Amnesty International: continente africano bocciato sui diritti umani

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Schiavi in una stampa dell'800
Schiavi in una stampa dell'800

Speciale per Africa ExPress
Sandro Pintus
Firenze, 6 marzo 2016

Arresti arbitrari di massa, esecuzioni extragiudiziali, tortura e detenzioni in incommunicado in Nigeria, Camerun, Niger e Ciad.

In Paesi come Mali, Niger, Kenya, Somalia e altri stati dell’Africa occidentale, centrale e orientale ci sono state migliaia di persone rapite, sono stati uccisi decine di migliaia di civili e milioni di cittadini africani sono costretti a vivere nella paura e nell’insicurezza a causa delle violenze di gruppi armanti come Boko haram e al-Shabaab. In Burundi la situazione politica è degenerata portando un aumento delle violenze delle forze di sicurezza e torture.

Pagina web del Rapporto 2016 di Amnesty International
Pagina web del Rapporto 2015 di Amnesty International


Secondo il Rapporto 2015 di Amnesty International
nel continente africano i diritti umani contano poco.
In Africa, “i difensori dei diritti umani, i giornalisti e gli oppositori politici hanno operato in un ambiente sempre più ostile, in cui la legge era spesso applicata al fine di imporre restrizioni allo spazio civico in nome della sicurezza nazionale, dell’antiterrorismo, dell’ordine pubblico e di norme che regolamentavano le attività delle Ong e dei mezzi d’informazione”. È la grave accusa dell’Organizzazione non governativa indipendente che, dal 1961, si occupa della difesa dei diritti umani.

Unione africana complice
Amnesty, dà un affondo anche all’Unione Africana e ad alcuni stati, accusandoli di indebolire la Corte penale internazionale e garantire l’impunità giudiziaria per i capi di stato in carica. È, infatti, questa impunità che ha drammaticamente continuato a essere una delle cause principali dei conflitti africani e dell’instabilità del continente.

Tra questi stati il Sudafrica che sembra ormai lontano dai tempi di Nelson Mandela. Lo scorso giugno, non ha arrestato e consegnato al Corte penale internazionale il presidente sudanese Omar al-Bashir, accusato di genocidio, crimini di guerra e crimini contro l’umanità commessi contro la popolazione civile in Darfur.

In molti Paesi come Eritrea, Etiopia e Gambia non c’è spazio per la società civile mentre in altri stati è sempre più limitata la libertà di espressione, la libertà di stampa e di associazione pacifica.

In Africa elezioni più difficili
Difficile in Africa fare elezioni democratiche. Le autorità di Burundi, Congo-Brazzaville, Costa d’Avorio, Repubblica democratica del Congo, Etiopia, Guinea, Sudan, Tanzania, Togo, Uganda e Zambia, hanno messo al bando le proteste delle opposizioni, attaccato i manifestanti e arrestato arbitrariamente oppositori politici e difensori dei diritti umani.

Mappa politica dell'Africa
Mappa politica dell’Africa


Angola, Burundi, Camerun, Ciad
, Congo-Brazzaville, Costa d’Avorio, Guinea Equatoriale, Gambia, Kenya, Lesotho, Mauritania, Niger, Ruanda, Senegal, Sierra Leone, Somalia, Swaziland, Togo, Uganda, Zambia e Zimbabwe hanno soffocato il dissenso imbavagliando la libertà di esperessione. In Mauritania, la schiavitù è stata abolita solo nel 1981; questa turpe forma di fruttamento esiste ancora e le autorità reprimono ancora gli attivisti anti-schiavismo.

In nord Africa le cose non vanno meglio. Al Marocco non piace il dissenso online degli attivisti sahrawi mentre in Libia il conflitto interno continua a mietere vittime e a produrre abusi.

