Con l’assassinio di Lumumba (57 anni fa) comincia il meticoloso saccheggio del Congo

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Patrice Lumumba appena catturato dai soldati congolesi

Speciale per Africa ExPress
Anna Maria Gentili
Bologna, 24 gennaio 2019

Patrice Emery Lumumba, fondatore e capo del primo partito genuinamente nazionale, il Mouvement National Congolais, dal 30 giugno  1960 primo ministro democraticamente eletto del Congo, ricchissimo di risorse, oggi Repubblica Democratica del Congo (RDC), colonia belga dal 1908 e prima proprietà dello schiavista Leopoldo II, pochi mesi dopo l’insediamento è destituito senza un voto in parlamento, come avrebbe richiesto la Costituzione.

Messo agli arresti domiciliari, tenta di sottrarsi alla cattura ed è arrestato con due compagni, Okito e M’polo, che ne condivideranno la sorte. Sono soldati congolesi a fare il lavoro sporco, ma i registi sono autorità coloniali e metropolitane e militari belgi, con l’appoggio della CIA, alleati a politici e uomini d’affari congolesi legati a doppio filo agli ambienti più oltranzisti del colonato belga.

Patrice Lumumba (qui e nella foto in basso) appena catturato dai soldati congolesi

Questi ottengono che venga trasportato in Katanga, e qui il 17 gennaio 1961 ucciso, in modo barbaro, seppellito, dissepolto e squartato, infine dissolto nell’acido. Di Lumumba non doveva restare nulla. Un belga, morto nel 2000, senza essere inquisito, ha esibito alla Tv belga alcuni denti e un dito di Lumumba che lui stesso aveva tagliato. Il dito di Lumumba puntato verso l’alto è rimasto scolpito nella nostra immaginazione, segno distintivo che metteva ancor più in risalto la statura di Lumumba, la sua magrezza elegante, il suo carisma.

Siamo all’alba delle indipendenze africane: il martirio di Lumumba diventa il simbolo della tragedia senza fine del Congo, e non solo, di tutte le indipendenze dei paesi africani. Gli africani e le loro classi dirigenti capiscono che la loro sovranità sarà sempre sotto tutela. Lumumba non era anti-belga, lo testimoniano i suoi numerosi scritti e i discorsi. La sua era una critica documentata e severa delle pratiche del paternalismo coloniale. Il suo discorso alla cerimonia dell’indipendenza, non previsto dal cerimoniale, in cui spiega con poche efficaci metafore che cosa abbia significato la colonizzazione, e in cui auspica una collaborazione alla pari con il Belgio, sarà, come alcuni sostengono, l’inizio della sua fine.

Il giovane re Baldovino riparte offeso, definendo il giovane patriota un suo nemico personale. I documenti dimostrano che il complotto per eliminarlo data da molto prima, La furia nel distruggerne ogni tracce vuole  gettare tutta la colpa sui congolesi “selvaggi e primitivi”. In realtà ormai si sa che fu un belga a sparagli alla testa e altri belgi a squartarlo. L’assassinio Primo ministro eletto, la sua sostituzione con chi era stato suo protetto e amico per poi tradirlo e consegnarlo ai carnefici, inaugurerà i decenni del totalitarismo venale e corrotto di Joseph Desiré Mobutu. Poi, dopo un’era di ribellioni e guerre, il potere di Laurent-Désiré Kabila (Senior) che si rivela un altro autocrate e sarà assassinato il 16 gennaio 2001.

Gli succede immediatamente, quasi fosse una successione ereditaria, il figlio Kabila Junior, lo stesso che a fine dicembre 2018 ha perso le elezioni, in realtà vincendole, cioè manovrando abilmente per garantire la continuità potere del suo clan politico affaristico. La speranza del cambiamento è caduta rapidamente. Lumumba da 58 anni ci dimostra che non è  facile seppellirlo: se la giustizia e muta e la Commissione d’inchiesta ha solo distribuito condanne morali, la storia parla. Molte ricerche documentate sono state pubblicate e altre lo saranno a mano a mano che si aprono gli archivi.

Oggi sappiamo chi lo ha ucciso, come, e si è cominciato a dare risposta ai tanti quesiti sul perché sia stato barbaramente giustiziato, senza che vi fosse alcun processo, Una dozzina di persone implicate vivono in tutta impunità in Belgio, e altri ancora sono stati decorati con l’ordine degli eroi nazionali congolesi.  Il suo fantasma di un uomo e leader popolarissimo dalla figura elegante, mobilissima che si esprimeva con dolcezza che scriveva in maniera sintetica e efficace e che sapeva ascoltare, perseguita i suoi carnefici e i loro complici.

Tutti hanno tentato di appropriarsi della sua memoria senza riuscirci: Mobutu l’aveva messo nel panteon degli Eroi Nazionali e aveva fatto costruire una torre in suo onore, mai realizzato. Kabila junior nel 2002, ma solo successivamente al monumento dedicato al padre Joseph Kabila, ha inaugurato una statua gigantesca di Lumumba di sgomentante inespressiva bruttezza.

La torre intitolata a Patrice Lumumba a Kinshasa

Lumumba è stato eliminato, come confermano i documenti d’archivio belgi e del Dipartimento di stato, perché minacciava la transizione, il patto fra poteri economici internazionali e i potentati locali. Noi che allora avevamo vent’anni leggendo in filigrana la stampa belga soprattutto e le dichiarazioni di politici belgi, americani, e incontravamo i pochi congolesi studenti in Italia, abbiamo capito come spesso Lumumba venisse dipinto come un diavolo, un comunista.

Come si direbbe oggi “fake news “, diffuse ad arte, con il preciso e nemmeno tanto nascosto intento di delegittimarlo e quindi giustificare l’inevitabilità della sua eliminazione. Lumumba non era comunista e tantomeno marxista, era un nazionalista panafricanista. Sapeva di essere nel mirino di molti nemici, ma non volle accettare di cedere o di farsi cooptare come tanti fecero prima e dopo la sua elezione e dopo la sua eliminazione.

Non aveva alleati: non l’Unione Sovietica che non lo aiutò; non i paesi africani progressisti pochi e già assediati, come il Ghana di Nkrumah, che non avevano né la conoscenza, né la forza o l’autonomia per intervenire; non l’opinione pubblica dei paesi europei e degli Usa suggestionata da notizie false o falsificate. Aveva dalla sua solo la maggioranza a mani nude della popolazione congolese che lo aveva votato. Oggi tanti continuano a ricordarlo senza volere, o potere, o sapere come conoscerlo davvero e avere il coraggio di imitarlo.

Anna Maria Gentili
Università di Bologna

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