Repubblica Centroafricana, accuse ai caschi blu: “Sparano e uccidono i dimostranti”

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Bangui, Repubblica centrafricana sit-in "città morta" 24.10.2016

Cornelia I. Toelgyes Rov 100Speciale per AfricaExPress
Cornelia I. Toelgyes
Quartu Sant’Elena, 26 ottobre 2016

Bangui, capitale della tanto travagliata Repubblica Centrafricana, lunedì scorso è stata sconvolta da una manifestazione durante la quale sono morte diverse persone e molte altre sono rimaste ferite. Sotto accusa i caschi blu di MINUSCA ( acronimo inglese per United Nations Multidimensional Integrated Stabilization Mission in the Central African Republic), che avrebbero aperto il fuoco sui manifestanti per impedire loro di dirigersi verso il quartier generale dell’ONU.

La data, il 24 ottobre, non è stata scelta a caso dalla società civile, che ha indetto il sit-in “città morta”. Infatti in tale giorno si celebra il settantunesimo anniversario della costituzione dell’ONU e la protesta era proprio rivolta a MINUSCA, missione fortemente voluta dal segretario generale  Ban Ki-moon. La società civile chiede a gran voce che MINUSCA lasci il Paese quanto prima, per l’inerzia e l’inefficienza dei caschi blu. La popolazione non si sente protetta dalla loro presenza anzi, in alcuni momenti avverte maggiore pericolo proprio a causa delle truppe dell’ONU.

Bangui, Repubblica centrafricana sit-in "città morta" 24.10.2016
Bangui, Repubblica centrafricana sit-in “città morta” 24.10.2016

Bangui, “città morta”, cioè in sciopero generale. Gli organizzatori avevano chiesto ai cittadini della capitale, tramite  comunicati pubblicizzati qualche giorno fa, di restare nelle proprie abitazioni e di non recarsi al lavoro, per paralizzare qualsiasi attività.  Durante la notte tra domenica e lunedì sono state erette barricate un po’ ovunque nelle maggiori arterie della città. E all’alba sono stati incendiati dei pneumatici. Fuoco e fumo dappertutto. L’aeroporto è stato chiuso e l’unico volo previsto è stato annullato.

Le accuse nei confronti di MINUSCA sono pesanti:  “Collaborano con i gruppi armati invece di proteggerci”, ha specificato Gervais Lakasso, uno degli organizzatori della manifestazione.

Verso le dieci del mattino si sono uditi i primi colpi di fucile, attribuiti a MINUSCA, che a fine giornata ha confermato  di essere intervenuta per smantellare le barricate. Inoltre sono stati fermati dei manifestanti diretti verso il quartier generale della Missione ONU. Per disperderli, sono stati sparati alcuni colpi.

Bangui, 24.10.2016
Bangui, 24.10.2016

MINUSCA  denuncia le violenze scoppiate in alcuni quartieri della capitale, che hanno causato morti e feriti, il cui numero è ancora provvisorio. Si parla da quattro a otto morti e tra dodici e quattordici feriti, tra loro anche cinque caschi blu. I capi della missione respingono tutte le accuse nei confronti dei loro uomini. In un comunicato viene specificato che la l’operazione  nella ex-colonia francese continuerà. La Procura della Repubblica ha aperto un’inchiesta per stabilire le responsabilità delle truppe dell’ONU.

Meno di dieci giorni fa,  durante una sparatoria in un campo per sfollati a Ngakobo, nel centro del CAR, erano state uccise undici persone I feriti, una decina, sono stati trasportati all’ospedale di Bambari, trecento chilometri a nord-est di Bangui. MINUSCA ha rinforzato la sorveglianza del campo; per ora i responsabili delle violenze non sono stati ancora identificati.

Qualche giorno prima, incidenti simili erano scoppiati a Kaga-Banro. In un’altra località al centro della ex-colonia francese: erano  morte trenta persone e altre cinquantasette erano state ferite durante uno scontro a fuoco verificatosi dopo la morte di un miliziano ex-Séléka (gruppi armati ai quali aderiscono per lo più musulmani), che ha tentato di rubare il gruppo elettrogeno di una radio locale. “La reazioni di altri elementi ex-Séléka è stata sproporzionata, riversando la loro rabbia contro la popolazione civile e gli sfollati”, ha riferito MINUSCA in un comunicato .

Repubblica centrafricana miliziani armati
Repubblica centrafricana miliziani armati

La crisi della Repubblica Centrafricana è cominciata  alla fine del 2012: il presidente François Bozizé dopo essere stato minacciato dai ribelli Séléka alle porte di Bangui, chiede un aiuto all’ONU e alla Francia. Nel marzo 2013 Michel Djotodia, prende il potere, diventando così il primo presidente musulmano della ex-colonia francese. Dall’ottobre dello stesso anno i combattimenti tra gli anti-balaka (per lo più composti da cristiani e animisti) e gli ex-Séléka si intensificano e lo Stato non è più in grado di garantire l’ordine pubblico, Francia e ONU temono che la guerra civile possa trasformarsi in genocidio. Il 10 gennaio 2014 Djotodia presenta le dimissioni e il giorno seguente parte per l’esilio in Benin. Il 23 gennaio 2014 viene nominata presidente del governo di transizione Catherine Samba-Panza, ex-sindaco di Bangui.

Il 15 settembre 2014 arrivano anche i caschi blu dell’ONU della Missione Multidimensionale Integrata per la Stabilizzazione nella Repubblica Centrafricana. Le forze dell’Unione Africana del contingente MUNISCA, presenti con 5250 uomini (850 soldati del Ciad hanno dovuto lasciare il Paese qualche mese fa, perché accusati di aver usato la popolazione come scudi umani) hanno affiancato le truppe francesi dell’operazione Sangaris . Con la risoluzione 2301 del 26 luglio 2016 il Consiglio di Sicurezza dell’ONU ha rinnovato il mandato di MINUSCA fino a novembre 2017. Attualmente il contingente internazionale conta 12.870 uomini:  10.750 militari e 2.080 poliziotti, oltre ad un certo numero di personale civile.

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La popolazione e la comunità internazionale aveva riposto molte speranze nelle elezioni, nel nuovo presidente Faustin-Archange Touadéra, ma per ora i risultati desiderati non si sono realizzati.

E inoltre la popolazione non si sente protetta dai caschi blu, anche perchè alcuni militari francesi sono inquisiti dalla Procura parigina per aver commesso violenze su minori. Sotto accusa per gli stessi reati anche alcuni caschi blu di MINUSCA. Sospetti terribili che non fanno onore né alla Francia, né all’ONU, che proprio qualche giorno fa ha reso noto i risultati di una sua inchiesta interna per questi fatti venuti alla luce nell’estate del 2015. Nella sua relazione confidenziale, Mercedes Gervilla, che dirige il gruppo di deontologia e disciplina dell’ONU, mette in dubbio gran parte degli abusi sessuali che sarebbero stati commessi tra il 2013 e il 2015 da caschi blu del contingente del Burundi, del Gabon e di soldati francesi in servizio a Dékoa. Secondo tale documento, alcune vittime sarebbero state incitate a produrre false testimonianze contro i soldati in questione in cambio di un compenso.

Attualmente in Francia sono in corso tre inchieste giudiziari sui fatti terribili fatti accaduti nel CAR, ma per ora nessun militare è stato incriminato formalmente.

Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes

 

 

 

 

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