Dal Nostro Inviato Speciale
Sandro Pintus
Nairobi, 20 dicembre 2015
L’associazione ambientalista Save the Elephants stima che tra il 2002 e il 2011 (Maisels et al 2013) la popolazione di elefanti del mondo sia stata ridotta del 62 per cento e che tra il 2010 e il 2012, siano stati uccisi 100mila elefanti. Per l’avorio.
Il bracconaggio per il traffico di avorio è infatti uno dei maggiori problemi per la sopravvivenza dei 350mila elefanti africani rimasti. E non sembra facile da fermare. L’ong Burn the Ivory afferma che ogni anno vengono uccisi 35mila elefanti. A conti fatti, con questi ritmi, l’elefante africano sarà completamente estinto entro 10 anni.
Nonostante la CITES-Convention on International Trade in Endangered Species (Convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate di estinzione) – conosciuta come la Convenzione di Washington – per la protezione di 35mila specie di piante e animali o parti di esse che rischiano l’estinzione, il commercio di avorio continua senza sosta.
Alla CITES, entrata in vigore nel 1975, hanno aderito 181 stati tra i quali anche il Sudan e la Cina, nazioni dove prospera il traffico e la vendita di avorio illegale, grezzo e lavorato. Un segnale positivo arriva però dalla Cina che il 26 febbraio scorso, ha sospeso per 12 mesi l’importazione di avorio lavorato.
L’uccisione degli elefanti e la vendita di contrabbando di avorio però continua, con lauti guadagni per trafficanti e commercianti, in cambio della rapida estinzione dei pachidermi e l’impoverimento delle economie dei Paesi africani che vivono di turismo nei parchi naturali con animali selvatici unici al mondo.
In Kenya, nel 1973, si contavano 130mila elefanti. Nel 1989, a causa del bracconaggio mosso dal traffico di avorio, erano diventati 16mila. Il governo keniota fece una stima degli elefanti uccisi dai bracconieri: in media mille elefanti al mese.
Per fermare il massacro, l’allora presidente Daniel Arap Moi decise di mettere al bando l’avorio attraverso un’azione esemplare: un grande falò con il motto “Una Nazione rende omaggio ai suoi elefanti”. Per dare un esempio contro il traffico di avorio e per salvare gli elefanti rimasti, il 18 luglio del 1989, inaugurò un luogo speciale nel Nairobi National Park: l’Ivory Burning Memorial Site, il Memoriale dove l’avorio diventa cenere.
È un monumento agli elefanti inaugurato con un falò di 12 tonnellate di avorio. Quel giorno il Kenya aveva rinunciato alla vendita all’asta di tutte le zanne sequestrate ai trafficanti di avorio giacenti nei suoi magazzini per un valore di 1 milione di US$. Un evento ripreso dalle televisioni di tutto il mondo che convinse la CITIES a mettere l’elefante africano in cima alla lista degli animali in via di estinzione facendo così crollare il mercato dell’avorio da 13 US$ al kg a 1,5 US$. L’operazione è stata ripetuta nel 2011 con la distruzione di altre 5 tonnellate di zanne di elefante.
L’esempio del Kenya è stato imitato da altri Paesi. Lo Zambia nel 1992 ne ha distrutte 9,5 tonnellate; seguito dal Gabon nel 2012 con 4,8; le Filippine, 5 nel 2013; gli Stati Uniti, 6 tonnellate nel 2013; la Cina, 6 tonnellate all’inizio del 2014; nel febbraio del 2014 Francia e Chad, rispettivamente con 6 e 1,1 tonnellate e il Belgio che nel mese di aprile del 2014 ne ha distrutte 1,5 tonnellate.
Ma era la fine degli anni Ottanta. Secondo uno studio di Esmond Bradley Martin e Lucy Vigne, esperti mondiali dei mercati dell’avorio, a Beijing (riportato da Save the Elephants) il prezzo dell’avorio illegale grezzo, tra il 2010 e il 2014, è triplicato arrivando all’ingrosso a una media di 2.100 US$ al kg. La buona notizia è che a novembre è sceso di oltre il 50 per cento, arrivando a 1.100 US$ al kg.
“La caduta del prezzo dell’avorio ci dà speranza, ma dal numero di elefanti uccisi in Africa, siamo ancora molto lontani per festeggiare”, ha dichiarato il fondatore di Save the Elephants, Iain Douglas-Hamilton – “Le minacce gravi rimangono, ed è di vitale importanza che in Cina venga applicato al più presto il totale divieto di importazione di avorio”.
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Sandro Pintus
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