Dal Nostro Corrispondente Sportivo
Costantino Muscau
Dicembre 2021
Orchi senza frontiere. A ogni latitudine e in ogni campo, anche quello calcistico, i predatori sessuali scorrazzano impuniti. Fino a quando qualcuno prende il coraggio a due mani e denuncia. È avvenuto in Italia, in Gran Bretagna, in Sud America, negli USA e ora nel Gabon.
Le testimonianze di alcuni giovanissimi giocatori rilasciate al quotidiano inglese The Guardian il 16 dicembre scorso hanno fatto esplodere uno scandalo che ha scosso il sistema calcistico del piccolo Paese sulla costa atlantica dell’Africa centrale.
Una dichiarazione per tutti: “Avevo lasciato la mia famiglia nel villaggio per aiutarla a uscire dalla miseria. Mi trasferii nella capitale Libreville per diventare calciatore professionista. Entrai nella nazionale giovanile. “Quello” mi obbligò ad avere rapporti sessuali con lui. Solo così potevo restare in squadra e dare una mano ai miei. “Quello”violentò molti ragazzi come me. Talvolta andava nelle campagne per reclutarne altri”.
“Quello” si chiama Patrick Assoumou Eyi, soprannominato Capello in onore del nostro allenatore Fabio Capello. Patrick, infatti, è stato il responsabile della nazionale calcistica gabonese Under 17, conosciute come le Pantere, tra il 2015 e il 2017. Poi ha rivestito la carica di direttore provinciale della Lega dell’Estuario, la più importante lega regionale dello stato. Lunedì 20 dicembre è stato arrestato a Ntoum ( città dell’Estuario a 40 km da Libreville) con l’accusa di pedofilia.
In quei due anni avrebbe attirato ragazzini ingenui, di campagna, nella sua casa soprannominata “il giardino dell’Eden” e non solo ne avrebbe abusato, ma li avrebbe messi anche “a disposizione” di altri esponenti dell’ambiente pallonaro.
“Sfruttava la povertà, nel nostro team nazionale – proseguono le denunce dei giovanissimi giocatori – la maggioranza doveva fare sesso. E’ questa la realtà del calcio gabonese da decenni ma nessuno può bloccare questo andazzo. I predatori sono troppo numerosi. Abbiamo sofferto l’inferno. Non abbiamo segnalato tutto a un giornale inglese perché non abbiamo fiducia nella giustizia del nostro Paese”.
L’inchiesta del Guardian, scritta dal giornalista investigativo francese Romain Molina, con Ed Aarons, però, ha smosso le più alte sfere di Libreville.
A cominciare dal presidente della repubblica Ali Bongo Ondimba, 62 anni, ha definito “il caso serissimo è inaccettabile”. Gli ha fatto seguito Il ministro dello Sport, Franck Nguema, 59 anni. Il giorno dopo la denuncia del quotidiano britannico, venerdì 17 dicembre, il ministro ha annunciato l’apertura di una inchiesta su questi “potenziali abusi sessuali” e ha stabilito che si indaghi anche su tutte le organizzazioni sportive del Paese. “Dobbiamo sradicare tutti i potenziali predatori sessuali – ha scritto in un comunicato in cui si allude a un centinaio di casi – voglio assicurare le vittime, in patria e all’estero, bambini, giovani e genitori che questi abusi non resteranno impuniti”.
Subito dopo, il Comitato esecutivo della Federazione gabonese del football (Fegafoot) ha sospeso a titolo precauzionale mister Assoumou Euy Patrick da ogni attività legata al calcio e ha aperto un’inchiesta.
Non è tutto. Lo stesso giorno la Lega de football dell’Estuario ha sospeso Capello dalle sue funzioni di direttore tecnico provinciale e ha incaricato la Commissione etica di aprire un’inchiesta.
Sembra di assistere alle grida manzoniane, tutti minacciano pene e annunciano inchieste. Ovvero si chiudono le stalle dopo che il bestiame è fuggito. Peccato che un ex dirigente della Fegafoot – riferisce il Guardian – abbia dichiarato di aver espresso preoccupazione, nel 2019, sui sospetti di violenze sessuali compiute proprio da Capello, ma di essere stato licenziato poco tempo dopo.
Il presunto predatore, di fronte a tanto clamore, prima (di finire in carcere) ha reagito col silenzio, poi ha affermato di non riconoscersi in queste accuse e di non voler rispondere a questi pettegolezzi.
“Ho lasciato la nazionale nel 2004 e sono stato messo da parte definitivamente nel 2017, quindi ero al di fuori dello staff nel periodo delle accuse”.
Parlando con la Bbc sport Africa, Patrick, un uomo robusto e combattivo, ha aggiunto :”Ho allenato i giovani dal 1990 e mai sono stato davanti a un giudice o in una stazione di polizia. Sono una vittima delle mie capacità professionali, c’è chi inventa delle cose per approfittare del mio lavoro. Non ho niente da rimproverarmi e dormo tranquillo”.
In un’intervista rilasciata al quotidiano gabonese L’Union, pubblicata lunedì 20 dicembre, il presunto pedofilo è ancor più agguerrito. “Sono convinto che si tratti di un complotto contro di me, la Fegafoot, la Lega nazionale e alcuni alti dirigenti – riporta il giornale -. Un ex giocatore internazionale mi ha confessato di essere stato contattato per accusarmi di averlo molestato sessualmente, ma di essersi rifiutato”.
Rincara la dose, però, anche il giornalista Romain Molina, che ha lavorato due anni a questa sconvolgente inchiesta. Parlando con France24, ieri ha aggiunto:” La pedofilia nel calcio gabonese era un segreto di pulcinella. Ma nessuno ha voluto vedere. Se non ti adeguavi a una masturbazione, a una fellatio o a un rapporto sessuale, eri scartato”.
Di sicuro – come ha scritto il sito Africafootunited.com – i risultati delle inchieste annunciate dal ministro dello Sport, dalla Federazione e dalla Lega sono vivamente attesi dall’opinione pubblica gabonese.
Costantino Muscau
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