Speciale per Africa ExPress
Cornelia I. Toelgyes
9 gennaio 2025
Ieri sera, poco prima delle 20.00, si sono sentiti colpi di arma da fuoco nelle vicinanze del palazzo presidenziale a N’Djamena, la capitale del Ciad.
Già nella tarda serata di ieri, il portavoce del governo, ha fatto sapere che 20 persone sono morte, 2 soldati e 18 aggressori, che in un primo momento si pensava fossero miliziani di Boko Haram. Ma l’ ipotesi di un assalto terroristico è stata scartata ben presto.
Nessun legame con terroristi
Questa mattina le autorità hanno confermato che l’attacco è stato opera di un gruppo di ragazzi di un quartiere della capitale, nessun legame con i terroristi. Il governo ha invitato i residenti alla calma, spiegando che la situazione è sotto controllo.
Coltelli e machete
Secondo quanto trapelato oggi, pare che 24 giovani avrebbero simulato un guasto alla loro vettura proprio davanti al palazzo presidenziale.
Gli aggressori sarebbero stati tutti ubriachi e armati solamente di coltelli e machete. Anche se senza armi da fuoco, sono riusciti a ammazzare due soldati. La versione ufficiale, che però non convince, racconta che i ragazzi si sono poi impossessati delle armi dei militari morti e sono riusciti a penetrare per breve tempo nell’edificio.
I militari presenti avrebbero poi aperto il fuoco, uccidendo appunto gran parte degli aggressori e ferendone altri 6. Tutti indossavano jeans e magliette. I loro cadaveri, con i vestiti intrisi di sangue, sono state rimossi solamente in tarda mattinata.
Declassati
Gli aggressori sono accusati di attacco contro la personalità dello Stato e partecipazione a movimento insurrezionale. Ma da terroristi sono stati declassati a un gruppo di “giovani malintenzionati”.
Il Paese sta attraversando un momento delicato. Recentemente il governo ha annullato la cooperazione in materia di difesa con la Francia, partner di lunga data. Fino a poco fa N’Djamena era un alleato chiave dell’Occidente nella lotta contro i terroristi.
Da oltre un decennio tutta la regione è dilaniata da insurrezioni e attacchi continui da parte di gruppi legati allo Stato Islamico, Al Qaeda, Boko Haram e altri gruppi minori.
Senegal licenzia Francia
Le autorità militari del Mali, del Burkina Faso e del Niger, che confina con il Ciad, hanno voltato le spalle all’Occidente da un po’ di tempo e i tre Paesi sono ora sostenuti dalla Russia e dai mercenari di Africa Corps (ex Wagner). E a fine novembre, anche il presidente del Senegal, Bassirou Diomaye Faye, ha chiesto il ritiro delle truppe francesi dal suo Paese.
Costa d’Avorio
I soldati d’oltralpe se ne andranno anche dalla Costa d’Avorio. Lo ha annunciato durante il suo discorso di fine anno, Alassane Ouattara, presidente del Paese. Ma fonti ufficiali riferiscono che in questo caso la partenza fa parte della politica di riorganizzazione della presenza militare francese in Africa.
Abidjan resta comunque un importante alleato della Francia. E, secondo fonti ben informate, Parigi sta preparando la riduzione degli effettivi per passare da una logica di intervento, a quella di cooperazione-formazione. Questo scenario prevede presumibilmente il mantenimento nel Paese di un centinaio di truppe, rispetto ai 600 effettivi presenti ora.
Non ci hanno ringraziato
Durante il tradizionale discorso agli ambasciatori accreditati a Parigi, Emmanuel Macron ha sostenuto che i capi di Stato africani hanno “dimenticato” di “ringraziare” quando la Francia è intervenuta militarmente nel Sahel nel 2013, dietro richiesta del Mali.
“Non è grave – ha aggiunto – i ringraziamenti verranno con il tempo. Senza il nostro intervento contro i terroristi nessuno sarebbe ora a capo del suo Paese rimasto sovrano grazie a noi”, facendo ovviamente riferimento ai suoi omologhi del Sahel.
Dichiarazioni che non sono piaciute ai governi africani. Hanno addirittura scatenato l’ira di alcuni, tra questi Mahamat Idriss Déby Itno, presidente del Ciad, che, indignato, ha risposto prontamente a Macron. Secondo il leader ciadiano, le affermazioni del capo dello Stato francese rasentano disprezzo per l’Africa e gli africani. “Penso che abbia sbagliato epoca”, ha poi concluso Déby Itno.
Cornelia Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
X: @cotoelgyes
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