Africa ExPress
19 gennaio 2029
Yahya Jammeh, il feroce ex dittatore gambiano non si arrende. Vuole ritornare a casa e sfidare Barrow.
Migliaia di persone hanno sfilato giovedì scorso a Banjul, la capitale del Gambia, a sostegno dell’ex despota che si trova in esilio “volontario” in Guinea Equatoriale dall’inizio del 2017, dopo aver perso le elezioni presidenziali contro Adama Barrow. Prima della partenza ha svuotato completamente le casse dello Stato, lasciando il Paese sul lastrico.
Jammeh ha diretto con mano ferrea per oltre 22 anni il piccolo Paese anglofono dell’Africa occidentale, un’enclave nel territorio del Senegal. Avevava “conquistato” il potere con un colpo di Stato nel 1994, poi era stato rieletto una prima volta nel 1996 grazie a “libere e democratiche elezioni”, chiaramente truccate.
Lui e il suo regime sono accusati dei più efferati crimini: sparizioni forzate, arresti extragiudiziari, morti sospette, accanimento contro i media e i difensori dei diritti dell’uomo, violazione dei diritti fondamentali dell’uomo, per non parlare del suo odio atavico verso gay e lesbiche.
Solo qualche giorno fa Jammeh aveva chiesto aiuto al suo partito, Alliance for Patriotic Re-orientation and Construction Party. “Chiederemo all’ONU, all’Unione Africana, alla Comunità Economica dell’Africa dell’Ovest (ECOWAS) – ha spiegato Ousman Rambo Jatta, un dirigente del raggruppamento politico – affinchè mantengano gli impegni. Nel 2017 le organizzazioni internazionali avevano inserito nell’accordo una clausola che garantisse a Jemmeh di poter far ritorno nel Paese qualora lo desiderasse. Il trattato era stato stipulato perseverare l’impasse che era venuto a crearsi dopo la vittoria di Barrow e il dittatore si rifiutava di accettare la propria disfatta.
Il portavoce del governo, Ebrima Sankareh, sostiene di non sapere nulla di questo documento: “Barrow non ha mai firmato un tale accordo – ha chiarito -. Se Jammeh dovesse tornare senza autorizzazione, non possiamo garantire la sua incolumità e sicurezza”.
Jatta ha replicato che Jammeh ha il sacro santo diritto di vivere in pace nel suo Paese, minacciando un suo arresto potrebbe sfociare in un bagno di sangue. Finora Jatta non ha fatto sapere quando si prevede il ritorno del dittatore.
E giovedì scorso i suoi sostenitori hanno consegnato alla Commissione africana dei diritti umani e dei popoli una petizione dall’ APRC indirzzata all’UA.
“Il partito ha bisogno del suo leader”, ha dichiarato la ventiseienne Ismaila Colley, descrivendolo come un “uomo di pace”. Forse ha dimenticato che da oltre un anno la Commissione Verità e Riconciliazione sta raccogliendo testimonianze terrificanti di vittime delle atrocità commesse dal tiranno a dal suo entourage.
“Jammeh deve tornare, i tempi sono duri sotto l’attuale governo. Il vecchio presidente deve riprendere le redini del Paese”, ha detto un commerciante ventitreenne durante la manifestazione.
I gambiani si fanno sentire in queste ultime settimane. Migliaia di sostenitori di Barrow hanno sfilato domenica scorsa per le vie della capitale, hanno voluto manifestare la loro approvazione alla decisione del presidente di restare in carica 5 anni e non solo 3, come aveva promesso all’inizio del suo mandato.
Un altro gruppo, contrario alla permanenza del presidente per altri 2 anni, avrebbe voluto protestare durante questo fine settimana, ma l’autorizzazione è stata negata. Per contro è stata autorizzata quella pro Jammeh giovedì scorso.
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