini il drone viene inquadrato all’interno di un hangar delle forze armate ugandesi (UPDF – Uganda People Defence Force) alla vigilia di un’operazione militare contro i ribelli filoislamisti dell’Allied Democratic Forces (ADF).

Con un’apertura alare di 15 metri e un peso di 1.180 kg, l’Hermes 900 è un velivolo del tipo MALE (medium altitude long endurance) potendo raggiungere i 30.000 piedi d’altezza al suolo (9.144 metri) e volare ininterrottamente sino a 30-36 ore.

L’Hermes 900 è una versione molto più sofisticata del predecessore Hermes 450: può atterrare e decollare in piena autonomia in qualsiasi scalo aeroportuale (compresi quelli privi di strumentazione per il controllo aereo) in quanto dispone di propri sistemi di identificazione, controllo e comunicazione radio e via satellite.

Il drone israeliano è dotato inoltre di numerosi e sofisticati sistemi elettronici e radar elettro-ottici-infrarossi-laser, torrette di sorveglianza e individuazione degli obiettivi, ecc.. L’Hermes 900 è utilizzato dal 2009 dai militari israeliani per gli interventi di guerra a Gaza, in Siria e in Libano ed è stato acquistato anche dalle forze armate di Azerbaijan, Brasile, Canada, Cile, Colombia, Svizzera, Messico, Filippine e dalle Nazioni Unite per la missione MINUSMA in Mali.

Nel febbraio 2019 era stato il periodico East African a rivelare la possibile consegna all’Uganda di due dozzine di droni Hermes 900 per “attività di sorveglianza, raccolta dati di intelligence, acquisizione dei target e riconoscimento ISTAR, sicurezza interna e delle frontiere, pattugliamento marittimo, missioni di emergenza post-disastri”.

Oltre alla consegna dei droni Elbit Systems Ltd. si è incaricata pure della realizzazione di un grande centro per il controllo del traffico aereo dell’aeronautica militare ugandese, i cui lavori – secondo Africanintelligence.com – sono stati avviati nel maggio 2021 nell’ambito di un accordo di cooperazione militare Israele-Uganda sottoscritto due anni e mezzo fa.

In verità è molto più datata la drone connection tra le forze armate di Kampala e le industrie belliche israeliane. Nel 2009 Zvika Nave, amministratore delegato di Innocon Ltd. (società leader nella produzione di velivoli senza pilota di piccole dimensioni e sistemi di comando, controllo e comunicazione aerei, con quartier generale a Holon), aveva confermato l’avvio di una trattativa con le autorità ugandesi per la fornitura di velivoli a controllo remoto per lo svolgimento di “missioni di raccolta di informazioni” lungo i confini del paese africano.

Due anni più tardi (febbraio 2011), fonti di stampa ugandesi hanno riportato la notizia di una commessa governativa per un imprecisato numero di droni di sorveglianza Orbiter 2, assegnata alla società israeliana Aeronautics Defense Systems Ltd. con sede a Yavne. Nello stesso anno, il 13 novembre, l’allora primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, si è in visita ufficiale a Kampala per incontrare il presidente Yoweri Museveni e discutere su possibili accordi di cooperazione nel settore agricolo e militare.

In quell’occasione, in particolare, i media ugandesi scrissero che il presidente Museveni aveva “espresso l’interesse di acquistare droni e mortai” e “ammodernare i mezzi dell’aeronautica militare”.

Il premier Benjamin Netanyahu è stato ospite del governo di Kampala anche nel luglio 2016, in occasione del 40° anniversario del raid di un commando israeliano nell’aeroporto di Entebbe per liberare i passeggeri di un aereo dell’Air France decollato da Tel Aviv e dirottato in Uganda – via Libia – da alcuni membri del Fronte Popolare della Liberazione della Palestina e delle Cellule Rivoluzionarie tedesche. Nel corso del blitz rimasero uccisi sei dirottatori, tre ostaggi e il comandante delle forze d’assalto israeliane, Yonatan Netanyahu, fratello del leader del Likud.

A Kampala Netanyahu assicurò ai partner ugandesi un pacchetto di aiuti economici e militari per oltre 13 milioni di dollari e presenziò pure a un summit anti-terrorismo cui parteciparono i vertici delle forze armate di Uganda, Kenya, Ruanda, Etiopia, Repubblica Democratica del Congo, Tanzania e Sud Sudan.

Yoweri Museveni, presidente dell’Uganda

A inizio 2019 è stata una delegazione del ministero della Difesa israeliano guidata dal generale Michel Ben Baruch (direttore per la cooperazione internazionale) a recarsi in visita in Uganda. Secondo le autorità ugandesi, nel corso del meeting è stato discusso il rafforzamento della collaborazione nella lotta al terrorismo e a un’ulteriore professionalizzazione dell’Uganda People Defense Force (UPDF).

“Oggi l’Uganda è uno dei Paesi africani con cui Israele intrattiene una relazione amichevole e dove le imprese israeliane operano nei campi delle costruzioni, delle infrastrutture, delle tecnologie avanzate e delle telecomunicazioni, dell’agricoltura e della gestione acque”, annota l’ufficio diplomatico israeliano. “Ci sono sforzi comuni tra i governi dei due Paesi per assicurare un’espansione di queste reciproche e benefiche relazioni economiche”.

Tra i settori più redditizi dell’export israeliano in Uganda, ovviamente le armi. L’autorevole Istituto di Ricerche per la Pace SIPRI di Stoccolma ha documentato rilevanti acquisizioni di materiale bellico israeliano da parte della repubblicana africana a partire del 2002. Una delle maggiori forniture è stata effettuata nel 2013 dopo che gli ugandesi dichiararono la disponibilità ad accettare nel proprio Paese l’arrivo di richiedenti asilo eritrei e sudanesi deportati da Israele.

Parte di queste armi sarebbero state trasferite semi-clandestinamente a Paesi terzi impegnati in conflitti armati. Secondo un rapporto redatto da un comitato di esperti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, nel 2014 un’imprecisata quantità di fucili e armi leggere made in Israele fu inviata da Kampala al governo del Sud Sudan. L’export di sistemi da guerra all’Uganda è stato stigmatizzato da alcune organizzazioni non governative israeliane.

Dopo la pubblicazione di alcune foto che ritraevano le unità dl Comando delle Forze Speciali ugandesi armate di fucili Galil-Ace e Tavor e mitragliatrici Uzi di fabbricazione israeliana, l’avvocato difensore dei diritti umani Eitay Mack chiese all’Agenzia di Controllo sui trasferimenti di armi di bloccare l’esportazione all’Uganda.

Le Forze Speciali ugandesi (guidate dal 2011 al 2017 dal figlio del presidente Muhoozi Kainerugaba), sono accusate di aver represso nel sangue alcune manifestazioni popolari di protesta contro il governo e di gravi violazioni dei diritti umani.

Il 25 gennaio 2021 è stato il membro della Knesset Ofer Cassif del partito Hadash a chiedere al ministro della difesa Benny Gantz di bloccare la vendita di armi al Comando delle forze speciali ugandesi, definendole una milizia privata associata al leader Yoweri Museveni. “Crimini di guerra e gravi e metodiche violazioni dei diritti umani per consentire a Museveni di aggrapparsi alle redini del potere sono state le caratteristiche dell‘Uganda per diversi anni in passato”.

Gli affari però sono affari e adesso Gerusalemme invia a Kampala decine di droni di guerra.

Antonio Mazzeo
amazzeo61@gmail.com
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