Africa ExPress
20 maggio 2021
“Lavoro qui in Costa d’Avorio da due anni, sono arrivato dal Burkina Faso quando ne avevo 13. Il mio papà mi ha portato nella piantagione di cacao di mio zio vicino a Soubré” (nella parte sud-occidentale del Paese n.d.r.), ha raccontato il ragazzino, che ora si trova in un centro di assistenza a Soubré, ai reporter di Reuters.
I poliziotti avevano trovato l’adolescente in una delle tante aziende agricole che coltivano il cacao, mentre spaccava i baccelli con un machete per togliere le fave, tra 20 e 30 in ogni cabossa (nome del frutto dell’albero del cacao).
Una decina di giorni fa gli investigatori ivoriani hanno individuato 68 minori, per lo più burkinabé in alcune piantagioni. La ex colonia francese è il primo produttore di cacao a livello mondiale e ha bisogno di molta mano d’opera e, secondo dati recenti, si stima che nel settore siano attivi quasi un milione di minorenni. Da anni la Costa d’Avorio subisce pressioni anche dall’Unione Europea per questo discutibile comportamento.
L’ultima operazione di polizia che ha individuato i 68 giovanissimi, è la prima dopo anni; la retata precedente risale al lontano 2014. Le autorità incaricate dei controlli hanno giustificato la lunga interruzione per mancanza di fondi destinati a questo tipo di indagini.
Grazie all’ultimo raid sono state identificate 24 persone, responsabili di traffico di minori e portati subito in tribunale, che ha condannato 5 di loro a 20 anni di galera, 17 a 5 anni, mentre solo due sono stati prosciolti dalle accuse.
Brahima Coulibaly, membro del comitato nazionale di monitoraggio sul lavoro minorile, ha spiegato ai reporter di Reuters che finalmente le indagini stanno andando avanti. Dal 2012 al 2020 sono stati avviati 600 procedimenti giudiziari contro i trafficanti di bambini, la metà di questi nel 2020.
Tra coloro che dovranno scontare una pena di 20 anni c’è anche lo zio del ragazzino burkinabè che aveva affermato di essere stato portato dal padre nella piantagione del parente.
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