Africa ExPress
1° febbraio 2020
La società petrolifera Total è stata accusata da due ONG francesi (Amis de la Terre France, Survie) e 4 associazioni ugandesi (AFIEGO, CRED, NAPE/Amis de la Terre Ouganda e NAVODA) di non aver valutato l’impatto che avrebbero avuto i suoi due mega-progetti sulla popolazione e sull’ambiente.
Il Tribunale di Nanterre nel dipartimento francese Hauts-de-Seine ha comunque decretato di non essere competente per giudicare il dossier sulle attività della compagnia in Uganda.
La Corte che doveva pronunciarsi con procedura d’urgenza, ha rinviato il fascicolo al Tribunale commerciale (in Francia è l’organo giurisdizionale competente a decidere sulle controversie di diritto commerciale), come d’altronde aveva chiesto il gigante petrolifero durante l’udienza che si è tenuta a dicembre.
Le 6 ONG avevano chiesto alla Total di rivedere il proprio piano di vigilanza, disposizione imposta a tutte le multinazionali da una legge francese del 2017. Tale norma impedisce alle società di commettere gravi violazioni dei diritti umani e ambientali, per esempio utilizzando subappalti e/o fornitori stranieri. La legge in questione prende il nome Rana Plaza in memoria di un palazzo crollato in Bangladesh nel 2013, che ha causato la morte di ben 1.138 operai.
Sotto accusa sono l’impianto di perforazione petrolifero (Tilenga) vicino al Lago Alberto e la costruzione di un oleodotto di 1.455 chilometri che dovrebbe attraversare l’Uganda e la Tanzania, opere che la Total sta realizzando insieme alla compagnia cinese CNOOC e la britannica Tullow.
Le 6 ONG si oppongono alla decisione del tribunale di affidare la soluzione della diatriba al Tribunale commerciale francese un organo creato per sanare dispute tra commercianti e i giudici che lo presiedono non sono magistrati di professione. Nel caso specifico – fanno presente le organizzazioni – non si tratta di questioni commerciali, bensì di violazioni dei diritti umani e ambientali. E’ impossibile che un tribunale di questo genere possa costringere la Total a rivedere i suoi progetti.
Secondo le ONG, Total avrebbe costretto gli agricoltori locali a firmare un accordo risarcitorio. I proprietari sarebbero stati però poi cacciati dalle proprie terre prima di ricevere il compenso pattuito. Finora si sarebbero mosse 5.000 persone, ma le Associazioni ritengono che il progetto in questione potrebbe coinvolgere 50.000 residenti.
Ovviamente l’avvocato della Total, Antonin Lévy, ha replicato che la società ha rispettato il piano di vigilanza, in conformità alle leggi vigenti.
Sono in parecchi a temere per la propria incolumità. Infatti due persone che a dicembre avevano testimoniato contro la Total in Francia, al loro ritorno in Uganda hanno avuto seri problemi. Jealousy Mugisha, un leader locale, al suo arrivo all’aeroporto di Kampala, la capitale dell’Uganda, è stato arrestato e interrogato per 9 ore dalla polizia, mentre Fred Mwesigwa, un agricoltore costretto dalla Total a lasciare la propria terra, ha raccontato che al suo ritorno un gruppo di sconosciuti ha tentato di entrare nella sua casa due volte. Non riuscendoci l’hanno chiuso a chiave nella propria abitazione dall’esterno. Ora i due uomini sono stati trasferiti in località segrete per questioni di sicurezza.
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Ugandese accusato di pesante corruzione eletto presidente dell’assemblea dell’ONU