Muore prigioniera in Somalia la turista francese rapita dagli shebab in Kenya

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Speciale per Africa ExPress
Massimo A. Alberizzi
20 ottobre 2011

A Manda, Marie Dedieu la conoscevano tutti e ora la piangono commossi. I gangster somali, gli shebab, che la notte del 1° ottobre l’ hanno prelevata dalla sua casa sul mare dell’ arcipelago keniota di Lamu, sono stati impietosi: lei non poteva muoversi, era costretta su una sedia a rotelle. L’ hanno trascinata in spiaggia come un sacco, gettata sul motoscafo veloce con cui erano giunti dalla loro base in Somalia e sono ripartiti a tutta velocità.

Non le hanno fatto prendere né la sedia a rotelle, né le medicine, essenziali per restare in vita. È morta nelle mani dei suoi carnefici. “Sapevamo che non sarebbe sopravvissuta – racconta una sua intima amica -. Era molto malata: il cuore era debolissimo e aveva un tumore. I farmaci le permettevano di vivere”.

A Parigi, Marie era stata una famosa ballerina di danza classica, nonché, alla fine degli anni 60, una delle fondatrici e animatrici del femminismo francese. Un brutto incidente d’ auto, più di venticinque anni fa, l’aveva fiaccata e provocato una sorta di distrofia muscolare, con paralisi progressiva. Camminava ancora quando è arrivata a Lamu, sono passati 23 anni, e si era innamorata di quella costa africana dove si godono le bellezze della natura, si respira il profumo del monsone e si ammirano le bellezze dell’ antica civilizzazione araba con i suoi misteri: “Qui trovo la pace e la serenità che non ho più in Europa”, diceva.

Marie Dedieu, si era trasferita nel paradiso di Manda, un’isoletta di fonte a Lamu

Non era tornata a Parigi neppure l’anno scorso per curare un infarto. “Abbiamo sperato fino a domenica che i criminali, resisi conto delle sue condizioni, la liberassero – continua l’ amica di Marie -. Da sola non era in grado di fare niente: non poteva afferrare un bicchiere e bere, né impugnare una forchetta o un coltello per mangiare. Tantomeno andare in bagno. Per entrare in mare, in quattro la portavano nell’ acqua e l’ adagiavano sulla sabbia. Parlava a malapena, la paralisi aveva raggiunto anche la bocca. A rapirla è stata gente spietata senza un briciolo di umanità. Spero solo che non abbia sofferto, che il suo cuore debolissimo non abbia retto e sia spirata subito”.

Lamu, fino a due mesi fa, era considerata un’ oasi di sicurezza in un Kenya dove la povertà scatena talvolta appetiti brutali. Malindi, centro turistico per eccellenza, è diversa. Gli attacchi ai turisti sono frequenti. Non a Lamu. “Viviamo tutti con le porte aperte. Al massimo un guardiano in giardino, disarmato naturalmente, il cui compito si avvicina più a quello di un portiere che a quello di un agente di sicurezza”, spiega ancora l’ amica di Marie.

Quella maledetta notte a portar via la donna sono scesi da un barchino 10 uomini armati di mitra e mascherati. Nulla ha potuto il compagno masai di Marie, bloccato dai criminali e lasciato lì, sulla spiaggia. Probabilmente i banditi hanno sbagliato villa e volevano invece attaccare il vicino hotel Majlis, gestito da Stefano Moccia.

Un’ azione che avrebbe ricalcato quella organizzata in un’ altra struttura turistica di lusso, sempre gestita da italiani, nella vicina isola di Kiwayu, l’ 11 settembre. Quella notte un commando sceso da un barchino veloce assalì un villaggio esclusivo, per sequestrare una coppia di turisti britannici.

David Tebbutt reagì per difendere la moglie Judith. Lui fu ucciso, lei rapita. Quando hanno portato via Marie, l’ allarme si è diffuso immediatamente e un pilota che gestisce due piccoli aerei nel minuscolo aeroporto di Lamu, all’ alba, si è messo a caccia dei banditi. Racconta: “Mi sono diretto verso le acque somale e ho visto un motoscafo che correva velocissimo. L’ ho seguito volteggiandogli sopra, ma a debita distanza per paura di essere bersagliato dai mitra. La barca ha attraccato e ho visto che i marinai hanno scaraventato un fagotto su un camion”.

Massimo A. Alberizzi
twitter @malberizzi
massimo.alberizzi@gmail.com
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