Congo-K: i gruppi armati non temono il coronavirus, uccisi 13 ranger del parco Virunga

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Gorilla della montagna nel Parco nazionale Virunga, RDC

Speciale per Africa ExPress
Cornelia I. Toelgyes
26 aprile 2020

In questi giorni nella Repubblica Democratica del Congo il coronavirus non è al centro delle cronache. La morte, la distruzione e il dolore sono causati dagli attacchi di vari gruppi armati che operano nella parte occidentale dell’enorme Paese.

Venerdì mattina sono state uccise 19 persone a una quarantina di chilometri da Goma, capoluogo della provincia del Nord-Kivu. Tra le vittime, almeno 13 erano ranger del parco del Virunga, il più antico di tutta l’Africa, noto durante il colonialismo belga con il nome di parco nazionale Albert. Nel Kivu settentrionale é scoppiata la decima epidemia di ebola, non ancora debellata e nonostante ciò è teatro da continue incursioni di milizie di diverse estrazioni.

Venerdì mattina una sessantina di uomini armati ha attaccato un convoglio che porta regolarmente cibo da Goma a Rumangabo. I ranger del parco erano addetti alla sicurezza e alla difesa della carovana di veicoli. Per questo lavoro extra i guardiani ricevono 250 dollari mensili dagli abitanti dei villaggi lungo il percorso. La direzione dell’ICCN chiude un occhio e acconsente per non inimicarsi ulteriormente i residenti che in varie occasioni hanno accusato i responsabili del Virunga di sconfinamento e devastare le coltivazioni. Le comunità confinanti con la riserva naturale sono stati coinvolti in diversi programmi di cooperazione economica, per esempio micro credito e progetti di distribuzione di corrente idroelettrica.

Gorilla della montagna nel Parco nazionale Virunga, RDC

L’Isitituto Congolese per la Conservazione della Natura (ICCN), responsabile della gestione di tutti parchi ha comunicato che altri tre ranger e sei civili sono stati feriti, alcuni in modo grave.

Cosma Wilungula, direttore generale dell’Istituto, ritiene che i responsabili del massacro siano membri del gruppo FDLR (Forces Démocratiques pour la Libération du Rwanda), ribelli hutu, che non sono più operativi in Ruanda dal 2001. Hanno spostato il loro campo d’azione nell’est del Congo-K, dove da anni commettono atrocità indescrivibili contro la popolazione civile. Sono accusati di reclutare con la forza bambini-soldato, di saccheggiare i villaggi e di finanziare le loro attività criminali grazie al traffico illecito di oro e legno pregiato. Lo scorso anno le forze armate congolesi hanno ucciso Sylvestre Mudacumura, leader del gruppo.

Il Virunga, oltre ad essere la patria dei gorilla di montagna e di altre specie protette, è anche nascondiglio e rifugio di movimenti ribelli, che già in passato hanno attaccato e ucciso guardiani e rapito turisti. Lo stesso direttore del parco, Emmanuel de Mérode qualche anno era stato assalito da un commando e solo per miracolo ne era uscito vivo.

L’incantevole riserva naturale è tra i parchi più pericolosi al mondo. Attacchi ai guardiani sono frequenti e due anni fa sono stati rapiti anche due turisti britannici, liberati poco dopo. In seguito la riserva è rimasta chiusa per diversi mesi. Anche ora  non è accessibile ai turisti, questo per una misura precauzionale. Si teme che i gorilla possano essere infettati da Covid-19.

Mentre nella provincia di Ituri il gruppo armato CODECO (Coalition des Démocrates Congolais formato da miliziani di etnia Lendu), giovedì ha ucciso nuovamente 13 residenti del territorio di Djugu. Per proteggere la popolazione, la MONUSCO (Mission de l’Organisation des Nations Unies pour la Stabilisation en République démocratique du Congo) ha inviato truppe supplementari. In tutta la zona la situazione è drammatica. Tre villaggi sono ormai privi di abitanti, scappati terrorizzati dalla furia dei miliziani di CODECO.

Ne Muanda Nsemi, guru della setta Bundu dia Kongo

Altri sanguinosi scontri tra la polizia e membri del gruppo politico-religioso Bundu dia Kongo si sono verificati venerdì scorso a Kinshasa. Le forze dell’ordine hanno arrestato il leader della setta, Ne Muanda Nsemi (il cui vero nome è Zacharie Badiengila), ex professore universitario e ex deputato. Alcuni adepti della setta si sono arresi agli agenti, mentre il guru si era barricato nel suo alloggio. Durante la bagarre che ne è seguita, è stato ferito alla testa dagli agenti.

Nei giorni precedenti un centinaio di suoi fedeli si era radunata con machete, armi bianche e fucili sulla strada nazionale vicino a Kisantu nella provincia del Congo centrale. Hanno poi eretto barricate e intonato slogan xenofobi contro i non residenti. E’ stato necessario l’intervento della polizia per disperdere l’assembramento. Il bilancio della giornata è stato di 4 morti. La scorsa settimana invece, sempre nella stessa area, durante gli scontri tra la polizia hanno perso la vita 14 persone. Scopo del guru di Bundu dia Kongo è restaurare il regno del Congo del XV secolo e pur di farsi ascoltare gli adepti non esitano a usare la violenza contro chiunque non originario della provincia.

L’ex colonia belga ha registrato finora 416 contagi da coronavirus, l’ultimo ieri sera. Si tratta di un congolese di 58 anni della provincia dell’Alto Katanga. L’uomo era ritornato da Nairobi, la capitale del Kenya, all’inizio del mese. I morti per Covid-19 sono stati 28.

E nel Sud-Kivu piogge torrenziali e inondazioni hanno causato la morte di oltre 40 persone, 15 mila abitazioni distrutte. La città di Uvira è completamente isolata. E ora, in piena pandemia, nell’area interessata dal maltempo si teme l’arrivo del colera.

Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes

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1 COMMENT

  1. “La morte, la distruzione e il dolore sono causati dagli attacchi di vari gruppi armati che operano nella parte occidentale dell’enorme Paese.” A me sembra che siano fatti in questione si siano verificati nella parte orientale della R.D.C.

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