Presidenziali in Kenya: la costa senza turisti è tutta schierata per l’opposizione

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“Non saremo più depredati”, “Non c’è pace senza giustizia”, “Integrità nel voto”, dicono questi cartelli issati dai sostenitori di Raila Odinga

franco nofori francobolloDal Nostro Corrispondente
Franco Nofori
Mombasa, 4 agosto 2017

La fascia costiera del Kenya comprende quattro Distretti o Contee, come sono state ribattezzate. Partendo da nord: Lamu, Kilifi, Mombasa e Kwale. Per effetto della riforma costituzionale del 2010, queste Contee fanno capo a dei Governatori che vengono eletti, o riconfermati, ogni cinque anni insieme al Presidente, ma come lui, non possono eccedere i due incarichi consecutivi. Tutti i governatori di queste contee, sono solidamente schierati a fianco di Raila Odinga, leader del partito NASA, già ODM, già ORANGE, con l’unica eccezione di Salim Mvurya, governatore di Kwale che, eletto nel 2012 nella lista ODM, oggi, allarmato dai sondaggi che non gli sarebbero favorevoli, cambia gabbana e si candida alla riconferma come rappresentante del JUBELEE a cui fa capo il presidente in carica.      

L’etnia prevalente della costa è quella dei mijikenda, di ceppo bantù, che comprende 9 sottotribù, ma c’è anche una forte presenza di popolazioni swahili o bajuni, di sangue misto afro-arabo. Tutti i sondaggi svolti in questa regione la fanno risultare fortemente in opposizione al governo dell’attuale presidente Uhuru Kenyatta, figlio dello scomparso Jomo Kenyatta, ritenuto il capo carismatico dei famigerati mau mau e dal 1964 primo presidente del partito unico del paese, dopo il dominio coloniale britannico. Uhuru, nella lingua locale, significa appunto “Libertà”.

“Non saremo più depredati”, “Non c’è pace senza giustizia”, “Integrità nel voto”, dicono questi cartelli issati dai sostenitori di Raila Odinga
“Non saremo più depredati”, “Non c’è pace senza giustizia”, “Integrità nel voto”,
dicono questi cartelli issati dai sostenitori di Raila Odinga

A Jomo Kenyatta seguirono Daniel Arap Moi, Mwai Kibaki e l’attuale Uhuru Kenyatta. Ad esclusione di Moi, della tribu kalenjin, gli altri tre presidenti appartenevano tutti all’etnia kikuyu, ma tribù a parte, ciò che accomuna questi capi di stato e i loro cortigiani, è il saccheggio a piene mani che hanno effettuato nei forzieri pubblici e nell’acaparramento di enormi appezzamenti di terreno.

I kikuyu, tuttavia, oltre ad appartenere alla più numerosa etnia bantù del Kenya, che conta ben 53 tribù, sono anche quelli più intraprendenti. Infatti la stragrande maggioranza delle attività imprenditoriali presenti nel paese: aziende, negozi, studi legali, attività agricole, settori sanitari e varie professioni in genere; sono nelle loro mani. In questa rapida evoluzione, i kikuyu, hanno anche quasi interamente abbandonato le antiche ritualità tribali e le superstizioni che le ispiravano, adattandosi abbastanza facilmente ai più avanzati modelli occidentali.

Il Presidente in carica, Uhuru Kenyatta
Il Presidente in carica, Uhuru Kenyatta

I loro più accaniti rivali, che si cimentano nella stessa emancipazione, ma non sono ancora riusciti ad affrancarsi dalle credenze tribali, sono i luo di origine nilotica, oggi ben determinati a prendere finalmente il potere, sotto la guida del loro indiscusso leader Raila Odinga, che dopo tre tentativi infruttuosi, alcuni dei quali pregiudicati da brogli e malversazioni, oggi ci riprova confortato dai sondaggi che, anche se di misura, lo danno vincente.

Perché le tribù che abitano la costa, estranee sia ai kikuyu che ai luo, sono avverse ai primi e pronte a votare per i secondi? “I kikuyu – dice Julius Karissa che fa il cameriere a Mtwapa – hanno depredato la costa per anni. I migliori terreni e le attività più redditizie sono in mano loro. E’ ora che ci restituiscano la nostra terra con le risorse che contiene”.    

Dal canto loro, i kikuyu che vivono sulla costa, non riescono a nascondere l’apprensione. “Cosa devo fare? – si chiede Simon Kafi, impiegato in un’azienda europea – Chi può, parte per rifugiarsi nei propri villaggi d’origine e attendere che la situazione si normalizzi, ma io non posso perdere il lavoro e devo stare qui, anche se posso correre dei rischi”. Simon lavora a Mombasa, ma vive a Mtwapa. “Una cittadina – dice – divisa in due dalla superstrada per Malindi. Sulla sinistra vivono i locali, sulla destra i kikuyu e altre etnie dell’interno”.

Se i kikuyu sono in allarme, non lo sono da meno, indiani, arabi ed europei, tutti memori dei terribili massacri occorsi nel dopo elezioni del dicembre 2007. “E’ molto probabile che Raila Odinga vinca il confronto elettorale – dice Abdul Salim, un commercialista di Mombasa – il punto è che, come avvenne nel 2007, può darsi che questa vittoria non gli venga riconosciuta e questo farà inevitabilmente esplodere le violenze”.

Raila Odinga
Raila Odinga

Le aree considerate più a rischio partono da Likoni, a sud di Mombasa e si spingono fino a Mtwapa. In queste zone, quasi tutte le attività: negozi, uffici e perfino qulche supermercato, chiuderanno i battenti e riapriranno solo quando saranno sicuri di poterlo fare senza correre rischi. Rischi che sono ben avvertiti anche dagli italiani. “Io parto venerdì prossimo – afferma Fabio Fraioli, il primo che ha scoperto l’orrenda aggressione di domenica 23 luglio a Kikambala, in cui ha perso la vita un’italiana di 71 anni –. Non voglio assistere ad altri massacri. Me ne torno a casa e neppure credo verrò mai in più in Kenya.” Altri, come lui, dichiarano la stessa intenzione, memori che, in più occasioni, Raila Odinga ha espresso considerazioni poco lusinghiere nei confronti degli europei presenti in Kenya e non si è curato di nascondere il suo velato proposito di rispedirli a casa. 

Alcuni, tra coloro che dispongono di barche con cabina, navigheranno fino all’isola di Pemba, in Tanzania, e resteranno lì ormeggiati fino a che la situazione in Kenya non consentirà loro di rientrare.  Insomma, l’allarme c’è e merita di non essere sottovalutato. Ad infiammare maggiormente gli animi c’è stato anche il recente omicidio di Chris Msando, l’ingegnere informatico che doveva gestire l’afflusso dei voti dai vari seggi elettorali e che è stato trovato morto nei giorni scorsi con il corpo orrendamente seviziato. Sulla sua morte entrambe le fazioni si scambiano accuse ed a peggiorare il tutto ci sono state oggi le dure accuse di Uhuru Kenyatta rivolte a Raila Odinga, il quale gli avrebbe proposto un governo di coalizione per assicurare stabilità e pace al paese. “Odinga – ha detto Uhuru rigettando la proposta – vuole solo raggiungere il potere anche a costo di passare dalla porta di servizio come, ha fatto nel 2008 con Kibaki, ma con me non ci riuscirà”.

Franco Nofori
franco.kronos1@gmail.com
@franco.kronos1

 

 

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