Guinea Equatoriale, la spietata dittatura fa arrestare l’artista Ramon Esono Ebalé

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andrea-spinelli-barrile82Speciale per Africa ExPress
Andrea Spinelli Barrile
Roma, 18 settembre 2017

Nella serata di sabato 16 settembre 2017 l’artista, fumettista ed attivista equatoguineano Ramon Esono Ebalé, meglio noto come Nsé Ramon, residente per ragioni di sicurezza in Paraguay, è stato arrestato nel corso di una retata della Sicurezza Nazionale a Malabo, capitale isolana della piccola Guinea Equatoriale.

Secondo la ricostruzione fornita da Radio Macuto, che cita fonti vicine alla famiglia dell’arrestato, Nsé, che era momentaneamente in Guinea per ragioni burocratiche legate al rinnovo del passaporto, si trovava in compagnia di due persone in un ristorante della capitale – nei pressi del Centro Culturale spagnolo – quando la Polizia equatoguineana ha fatto irruzione bloccando le uscite, fermando ed identificando tutti i clienti presenti nel locale. Tre persone in divisa, riconosciute da diversi testimoni come appartenenti alla sicurezza nazionale, lo hanno immediatamente ammanettato, portato di peso a bordo di una camionetta con altre persone e da qui trasferito nel commissariato centrale della capitale, conosciuto dalla popolazione col soprannome di “Guantanamo”.

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Qui, secondo il testo della petizione lanciata dalla ONG EG Justice, è stato tenuto in attesa per ore prima che gli fosse comunicata la ragione del suo arresto: durante un duro interrogatorio gli agenti della sicurezza nazionale, che fa capo al figlio maggiore del dittatore e capo di Stato, gli hanno chiesto dettagli circa il suo lavoro più noto, “La Pesadilla de Obi” (“Obi’s Nightmare” in inglese, “L’Incubo di Obi” in italiano), una graphic novel satirica e dissacrante sul presidente più longevo di tutta l’Africa, Teodoro Obiang Nguema Mbasogo, sulla sua famiglia e sui loschi affari che rendono il clan di Mongomo – cui appartiene la famiglia del presidente – così ricco, potente e apparentemente invincibile. Secondo EG Justice gli agenti avrebbero ammonito Nsé spiegandogli che i suoi disegni potrebbero essere considerati come una grave calunnia alla persona del presidente.

Dalla sera di sabato di Nsé Ramon non si hanno notizie: “L’attivista Nsé Ramon” ha dichiarato ad Africa ExPress Tutu Alicante, presidente di EG Justice e forse il guineano della diaspora più attivo ed efficace nel denunciare la spietata dittatura africana, “è stato arbitrariamente arrestato ed è sottoposto a torture psicologiche in Guinea Equatoriale, di recente divenuta membro del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, solo per avere esercitato il proprio diritto alla libertà di parola. La sua arte non ha violato alcuna legge della Guinea Equatoriale. Nel frattempo – ha concluso Alicante – il Presidente Obiang sta partecipando alle riunioni dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite: questo è un insulto all’umanità e al popolo della Guinea Equatoriale”.

Anche Rita Bosaho, deputata di Podemos al Parlamento spagnolo ma originaria del piccolo paese africano, si è dichiarata “preoccupata” su Twitter, contribuendo tra l’altro a diffondere la notizia dell’arresto.

Nsé è molto noto in Guinea Equatoriale e non solo: nato nel 1977 è un artista, fumettista e disegnatore dissacrante e satirico, attivista per i diritti umani ed attento osservatore della realtà guineana, acuto punzecchiatore della dittatura nguemista, è stato professore di disegno presso il Centro Culturale Spagnolo di Malabo. Ha lavorato come illustratore per UNICEF ed ha esposto le sue opere in Spagna, Mozambico, Etiopia ed Algeria, oltre ad essere il co-fondatore della prima rivista a fumetti africana. Autodidatta del disegno e dell’arte grafica Nsé, la cui opera si caratterizza per una chiara opposizione al regime dittatoriale del suo paese, ha vinto premi in tutto il mondo, qualche anno fa passò da Bologna a ritirarne uno riconosciutogli dall’associazione Africa e Mediterraneo, ha creato il blog Las Locuras firmandosi come Jamon y Queso e la web-tv Locos TV.

La sua opera più famosa è “La Pesadilla de Obi”, una graphic novel nella quale non si limita a descrivere le spericolate aspirazioni di immortalità del presidente Teodoro Obiang e della moglie Constancia Mangue, ma denuncia anche con durezza e precisione le costanti violazioni dei diritti umani e civili da parte delle autorità del Paese su ordine della famiglia presidenziale. Arrestare artisti, intellettuali ed attivisti che denunciano l’assenza di libertà fondamentali e la dilagante corruzione è un atteggiamento tipico delle dittature più spietate, non solo in Africa ma in tutto il mondo, e, in questo aspetto, la Guinea Equatoriale non fa alcuna eccezione.

Certo, viene anche da chiedersi come un Paese in fondo alle classifiche di tutto il mondo per quanto riguarda il rispetto dei diritti umani, il livello di democrazia e il rispetto dello stato di diritto possa essere entrato nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite: l’assordante silenzio che il mondo intero ha sempre, e da sempre, garantito al regime di Malabo ha dato ampi margini di manovra alla famiglia Obiang per ideare e realizzare la cleptocrazia (letteralmente “governo dei ladri”) più crudele, affamata e spietata del mondo.

La libertà di Nsé è la libertà di un Paese che da oltre 40 anni vive l’incubo della sferza del clan di Mongomo, è la necessità che oggi un intero Paese ha di sentirsi finalmente libero. In ragione di due cittadini italiani che languono da oltre due anni nelle carceri del piccolo e ricchissimo paese africano, nella galera militare di Bata Central, occuparsi e preoccuparsi dell’arresto arbitrario e della detenzione di Ramon Esono Ebalé è non solo un dovere ma anche, purtroppo, una necessità.

Un’altra ragione risiede in Francia, dove ad ottobre si attende la ripresa del processo al figlio di Obiang, il vicepresidente Teodorin Nguema, che da contumace deve rispondere di appropriazione indebita di fondi pubblici, corruzione e riciclaggio: tra le vittime dello spericolato Teodorin c’è anche il suo ex-socio Roberto Berardi, di cui Africa ExPress ha seguito e raccontato l’intera lunga e terribile detenzione, che in Italia ancora non è riuscito a convincere nessuna procura ad aprire un fascicolo sul suo caso.

Andrea Spinelli Barrile
aspinellibarrile@gmail.com
@spinellibarrile 

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