New York, 12 aprile
La continua guerra di Israele contro i palestinesi ha portato altri 10 Paesi – Messico, Armenia, Slovenia, Irlanda, Norvegia, Spagna, Bahamas, Trinidad e Tobago, Giamaica e Barbados – a riconoscere formalmente lo Stato di Palestina. Una testimonianza del crescente sostegno internazionale verso la popolazione di Gaza e di critica, se non condanna, alla politica di sterminio del governo israeliano.
Tra i Paesi che hanno deciso di “rompere il ghiaccio” e disobbedire agli ordini di scuderia dettati da chi difende a tutti i costi Israele, nonostante la sua politica di sterminio a Gaza, non figurano i membri del G7 – Canada, Francia, Germania, Italia, Giappone, Regno Unito e Stati Uniti – cioè i più ricchi del pianeta. Chi aveva bollato alcuni Stati come “canaglia” ora tentenna o si rifiuta di definire genocidio la carneficina in atto in Medio Oriente.
Il riconoscimento della Palestina ne rafforza la posizione a livello globale, migliora la capacità di ritenere le autorità israeliane responsabili dell’occupazione e esercita pressione sulle potenze occidentali affinché agiscano per la soluzione dei due Stati, unico sistema per bloccare la guerra eterna in Medio Oriente.
Attualmente, lo Stato di Palestina è riconosciuto come nazione sovrana da 147 dei 193 Stati membri delle Nazioni Unite, che rappresentano il 75 per cento della comunità internazionale. È riconosciuto anche dalla Santa Sede, l’organo di governo della Chiesa cattolica e della Città del Vaticano, che all’ONU detiene lo status di osservatore.
Il 15 novembre 1988, nei primi anni della prima Intifada, Yasser Arafat, presidente dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina, proclamò la Palestina come Stato indipendente con Gerusalemme come capitale.
Subito dopo quell’annuncio, più di 80 Paesi riconobbero la Palestina come Stato indipendente. Un forte sostegno venne del Sud del mondo soprattutto dai Paesi dell’Africa, dell’Asia, dell’America Latina.
La maggior parte degli europei che riconobbero la Palestina in quel periodo facevano parte del blocco sovietico.
Qualche anno dopo, il 13 settembre 1993, i primi colloqui diretti tra palestinesi e israeliani portarono alla firma degli accordi di Oslo, che avrebbero dovuto concludersi con l’autodeterminazione palestinese sotto forma di uno Stato indipendente accanto a Israele. Obiettivo non è mai stato raggiunto.
Il 15 novembre 1988, nei primi anni della prima Intifada, Yasser Arafat, presidente dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina, proclamò la Palestina come Stato indipendente con Gerusalemme come capitale.
Dalla fine degli anni ’80 e all’inizio degli anni ’90, quasi 20 Paesi hanno riconosciuto la Palestina, seguiti da altri 12 Paesi tra il 2000 e il 2010, per lo più africani e sudamericani.
Nel 2011, tutti i Paesi africani, ad eccezione di Eritrea e Camerun, hanno riconosciuto la Palestina.
Nel 2012, l’Assemblea generale dell’ONU ha votato a stragrande maggioranza (138 favorevoli, 9 contrari, 41 astenuti) per cambiare lo status della Palestina in “Stato osservatore non membro” e nel 2014 la Svezia è stata il primo Paese dell’Europa occidentale a riconoscere la Palestina.
Il 22 maggio 2024, Norvegia, Irlanda e Spagna, in successione, hanno annunciato il riconoscimento della Palestina secondo i confini precedenti al 1967 con Gerusalemme Est come capitale.
La risposta di Israele è stata durissima: ha richiamato i suoi ambasciatori dai tre Paesi europei e ha promesso di espandere gli insediamenti illegali nella Cisgiordania occupata come punizione.
Il 4 giugno, la Slovenia è stata l’ultimo Paese europeo a riconoscere lo Stato palestinese. Altre nazioni europee, come Malta, Belgio e Francia, stanno discutendo se e quando riconoscere lo Stato palestinese. L’Italia che al solito latita.
Africa ExPress
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