Speciale per Africa ExPress
Sandro Pintus
Firenze, 21 febbraio 2019
Il suo motto è “Name, Shame, Jail” (nome, vergogna, galera) perché così si muove Anas Aremeyaw Anas: cercare il nome dei criminali e dei corrotti, svergognarli con prove filmate e mandarli in galera.
Nato negli anni Settanta, Anas rischia la vita ogni giorno. Nessuno ha mai visto il suo volto ma molti – tra i criminali e corrotti di tutta l’Africa sub-sahariana – vorrebbero sapere chi è. Per farlo fuori.
È un giornalista investigativo che lavora sempre sotto copertura. Partecipa anche a conferenze e convegni e viene invitato per essere premiato per il suo lavoro. Si presenta in pubblico con una semplice maschera africana composta da fili di perline di vetro che gli coprono il viso ma gli permettono di vedere il pubblico.
Di premi ne ha vinti tanti. Dal 2004 ad oggi il suo lavoro è stato riconosciuto in tutto il mondo, dal Sudafrica alla Svizzera, dal Canada alla Francia, dagli Stati Uniti al Regno Unito e al Libano. E in Ghana. Una cinquantina di riconoscimenti e premiazioni, ultima delle quali in India nel 2018.
Anche l’ex presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha riconosciuto il suo importante lavoro e, nel corso della sua visita in Ghana nel 2009, lo ha citato in un discorso.
“Stampa indipendente, settore privato vivace e società civile, sono le cose che danno vita alla democrazia – ha dichiarato Obama -. Lo vediamo nei giornalisti coraggiosi come Anas Aremeyaw Anas, che ha rischiato la vita per denunciare la verità”.
Le sue indagini sotto copertura sono principalmente sulle questioni relative all’abuso dei diritti umani, in particolare l’abuso sui minori, e alla corruzione. Attraverso la Tiger Eye PI, di cui è a.d., il giornalista realizza documentari di denuncia che fanno il giro del mondo.
Anas lavora in team, con una squadra di professionisti efficienti e con alte tecnologie. Tra le sue indagini la tratta di ragazze dall’Asia al Ghana per la prostituzione, gli albini che in Tanzania vengono adescati e venduti, mutilati o ammazzati per rituali di stregoneria. Oltre quaranta lavori alcuni dei quali in collaborazione con BBC e al Jazeera.
Uno dei suoi lavori sotto copertura che hanno creato il panico tra le istituzioni ghanesi, è stato l’indagine sulla corruzione nella magistratura. Definito il più grande scandalo che abbia colpito il Paese africano, il documentario “Ghana in the Eyes of God” mostra riprese video dove una trentina di magistrati corrotti prendono mazzette in cambio di assoluzioni. E per questo è stato citato in giudizio.
Ma lo scorso 16 gennaio, Ahmed Hussein-Suale, giornalista investigativo del team di Anas, è stato assassinato a colpi di pistola nella sua auto. Aveva indagato sotto copertura sulla corruzione del mondo del calcio ghanese mostrata nel docu-film “Number 12”.
In Ghana, e in molti Paesi del grande continente africano, Anas è considerato un eroe ed è diventato un mito. Gli automobilisti della capitale, Accra, attaccano alle loro auto gli adesivi con la massima del giornalista che suona come un avvertimento “Anas is watching. Do the right thing” (Anas ti guarda. Fai la cosa giusta) mentre sui muri si possono vedere graffiti e scritte che inneggiano al loro eroe. Quello che manda i corrotti in prigione.
Sandro Pintus
sandro.p@catpress.com
Twitter: @sand_pin
(1 – continua con l’intervista)
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Crediti foto:
– Anas Aremeyaw Anas
By Oslo Freedom Forum, Photographer: Reka Nyari – Own work, CC BY-SA 4.0, Link