ISRAELE

Gaza: Gallant e Netanyahu sono ricercati in 124 Paesi ma la Francia tentenna

 

Speciale per Africa ExPress
Alessandra Fava
27 Novembre 2024

L’ex ministro della Difesa Yoan Gallant e il premier israeliano Benjamin Netanyahu sono ricercati in 125 Paesi: è l’effetto della condanna per crimini di guerra e contro l’umanità emessa dalla Camera preliminare I della Corte Penale Internazionale.

Il mandato di arresto internazionale è esteso anche contro alcuni membri di Hamas come al Masri, oggi leader del partito che sta governando la Striscia.

I Paesi che aderiscono al Trattato di Roma

Di fatto i giudici internazionali, analizzando materiale messo in rete e dichiarazioni pubbliche sul conflitto a Gaza hanno concluso che i due hanno ucciso deliberatamente innocenti a Gaza, violando le norme internazionali sulla guerra.

Il collegio ha scritto che entrambi i politici israeliani “abbiano intenzionalmente e consapevolmente privato la popolazione civile di Gaza di beni indispensabili alla loro sopravvivenza. Tra questi cibo, acqua, medicine e forniture mediche, nonché carburante ed elettricità”. Si parla di elettricità perché a Gaza non ci sono centrali elettriche o altre forme di energia autocotone e quindi tutta la corrente arriva da Israele.

Sentenza valida ovunque

I due leader sono quindi dei ricercati, potenzialmente potrebbero essere arrestati nei 124 Paesi che hanno firmato il Trattato di Roma. Il fatto che Israele non abbia firmato, non invalida la sentenza emessa dalla Corte con sede all’Aja.

Quanto al fatto che davvero i Paesi europei siano pronti ad arrestare i due in caso varchino il loro confine, è tutto da vedere.

Comunicato sibillino

A qualche giorno dalla sentenza, il ministero degli Esteri francese ha pubblicato un comunicato sibillino. Sostiene che “la Francia rispetterà gli obblighi internazionali, visto che lo Statuto di Roma chiede una piena cooperazione con CPI.

Doveri internazionali

Prevede infatti che uno Stato non possa essere tenuto ad agire in maniera incompatibile con i suoi doveri dettati dal diritto internazionale per quanto concerne le immunità di Stati che non fanno parte della CPI”.

In sostanza il ministro ritiene che ci sia una certa immunità per i vertici di Israele. Nelle prossime ore ci saranno forse altri governi che si sfileranno dalla condanna.

Vendita di armi

E’ tutto da capire quindi anche dove va a finire il divieto di vendita di armi, su cui insiste un articolo della tv qatariota Al Jazeeera, (https://www.aljazeera.com/news/2024/11/22/arms-to-israel-will-countries-halt-sales-in-wake-of-icc-arrest-warrants) nessun Paese, cioè, potrà vendere armi a Israele per non collaborare con i due ricercati.

La vendita di armi a Israele è diventata la foglia di fico dall’inizio della guerra di Gaza. Molti fanno arrivare armi, il Canada, ad esempio, via Stati Uniti, quasi nessuno lo ammette pubblicamente. E’ il succo dell’inchiesta di SIPRI (Istituto Internazionale di Ricerche sulla Pace di Stoccolma).
https://www.sipri.org/commentary/topical-backgrounder/2024/how-to-arms-exporters-have-responded-war-gaza

Regali da USA

Il 69 per cento delle armi arrivate in Israle tra il 2019 e il 2023 sono state vendute o regalate dagli Usa. Il 30 per cento arriva dalla Germania. La Gran Bretagna ha venduto dei componenti per gli F-35, ma i suoi ministri assicurano che dal 4 dicembre 2023 non hanno venduto armi letali o altri equipaggiamenti militari.

Così la Francia dice che nel 2023 non ha inviato alcuna arma ma l’inchiesta di una Ong, Dislose, ha scoperto che sono stati inviati droni utilizzati per massacrare civili e presunti appartenenti ad Hamas a Gaza o per colpire ospedali. (https://disclose.ngo/en/article/france-equips-israeli-armed-drones-as-the-war-rages-in-gaza)

Italia fornitrice

L’Italia, sempre secondo SIPRI, ha fornito armi e altro per lo 0,9 per cento, anche se il governo Meloni ha detto e ribadito di non aver dato alcuna fornitura dall’inizio della guerra a Gaza. Un’inchiesta di Altreconomia ha rivelato che l’Italia ha inviato 2,1 milioni di euro in armi negli ultimi tre mesi del 2023.
https://altreconomia.it/export-di-armi-da-guerra-italiane-a-israele-dopo-il-7-ottobre-la-conferma-delle-dogane/

Anche la Spagna avrebbe sospeso ogni aiuto militare, ma secondo Euronews avrebbe inviato quasi 1 milioni di euro poco prima del 7 ottobre.
https://www.euronews.com/my-europe/2024/10/09/are-european-countries-still-supplying-arms-to-israel

Per altro i trattati internazionali prevedono la protezione della popolazione civile in tempo di guerra. E così l’inviolabilità degli ospedali e delle scuole.

Al Jazeera

Richard Sanders, produttore televisivo e giornalista, per Al Jazeera ha realizzato un documentario sul 7 ottobre 2023 https://youtu.be/u4vqO-Y70Mk e ha poi collaborato con l’Unità I dell’emittente qatariota sui video circolanti in rete.

Sono stati postati da israeliani durante la guerra di Gaza per osservare una forte radicalizzazione anti-araba e anti-palestinesi.

Inizialmente il gruppo d’inchiesta pensava di dover ricorrere alla geolocalizzazione e risalire con complesse ricerche a luoghi e tempi.

Postate bravate

Scorrendo poi oltre 2.500 account sui social, ha scoperto con un certo stupore che gli autori di crimini di guerra hanno postato sulle proprie bacheche apertamente le loro “bravate”.

Immagini pubblicate sui social dai soldati israeliani

https://www.aljazeera.com/news/2024/10/3/what-did-al-jazeeras-investigation-into-israeli-war-crimes-in-gaza-reveal

Quindi il team ha concluso che visto che appaiono addirittura nomi, cognomi, gradi, nome del battaglione in azione, è evidente che i militari si sentono sicuri dell’impunità.

Dunque ritengono di sentirsi liberi di riprendersi mentre ballano su macerie e luoghi bombardati o in case private o mentre distruggono abitazioni civili.

Video senza Hamas

E che in quasi tutto il materiale postato dalle truppe non c’è traccia di militanti di Hamas ammazzati, mentre si vedono civili inermi colpiti e uccisi.

https://youtu.be/u4vqO-Y70Mk

La Convenzione di Roma vieta la distruzione delle proprietà private in tempo di guerra. Per non parlare delle torture e della cancellazione degli ospedali.

Alessandra Fava
alessandrafava2015@libero.it
©️ RIPRODUZIONE RISERVATA

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Alessandra Fava

Giornalista dal 1989, per lo più freelance. Ha scritto per Diario della settimana, Manifesto, Io donna, Marie Claire. Ha lavorato all'Ansa per 16 anni seguendo anche i processi del G8 2001 genovese. Esperta di Medio Oriente.

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