Il governo del Kenya promette lavoro all’estero, anche in Arabia Saudita dove le condizioni sono capestro

Visto l'elevato tasso di disoccupazione, il presidente William Ruto spinge i giovani a trovare un'occupazione in altri Paesi. Riyad è alla ricerca di 500 tate, anche la Germania è a corto di manodopera

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Africa ExPreess
Nairobi, 10 dicembre 2024

E’ terminata pochi giorni fa una nuova campagna di reclutamento per giovani kenioti desiderosi di andare a lavorare all’estero. Un’ iniziativa fortemente voluta dal governo di Nairobi per combattere l’elevata disoccupazione nella ex colonia britannica. William Ruto, presidente del Kenya, ha fatto sapere che è sua intenzione di inviare settimanalmente 5mila lavoratori in altri Paesi.

Dal 18 novembre al 6 dicembre le autorità competenti di Nairobi hanno organizzato in tutte le contee il reclutamento di giovani interessati a un’occupazione fuori dal continente africano. Il portavoce del governo, Isaac Mwaura, ha evidenziato che i richiedenti in possesso delle qualifiche richieste potranno andare a lavorare anche in Russia, Polonia, Giordania e in molti altri Paesi, compresa l’Arabia Saudita.

Accordo con Germania

Recentemente Nairobi ha siglato anche un accordo con Berlino, che ha accettato di far entrare in Germania lavoratori kenioti qualificati e semi-qualificati. Il Kenya ha enormi difficoltà nel fornire in patria lavoro e reddito sufficiente ai suoi giovani professionisti, mentre la Germania sta affrontando  una carenza di manodopera qualificata.

Il 6 dicembre scorso le autorità del Kenya hanno espressamente invitato giovani donne a presentarsi per un colloquio di lavoro come bambinaie in Arabia Saudita. Il Paese del Golfo è alla ricerca di almeno 500 tate.

Alfred Mutua, ministro del Lavoro del Kenya, a sinistra e Brahmdev Sharma, addetto al reclutamento internazionale per l’Arabia Saudita

“Venite pulite e ben vestite ed esprimetevi in inglese perfetto”, ha precisato il ministro del Lavoro del Kenya, Alfred Mutua.

Il Kenya ha annunciato che solo tre settimane fa sono stati modificati gli accordi di lavoro con gli Stati del Golfo.

Moderna schiavitù

In parecchi Paesi arabi, molti lavoratori, specie per quanto riguarda i collaboratori domestici, come appunto le bambinaie, viene ancora applicata la Kafala. Tale norma vincola la residenza legale alla relazione contrattuale con chi li ha assunti. Ciò significa che un migrante non può cambiare impiego senza autorizzazione del datore di lavoro. Se un dipendente rifiuta, decide di abbandonare l’abitazione senza il consenso del padrone, rischia di perdere il permesso di soggiorno e di conseguenza il carcere e l’espulsione.

Tale regola equivale a una forma di moderna schiavitù. Per poter lasciare il Paese, tale meccanismo prevede un visto di uscita, per ottenerlo il datore di lavoro deve dare il suo benestare.

Numerosi abusi

Dunque ci sono dubbi sulle condizioni di lavoro degli africani negli Stati del Golfo. Un rapporto della Commissione per la giustizia amministrativa del Kenya, pubblicato nel 2023, segnala numerosi abusi: sfruttamento, confisca dei passaporti, violenze, stupri, e quant’altro. Tra il 2019 e il 2021, 90 cittadini kenioti sono morti in questi Paesi e sono state registrate quasi 2.000 richieste di soccorso.

La Commissione per la giustizia amministrativa chiede quindi un quadro giuridico migliore. Una proposta di legge sul lavoro dei connazionali all’estero è pendente in Parlamento di Nairobi da oltre due anni.

Africa-ExPress
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https://www.africa-express.info/2023/12/08/dopo-il-malawi-il-governo-del-kenya-e-pronto-a-inviare-1-500-operai-agricoli-in-israele/

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