Raffaello Morelli
Livorno, 12 dicembre 2024
(1 – continua)
Di fronte alla guerra tra Russia ed Ucraina, in Occidente urge una riflessione accurata sull’applicare il principio cardine del proprio esistere: l’uso nei conflitti quotidiani della libertà individuale tra i cittadini, valorizzando la loro strutturale diversità. E’ molto importante nell’ottica liberale.
Serve a rivedere la tesi secondo cui lo scontro armato dipenderebbe solo dall’invasione russa cominciata il 24 febbraio 2022.
In Ucraina, indipendente dalla Russia con il referendum del 1991, scoppiarono subito forti dissidi tra filorussi e indipendentisti. Poi, da quando i filorussi vinsero le presidenziali (Viktor Janukovyc, 2010), da una parte fu ripristinato l’affitto del porto di Sebastopoli alla Russia, dall’altra gli indipendentisti intensificarono la protesta e il collegamento con i servizi occidentali (leggi NATO).
All’epoca, il dissenso era provocato dallo stato disastroso dell’economia e dalla corruzione dilagante. Verso fine 2013, il presidente ottenne dalla Russia un prestito di 15 miliardi di dollari, un prezzo ridotto del gas, l’abolizione delle dogane; invece a favore degli indipendentisti, il parlamento votò l’adesione all’UE, poi bloccata dal capo dello Stato.
Il contrasto sfociò nel movimento Euromaidan (nome della piazza di Kiev più prefisso filo UE), una protesta assai consistente, in gran parte costituita da giovani laureati, agguerrita sui social (con un’ala di esplicita destra estrema), pacifica, che dilagò nel Paese.
Janukovich strinse sui diritti fondamentali. Nel febbraio 2014, a Kiev, le forze di sicurezza spararono sui cortei (un centinaio di vittime). Il parlamento reagì subito, ridusse i poteri del Presidente e lo rimosse (una procedura contestata da Janukovich, il quale scappò in Russia) con un sostituto provvisorio (il presidente fu eletto a fine maggio al primo turno).
Simili eventi, attrassero in Ucraina molti funzionari occidentali, per sollecitare sia le elezioni anticipate che l’integrazione con l’UE. Presenza contradditoria, visto che tanti ucraini (specie ad est) erano contro Euromaidan, anche per i rischi che potevano correre i cittadini russofoni se il Paese fosse entrato nell’orbita occidentale.
Putin si riservò la risposta. A metà marzo, i filorussi assunsero il controllo della Crimea, il cui Parlamento convocò un referendum per separarsi dall’Ucraina. Una volta vinto, con proteste ucraine ed occidentali, la Russia annesse la Crimea.
Subito dopo, nell’est dell’Ucraina (Donbass) nacquero le repubbliche filorusse di Donetsk e Lungansk, che presero le armi contro l’Ucraina. Intanto, in ambito NATO, Stati Uniti e Inghilterra presero ad addestrare le truppe ucraine nel centro di Yavoriv (ovest). Nessuna sorpresa. Fin dal 1999 la NATO ha in Ucraina un Ufficio di consulenza a livello strategico.
Divamparono scontri armati e violenze degli estremisti di Euromaidan, con picco a luglio, seguiti da trattative di tregua a Minsk, promosse dall’OCSE (con Francia e Germania), tra Ucraina, Donetsk, Lungansk, Russia, concluse ad inizio settembre legando l’integrità territoriale ucraina allo status speciale del Donbass.
Ma il Parlamento di Kiev aggirò questa clausola, e a metà ottobre le elezioni approvarono. Seguirono nuovi scontri armati mentre Donetsk e Lungansk confermarono la separazione il 2 novembre.
A Minsk ripresero serrate trattative tra Francia, Germania, Russia, Ucraina e l’11 febbraio 2015 fu redatto un secondo protocollo. Che ribadì ed ampliò il primo, dettagliando che l’Ucraina avrebbe introdotto, riformando la Costituzione entro l’anno, l’autonomia permanente di Donetsk e Lugansk.
Esaminare gli eventi focalizza un Occidente segnato dai rapporti di potere internazionale, incline a mettere il becco ovunque, pronto (la NATO in particolare) a stuzzicare il nemico, ma disattento al far maturare la libertà in Ucraina.
Dove il presidente eletto, filo occidentale e pro UE, tentò di stabilizzare l’economia ma non introdusse un nuovo sistema per gestire gli appalti pubblici, non isolò gli oligarchi e non rimosse i conflitti con il Donbass.
Così restarono le tensioni tra indipendentisti e separatisti, mentre l’Ucraina violò il Minsk2 sull’autonomia al Donbass nel 2015. Nel 2016 a Varsavia la NATO, continuando nella linea di illudere, avviò l’assistenza all’Ucraina in appoggio alle sue aspirazioni di adesione, ma tra i membri dell’Alleanza atlantica non c’era l’unanimità per realizzarla.
Raffaello Morelli
(1 – Continua)
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