Violenze di genere e bambini soldato
Forze governative e gruppi armati sono stati responsabili di crimini di diritto internazionale, abusi e violazioni del diritto internazionale umanitario e delle norme sui diritti umani, diffusi episodi di violenza di genere e sessuale e rapimenti di minori per farne bambini soldato. Questi casi sono stati registrati nei conflitti in corso in Centrafrica, Repubblica democratica del Congo, Nigeria, Somalia, Sud Sudan e Sudan.

Schiavi in una stampa dell'800
Schiavi in una stampa dell’800

Discriminazione contro le donne
Anche la discriminazione di genere è continuata nonostante l’Unione Africana avesse dichiarato il 2015 “Anno dell’emancipazione politica e dello sviluppo delle donne verso l’Agenda 2063 per l’Africa”. In molti Paesi, spesso a causa di tradizioni e consuetudini culturali, donne e ragazze continuano ad essere vittime di abusi, discriminazione ed emarginazione.

Lesbiche e gay
Lgbti (persone lesbiche, gay, bisessuali e transessuali) continuano ad essere perseguitati e quando va bene “solo” emarginati. In molti Paesi tra cui Camerun, Nigeria, Senegal e Sudafrica, sono continuati gli abusi nei confronti delle persone Lgbti o percepite tali, anche con procedimenti penali e l’applicazione di leggi repressive.

Gli albini in pericolo di vita
L’Africa è anche il continente nel quali gli albini rischiano la vita più degli altri a causa di credenze tribali e superstizione. In Malawi è stato registrato un aumento delle aggressioni e attacchi contro le persone albine per mano bande organizzate o singoli individui per ricavarne parti da vendere come feticci utilizzati nella stregoneria. In Tanzania sono stati segnalati casi di rapimento, mutilazione e smembramento di persone albine e una ragazzina è stata uccisa per ricavare feticci. Nonostante questa situazione il governo non ha adottato adeguate misure per tutelare le persone con albinismo.

Il difficile lavoro dei giornalisti
Essere giornalisti in Africa non è facile e il prezioso lavoro dell’informazione indipendente non piace al potere. I giornalisti, testimoni diretti di ciò che accade e scrivono, o dicono, cose scomode per i governi. I Paesi del continente africano che cercano di imbavagliare la stampa sono soprattutto Burundi, Congo-Brazzaville, Costa d’Avorio, Repubblica democratica del Congo, Etiopia, Guinea, Sudan, Tanzania, Togo, Uganda e Zambia.

In Zimbabwe le autorità hanno imbavagiato la libertà d’espressione con arresti, sorveglianza, vessazioni e intimidazioni di coloro che avevano condotto campagne per far ottenere alle emittenti radiofoniche comunitarie il rilascio delle licenze di trasmissione. In Sud Sudan invece sono state ulteriormente e signicativamente ridotte le opportunità per il lavoro dei giornalisti.

Lenti passi avanti
Ma nel continente africano martoriato da violenze e repressione qualcosa si muove, anche se molto lentamente. Il Malawi ha accettato le raccomandazione dell’Onu, e le autorità hanno garantito l’accesso ai servizi di assistenza sanitaria a coloro che hanno una sessualità diversa dalla “norma”. Anche se ha respinto le raccomandazioni che chiedevano di abrogare quelle leggi che criminalizzano attività sessuale consenziente tra adulti dello stesso sesso. Alcuni Paesi tra i quali Burkina Faso, Madagascar e Zimbabwe, hanno lanciato campagne nazionali per porre fine ai matrimoni precoci.

L’Unione Africana ha proclamato il 2016 “Anno dei diritti umani in Africa”. Quest’anno nel continente africano cadono anche altri tre importanti anniversari: il 35° della Carta africana e il 30° dalla sua entrata in vigore e il 10° anniversario dalla creazione della Corte africana di giustizia. Secondo Amnesty International il 2016, per i leader africani potrebbe essere l’anno dell’ascolto e della collaborazione con il movimento di difesa dei diritti umani che in Africa sembra essere in crescita.

Sandro Pintus
sandro.p@catpress.com
twitter: @sand_pin

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