Per Pape Diouf, mortale sconfitta all’ultima partita. Quella per la sua vita

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Pape Diouf

Dal Nostro Corrispondente Sportivo
Costantino Muscau
2 aprile 2020

La prima vittima del Coronavirus in Senegal è stata uno dei più suoi illustri figli, in campo sportivo e non solo.

Pape Diouf, l’unico nero a diventare presidente di un grande club calcistico europeo, l’Olympique di Marsiglia, ma in realtà uomo dalle mille vite (come lo ha definito un quotidiano francese), a 68 anni è stato falciato dal Covid-19. Ucciso nella sua terra, dove tornava spesso, anche se era nato in Ciad, cresciuto a Dakar, vissuto in Francia. Qui, a Nizza, stava per rientrare dalla capitale del Senegal, martedì 31 marzo, nel tentativo estremo di essere curato. Le sue condizioni però si sono aggravate e il velivolo noleggiato dall’ambasciata francese non è potuto decollare. Il sabato precedente aveva scambiato le sue ultime parole con il giornalista Bacary Cissé, (a sua volta infetto) del giornale sportivo Record. “Era il mio padrino, a lui devo la mia carriera – ha dichiarato Cissé – . Quando ci siamo sentiti mi ha detto ‘Bacary, piccolo mio ascoltami. Ce la faremo”.

Pape Diouf ex presidente di Olympique Marseille

La morte di Diouf è stata annunciata mercoledì scorso, 1 aprile, durante la solita conferenza stampa del ministro della Sanità per fornire l’andamento “statistico” della pandemia.

Solo che mercoledì alla conferma del coprifuoco notturno, della chiusura delle scuole, dell’impossibilità di recarsi in Chiesa o in moschea, del numero degli infetti (190) e dei ricoverati (45) per la prima volta è stato dato anche un doloroso elemento in più: la morte in ospedale di Pape Diouf. E la nazione è caduta nello sgomento. Il 60° anniversario dell’indipendenza del Senegal (sabato 4 aprile) quest’anno è particolarmente triste.

Il presidente Macky Sall, il cantante Youssou Ndour, campioni del pallone, suoi colleghi giornalisti hanno versato sincere e calde lacrime e hanno parlato giustamente di “un uomo formidabile e multidimensionale, dell’eminenza grigia del calcio”. Era nato in Ciad nel 1951, ma per la gente era un figlio di Dakar. Sui banchi di scuola – aveva raccontato in una intervista a TV5 Monde – mi era scoppiata la febbre del pallone. Mentre il professore ci parlava dei nostri antenati galli, io sulle ginocchia leggevo Football Magazine. Grazie allo sport mi sono appassionato alla lettura”.Sognava di fare il maestro nei quartieri popolari della capitale e invece a 18 anni sbarca in Francia al seguito del papà militare di carriera. Gli studi lo portano al giornalismo sul finire degli anni ’70 e scriverà prima per il quotidiano locale La Marseillaise e poi per quello nazionale Le Sport.

La sua cultura letteraria e la sua grinta ne fanno un professionista stimato, anche se non da tutti sempre amato per le sue analisi acute e impietose. Sul finire degli anni ’90 diventa procuratore di giocatori grandi e celebri: Didier Drogba, Marcel Desailly, William Gallas, Joseph-Antoine Bell, Basil Boli, Samir Nasri, Jordan Ayew…. Nel 2005 il grande salto alla presidenza dell’Olympique Marseille, la squadra per cui tifava fin da bambino. Diouf contribuisce a rimettere in conti in regola del club e a farlo diventare campione di Francia nel 2009-2010, dopo anni senza titoli. Anche come dirigente si conquista stima e ammirazione generali: l’eleganza dei modi e del vestire, l’eloquio forbito, mai banale, il sorriso largo e i sempiterni baffetti ne fanno una figura oggi pianta e rimpianta nel football internazionale.

Lasciata la carica presidenziale, tenta nel 2014 anche la via della politica. Si candida alle elezioni comunali in una lista di sinistra, ma con poca fortuna: raccoglie solo il 6%.La sconfitta però non appanna la sua immagine di conferenziere ricercato e sempre impegnato contro il razzismo: “Sono stato il primo e unico presidente nero di un club in Europa. E’ un fatto spiacevole e doloroso che non fa onore alla società europea e soprattutto francese, che esclude le minoranze etniche”.

Costantino Muscau
muskost@gmail.com

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