ISRAELE

Gaza si continua a morire sotto le bombe anche se si parla di tregua imminente

 

Speciale per Africa ExPress
Alessandra Fava
15 gennaio 2025

Si parla di tregua a Gaza. Sembra sempre più vicina. Ma ci vuole una cessazione della guerra anche in Cisgiordania, Libano e Siria.

L’esercito israeliano IDF sta occupando il Golan siriano (contro ogni norma internazionale) e in queste ore i carri armati israeliani pattugliano aree del Sud della Siria sequestrando armi agli abitanti. I militari sono entrati anche in Libano, violando altrettanti confini e trattati internazionali. 

Israele ha invaso il territorio siriano passando dal Monte Hermon – fonte Wikipedia

Intanto a Gaza si continua a morire per la mancanza di aiuti e sotto le bombe. Nelle ultime 24 ore sono state uccise altre 32 persone a Deir el-Balah, Gaza City e Khan Younis, sempre nella Striscia. Tra questi 32 sappiamo che hanno perso la vita cinque bambini. In un’altra zona dieci persone tra cui una bambina di un anno. E ancora tre persone sono state colpite sotto una tenda. Il conteggio delle morti procede.

Le stime di Lancet

I morti a Gaza potrebbero essere molti di più di quelli contati dal governo di Hamas: al momento 46.645 con oltre 110 mila feriti. Lo ha scritto la rivista scientifica inglese The Lancet che stima ad agosto scorso una progressione dei morti sotto le bombe superiore al 41 per cento rispetto ai calcoli governativi dal 7 ottobre 2023.

Secondo The Lancet i morti a Gaza sono almeno il 41 per cento in più.

Quindi i morti sarebbero almeno 64.230 secondo gli epidemiologi e studiosi, Zeina Jamaluddine, Hanan Abukmail, Sarah Aly, Oona MR Campbell e Francesco Checchi, che da tempo seguono la guerra di Gaza e firmano l’ultimo report.

D’altra parte si è sempre saputo che il governo di Hamas calcola i defunti con nomi e cognomi ritrovati fra le macerie o arrivati in qualche ospedale oppure di cui ci siano testimoni diretti, mentre è evidente, grazie ad alcune testimonianze, che ci sono centinaia di cadaveri sotto gli edifici crollati, di cui non si ha contezza.


Intanto Ocha (ONU) racconta nell’ultimo report che di 220 mila kit di vestiti invernali destinati ai bambini di Gaza sono riusciti a distribuirne solo 19 mila e che 369 operatori dell’ ONU (di cui 263 UNRWA) sono stati uccisi dal 7 ottobre a oggi. Su 165 tentativi di raggiungere il Nord di Gaza negli ultimi tre mesi, solo 16 sono andati a buon fine. https://www.unocha.org/publications/report/occupied-palestinian-territory/humanitarian-situation-update-253-gaza-strip

I bambini di Gaza

Secondo Ilan Pappe, storico israeliano contro il sionismo, tale dottrina sarebbe agli sgoccioli. Lo ha spiegato in una recente intervista a Copenhagen alla tv quatariota Al Jazeeera. “Sono stupito della mancata reazione dell’Europa davanti al genocidio più mediatizzato dei tempi moderni”, “the most televised genocide of modern times.”, ha detto Pappe. Il testo integrale qui: https://www.aljazeera.com/news/2025/1/14/israeli-historian-ilan-pappe-this-is-the-last-phase-of-zionism.

Stato neo-sionista

Per poi continuare: “Siamo di fronte a uno Stato che potremmo definire neo-sionista. I vecchi princìpi del sionismo ora sono molto più estremisti, in una forma più aggressiva che nel passato, cercano di conquistare in poco tempo quelle che la generazione precedente del sionismo tentava di prendere in un tempo molto più lungo e in modo graduale”.

E ancora: “Il tentativo della leadership è di completare il lavoro iniziato nel 1948, prendere ufficialmente tutta la Palestina storica e sbarazzarsi il più possibile dei Palestinesi e nello stesso tempo c’è qualcosa di nuovo, vale a dire creare un impero israeliano che faccia paura o sia rispettato dai suoi confinanti, e che possa persino espandersi territorialmente al di là dei confini della Palestina storica. Dal punto di vista storico, vorrei dire, con una certa cautela, che questa”.

Ultimo capitolo

“E’ la fase finale del sionismo. Nei movimenti ideologici, coloniali e imperiali, l’ultimo capitolo è il più ambizioso, ma porta puntualmente alla caduta e al collasso”, ha concluso infine.

Immagini su immagini: della guerra a Gaza sappiamo quasi tutto. Anche se Israele impedisce l’accesso ai giornalisti, la possiamo seguire sui social e attraverso i giovani occhi dei reporter delle tv arabe presenti nella Striscia.

Come dice Nour Elassy, cronista di Al Jazeera: “Non mi occupo di politica. Non ne ho bisogno. La guerra parla da sola in una quantità di piccoli dettagli”, come una madre senza una casa né un materasso, che cerca cibo per sé e il suo piccolo e vorrebbe tanto sapere quando finisce questa guerra, secondo una giornalista che a questo quesito non sa rispondere neppure lei. https://www.aljazeera.com/opinions/2025/1/14/why-i-wont-stop-telling-gazas-stories

Alessandra Fava
alessandrafava2015@libero.it
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Alessandra Fava

Giornalista dal 1989, per lo più freelance. Ha scritto per Diario della settimana, Manifesto, Io donna, Marie Claire. Ha lavorato all'Ansa per 16 anni seguendo anche i processi del G8 2001 genovese. Esperta di Medio Oriente.

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