Consiglio di Sicurezza dell'ONU
Kinshasa, 26 febbraio 2025
Mentre continua l’avanzata del gruppo armato AFC/M23 nell’Est della Repubblica Democratica del Congo, iniziano a piovere sanzioni sul governo di Kigali.
M23 è un gruppo armato, composto soprattutto da tutsi e sostenuto dal Ruanda, mentre AFC, che significa Alleanza del Fiume Congo, è una coalizione politico militare, fondata il 15 dicembre 2023 in Kenya e della quale fa parte anche M23.
Durante la seduta di venerdì scorso al Palazzo di Vetro, il Consiglio di Sicurezza ha condannato con una risoluzione il sostegno del Ruanda al gruppo M23. Kigali, secondo rapporti degli esperti indipendenti delle Nazioni Unite, è presente nel Congo-K con almeno 4.000 uomini. La condanna, votata all’unanimità, ha chiesto al governo ruandese di ritirare immediatamente le proprie truppe. Ha altresì intimato ai ribelli M23 di liberare i territori sotto loro controllo nel Nord e Sud Kivu, in particolare i rispettivi capoluoghi, Goma e Bukavu.
Londra ha deciso di bloccare gran parte degli aiuti al Ruanda e Washington ha sanzionato il portavoce civile di AFC/M23 e un politico ruandese.
Durante la riunione dei ministri degli Esteri dell’Unione Europea di lunedì sono stati presi i primi provvedimenti contro il Paese delle Mille Colline per il suo sostegno ai ribelli nel Congo-K. La prima tranche di sanzioni, che include lo stop di qualsiasi dialogo politico in materia di difesa e sicurezza, è già attiva.
Per il momento non è stato ancora sospeso il Memorandum of Understanding, siglato con il Ruanda un anno fa e “volto a favorire lo sviluppo di catene di valore durature e resilienti per le materie prime critiche”. Peccato però che questi minerali si trovino in RDC e da anni il regime di Paul Kagame cerca di impossessarsene, anche grazie al gruppo M23. Secondo quanto riferito da Kaja Kallas, capo della politica Estera della Commissione Europea, il MoU, sarà soggetto a una revisione.
Inaspettatamente però, Xavier Bettel, ministro degli Esteri del Lussemburgo, l’unica monarchia al mondo retta da un granduca, si è avvalso del diritto di veto e ha bloccato le sanzioni contro funzionari ruandesi. La decisione del capo della diplomazia lussemburghese ritarda i provvedimenti contro Kigali, poiché tali misure devono essere adottate all’unanimità.
Bettel ha giustificato la sua mossa con il fatto che bisogna dare spazio ai negoziati in corso. In particolare è necessario attendere quanto emergerà dalla riunione ministeriale congiunta tra i Paesi della Comunità per lo Sviluppo dell’Africa Australe (SADC) e la Comunità dell’Africa Orientale (EAC), prevista per il 28 febbraio prossimo.
Intanto nella giornata di ieri è atterrato a Kinshasa Karim Khan, procuratore generale della Corte Penale Internazionale dell’Aja, che da tempo sta indagando sui gravissimi crimini commessi nella parte orientale del Congo-K dopo la ripresa delle ostilità di M23.
Giacché la diplomazia è al lavoro per riportare la Pace, nell’est della ex colonia belga la popolazione continua a pagare il prezzo più alto di questo conflitto. Secondo le autorità di Kinshasa, da gennaio a oggi sarebbero morte oltre 7mila persone. E le stragi non si fermano. Anche oggi Radio Okapi (emittente della MONUSCO, la missione di pace dell’ONU nel Paese) ha denunciato la vile uccisione di tre giovani a Uvira (Sud-Kivu), crimine commesso da uomini armati in divisa. L’assassinio dei tre potrebbe essere collegato all’uccisione di un uomo, fatto avvenuto la sera precedente. La vittima, che indossava una tuta militare, è stata bruciata viva martedì sera nello stesso quartiere della città.
L’insicurezza sta aumentando in tutto il centro abitato, e, come riferito da Medici senza Frontiere, oltre 30mila persone sono già scappate. La gente ha paura, le case si stanno svuotando. Molte attività commerciali sono chiuse e il cibo comincia a scarseggiare.
Persino gli ospedali non vengono risparmiati dalle sparatorie, mettendo in serio pericolo pazienti e staff.
Anche a Goma, capoluogo del Nord-Kivu, sotto controllo di M23/AFC, la situazione è a dir poco catastrofica. OCHA (Ufficio degli Affari Umanitari dell’ONU) ha registrato un aumento degli episodi criminali, come sequestri, aggressioni, rapine in casa e furti. L’Organizzazione ha anche messo in guardia la popolazione del pericolo di mine e proiettili non esplosi, disseminati sia in città che nelle zone periferiche, per non parlare della sanità, ormai al collasso. Ci sono inoltre casi sospetti di colera nel campo di MONUSCO, dove si sono rifugiati molti soldati disarmati dell’esercito congolese (FARDC).
Ora si teme che l’epidemia possa espandersi. Nelle ultime due settimane è morta una persona a causa dell’infezione batterica, mentre sono stati riscontrati 420 casi a Goma e zone circostanti.
Nei giorni scorsi centinaia di poliziotti e militari di FARDC si sono uniti al gruppo armato AFC/M23.
Intanto i ribelli sono solo a una quarantina di chilometri da Uvira, la seconda città più importante del Sud-Kivu. Se dovessero conquistare anche questo grande centro abitato, gli irregolari potrebbero aprirsi un corridoio per raggiungere la provincia di Tanganyika.
Nei giorni scorsi il gruppo armato AFC/M23 ha ordinato a tutte le forze armate straniere presenti sul territorio di lasciare immediatamente Goma. Quasi duecento militari sudafricani del contingente della Comunità Economica dell’Africa Australe (SADC) hanno già lasciato il Congo-K, dove è presente dal 2023 in appoggio dell’esercito regolare nella lotta contro M23. Le truppe di Pretoria hanno dovuto attraversare il confine verso il Ruanda, per poi imbarcarsi all’aeroporto internazionale di Kigali. Stessa sorte era toccata ai mercenari rumeni qualche settimana fa.
Altri componenti del contingente SADC (tra questi ancora parecchi sudafricani, oltre a malawiani e tanzaniani) sono chiusi nella loro base all’aeroporto e a Mubambiro, all’uscita di Goma.
Molte ONG congolesi sono in grave difficoltà, non solo a causa del teatro di guerra nella parte orientale del Congo-K, ma anche per il blocco dei finanziamenti di USAID, imposto dall’amministrazione di Donald Trump. Il Congo-K è stato il maggiore beneficiario degli aiuti umanitari statunitensi nell’Africa francofona.
Africa ExPress
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