MP 120 “molot” di fabbricazione ucraina in mano ai terroristi
Cornelia I. Toelgyes
24 marzo 2025
I gruppi armati attivi nel Sahel dispongono ora di armi sofisticate modernissime fabbricate in Ucraina. Gli attacchi dei jihadisti si susseguono senza sosta. Il 17 marzo hanno assaltato una postazione militare nei pressi della città di Makalondi, nella regione di Tillabéri.
Due giorni dopo è stata presa di mira una base delle forze armate nigerine non lontana dal villaggio di Mossopaga, che si trova nella stessa zona, la più instabile del Paese. La regione si trova nella cosiddetta area delle tre frontiere (Niger, Mali, Burkina Faso), spesso teatro di aggressioni dei terroristi.
Questa volta, secondo quanto riportato da media locali, i jihadisti avrebbero utilizzato mortai di fabbricazione ucraina.
Durante gli assalti, che hanno provocato importanti danni materiali, sono stati uccisi diversi soldati nigerini. Dopo una accurata ispezione del campo di battaglia, è stato trovato un mortaio di 120 mm, un MP 120 “molot” e il relativo libretto d’istruzione in lingua ucraina. Un ufficiale in pensione, che non ha voluto rivelare la propria identità, ha confermato l’informazione al Journal du Niger.
A detta del militare, è molto probabile che i terroristi si siano procurati i mortai ucraini tramite “il corridoio di armi nel Sahel”, un traffico di contrabbando che, dopo la caduta di Gheddafi nel 2011, passa attraverso la Libia.
Finora Kiev non ha rilasciato commenti sul fatto. Il quotidiano nigerino ha sottolineato che l’Ucraina ha sempre tenuto fede alle convenzioni internazionali sul controllo delle armi e ha sempre negato di aver venduto materiale bellico ai terroristi.
Venerdì scorso, i fedeli radunati per la preghiera delle 14.00 nella moschea di Fambita – sempre nella zona delle tre frontiere – sono stati sorpresi da un gruppo di uomini armati fino ai denti. Almeno 40 civili sono stati brutalmente assassinati. Finora il terribile attacco non è stato ancora rivendicato, ma il ministro degli Interni nigerino punta il dito sui combattenti di EIGS (Etat Islamique dans le Grand Sahara)
Lo stesso giorno è stato preso di mira anche l’oleodotto che porta il greggio nigerino a Cotonou in Benin. Le tubature della condotta sono state sabotate vicino a Muntseka, villaggio non lontano dalla frontiera con la Nigeria.
Il Niger, oltre a dover combattere contro i gruppi armati legati a al-Qaeda (JNIM) o allo stato islamico (EIGS), deve anche lottare per arginare le continue incursioni dei terroristi nigeriani Boko Haram.
A metà marzo i sanguinari miliziani hanno assalito un campo militare a Chétima-Wangou, nella regione di Diffa, nel estremo est del Paese che confina con il bacino del Lago Ciad. In questa zona i terroristi sono particolarmente attivi.
Sono arrivati in oltre 300. Secondo quanto riferito da fonti dell’esercito nigerino, l’attacco è stato respinto, ma 4 soldati sono stati brutalmente ammazzati. L’aviazione di Niamey è poi riuscita a neutralizzare un colonna composta da una trentina di moto. Stessa fine ha fatto un’altra cinquantina di terroristi che si erano rifugiati in una casa. I restanti, invece, sono riusciti a scappare in Nigeria.
Il bacino del Lago Ciad, situato nella parte centro-settentrionale dell’Africa sui confini di Nigeria, Niger, Ciad e Camerun è abitato da quasi 30 milioni di persone, tra questi oltre 5 milioni sono sfollati o rifugiati. Scappano dai sanguinari terroristi islamici Boko Haram e dei loro cugini di ISWAP, che nel 2016 si sono separati dal gruppo originale.
Quando la giunta militare, capeggiata da Abdourahamane Tchiani, ha preso il potere nel luglio 2023, aveva promesso che il nuovo governo avrebbe affrontato immediatamente il grave problema dell’insicurezza. Da allora però le carneficine dei terroristi continuano senza sosta e, secondo ACLED, ONG statunitense che registra le vittime dei conflitti in tutto il mondo, da luglio 2023 a oggi sono state uccise oltre 2.400 persone nel Paese.
Anche in Mali e Burkina Faso la questione sicurezza non è ancora stata risolta. Per questo motivo, i tre presidenti delle rispettive giunte militari – Ibrahim Traoré (Burkina Faso), Assimi Goïta (Mali) e Abdourahamane Tchiani (Niger) hanno deciso di formare un nuovo contingente composto da 5000 soldati delle forze armate dei tre Paesi. La nuova formazione militare, volta a contrastare il terrorismo nella regione dell’AES (Allenza degli Stati del Sahel), dovrebbe essere ufficialmente operativa fra breve. I tre eserciti hanno già effettuato alcune operazioni congiunte.
Per ora AES comprende solamente tre Stati (Burkina Faso, Mali e Niger), tutti usciti definitivamente da ECOWAS (la Comunità Economica degli Stati dell’Africa Occidentale) lo scorso gennaio. Recentemente il ministro degli Esteri togolese, Robert Dussey, ha manifestato interesse alla nuova organizzazione regionale.
Per il Togo un’adesione all’istituzione regionale potrebbe avere risvolti economici interessanti. Lomé diventerebbe così il porto di AES, visto che gli altri tre Paesi non hanno sbocco sul mare. Ma per ora il governo togolese mantiene il massimo riserbo sulla questione.
Cornelia Toelgyes
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