Proposta di America e Israele: deportiamo i palestinesi di Gaza in Africa

L'ONU lancia l'allarme: scarseggiano i fondi per profughi e sfollati

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Africa ExPress
New York, 14 marzo 2025

Guerre, conflitti interni, terrorismo, cambiamenti climatici, persecuzioni e altro spingono sempre più persone a lasciare le proprie case e cercare protezione e rifugio nei campi per sfollati o per profughi.

Da tempo i fondi scarseggiano, le Organizzazioni internazionali sono in grande difficoltà per portare cibo e beni di prima necessità alle persone vulnerabili.

Taglio fondi

“Molti moriranno, perché gli aiuti si stanno assottigliando, si stanno esaurendo”, ha precisato Tom Fletcher, sotto-segretario generale dell’Ufficio per gli Affari Umanitari delle Nazioni Unite (OCHA), in occasione di un briefing al Palazzo di Vetro mercoledì scorso.

Taglio Fondi USAID

Dopo l’insediamento di Donald Trump, gli Stati Uniti hanno ridotto drasticamente – dell’83 per cento – i programmi dell’Agenzia per lo Sviluppo Internazionale (USAID). Ma anche altri governi hanno fatto considerevoli tagli nel capitolo “aiuti umanitari” dei loro bilanci.

Investimenti difesa

Fletcher non ha fatto un elenco dei Paesi che non contribuiranno più quanto prima. Basta tuttavia ricordare che il Regno Unito a fine febbraio ha fatto sapere di aver ridotto il budget destinato agli aiuti umanitari, per finanziare maggiori investimenti nella difesa. Parecchi altri governi sono sulla stessa scia delle autorità di Londra.

Leitmotiv: via i palestinesi da Gaza

Ci si chiede dunque come Washington e Tel Aviv intendono finanziare la loro ultima proposta, che ha dell’inverosimile. Israele e gli USA stanno sondando il terreno per deportare rifugiati palestinesi in Africa. Via dalla loro terra, via da Gaza è il leitmotiv di Donald Trump e Benjamin Netanyahu. Dopo aver sterminato migliaia e migliaia di gazavi, chi è rimasto in vita deve sgomberare il campo. E il più lontano possibile. Dunque via, possibilmente in Africa.

Donald Trump e Benjamin Netanyahu

Somalia, Somaliland, Sudan

Secondo quanto riportato da Associated Press, alti funzionari americani e israeliani sarebbero in contatto con Somalia, Somaliland e Sudan perché accolgano palestinesi della Striscia di Gaza. Una mossa già ampiamente condannata, che sta sollevando, inoltre, gravi questioni legali e morali, poiché tutti e tre i luoghi sono poveri e, in alcuni casi, devastati da guerre e violenze. Tale proposta mette in dubbio anche l’obiettivo dichiarato da Trump, cioè di voler ricollocare i palestinesi di Gaza in una “bella zona”.

Il Sudan è devastato da un conflitto interno, iniziato nell’aprile 2023. In alcune zone e in campi per sfollati è già stato dichiarato lo stato di carestia. Proprio a causa dei continui scontri tra le due fazioni, le Rapid Support Forces (RFS), capeggiate da Mohamed Hamdan Dagalo “Hemetti”, da un lato e le esercito sudanese (SAF), capitanate da Abdel Fattah Abdelrahman al-Burhan, dall’altro, le Organizzazioni internazionali non riescono nemmeno a consegnare gli aiuti umanitari.

Belle zone

E la Somalia? La nostra ex colonia è un Paese meraviglioso, peccato solo che è uno tra gli Stati più poveri al mondo, in ginocchio da cambiamenti climatici, dove si alternano siccità e alluvioni, per non parlare dei continui attacchi dei sanguinari al-Shebab. Certo, i luoghi scelti sono tutte “belle zone”, proprio come la Striscia di Gaza, distrutta da guerre, bombe, carestie.

Il governo di Khartoum ha fatto sapere di aver rinviato al mittente la proposta di Washington e Mogadiscio sostiene di non aver ricevuto alcuna richiesta in tal senso.

Questa mattina, Abdirahman Dahir Adan, ministro degli Esteri del Somaliland, ha dichiarato ai reporter di Reuters di non aver ricevuto finora nessuna richiesta per ospitare palestinesi.

Va ricordato che il Somaliland, ex colonia britannica ha proclamato l’indipendenza dal Regno Unito il 26 giugno 1960 (si chiamava Stato del Somaliland), e, dopo 5 giorni si è unita alla Somalia Italiana, indipendente dal 1° luglio dello stesso anno. Dopo lo scoppio della guerra civile somala il 30 dicembre 1990, e il conseguente collasso della Somalia, il 18 maggio 1991 il Paese si è ritirato dall’unione. Ma il suo governo non è stato riconosciuto dalla comunità internazionale, tanto meno dalla Somalia.

Kakuma: vietato protestare

Certo, per le armi i soldi si trovano, per salvare vite umane non sempre. Una decina di giorni fa i rifugiati del campo di Kakuma, in Kenya, che ospita decine di migliaia di persone provenienti per lo più dal Sud Sudan, ma anche dal Congo-K, Somalia, Etiopia, hanno protestato per i drastici tagli di cibo e altro. E’ intervenuta la polizia e ha sparato contro i manifestanti, al meno 4 persone sono state ferite.

Difficile sopravvivenza

Africa ExPress è in contatto con persone del campo. “La vita è sempre più difficile, siamo disperati”, hanno raccontato. Le razioni alimentari sono diminuite del 40 per cento. Il cibo non è sufficiente, lo stomaco brontola sempre. E i nuovi arrivati, che fuggono da zone di conflitto, giungono nel sito senza nulla, spesso solo con i vestiti che indossano. Tra loro ci sono molti, tantissimi bimbi affamati e malati, e non di rado anche malnutriti.

Campo alle porte del deserto

Si abbandonano i più vulnerabili e fragili in ogni parte del mondo. Anche in Niger la situazione è altrettanto tragica. La maggior parte dei migranti che si trovano nel campo di Agadez sono stati espulsi dall’Algeria, buttati nel deserto. Ora si trovano nel centro umanitario, finanziato dall’Unione Europea e dall’Italia, dove le condizioni di vita sono terribili.

Sono in attesa di essere ricollocati altrove, impresa non semplice. L’Alto Commissariato per i Rifugiati dell’ONU (UNHCR), ha fatto sapere che meno dell’1 per cento degli ospiti  potrà essere accolto da un’altra parte. Dunque vengono proposte soluzioni alternative, cioè restare nella ex colonia francese stabilmente con permesso di soggiorno regolare che permetterebbe loro di poter lavorare. Ma la maggior parte degli ospiti non vorrebbe restare nel Paese.

I migranti del campo, che si trova alle porte del deserto del Sahara, non hanno ricevuto le tessere alimentari per il mese di febbraio. Abbandonati da tutti, protestano silenziosamente da mesi per le loro miserabili condizioni di vita, con la speranza di ricevere almeno il cibo per sopravvivere.

Guerra Congo-K

Anche nell’est della travagliata Repubblica Democratica del Congo, gli sfollati chiedono cibo e aiuti, altrettanto i rifugiati che hanno cercato protezione nel vicino Burundi, scappati dalle continue aggressioni del gruppo armato M23/AFC, sostenuto dal Ruanda.

La vita degli sfollati e profughi è amara in qualsiasi parte del mondo. Ed ora, con la mancanza di fondi, molti di loro non riceveranno nemmeno l’indispensabile per sopravvivere. La loro vita rischia di trasformarsi in un inferno peggiore dal quale sono scappati.

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