Costantino Muscau
10 novembre 2024
“La Libia sta arrestando e deportando i lavoratori nigeriani illegali. E li costringe a pagare 500 dollari. E’ una ritorsione per la multa di 50 mila dollari data alla Federazione calcistica”.
Poco calcio, tanti calci in faccia fra Libia e Nigeria. I tempi supplementari della partita di pallone mai disputata fra la nazionale di Tripoli (Cavalieri del Mediterraneo) e quella di Abuja (Super Aquile) sono diventati uno spinoso caso politico, tra allarmi e smentite. E qualche velenosa fake news.
La denuncia di arresti e deportazione di massa, oltre che di multe ai danni dei migranti, è stata lanciata alla fine di ottobre da membri della comunità nigeriana in quel di Tripoli.
Il tutto sarebbe una conseguenza del verdetto emesso dalla Confederazione calcistica africana (CAF) il 26 ottobre per il trattamento poco “sportivo” riservato alle Super Eagles. I giocatori avrebbero dovuto sfidare, a Benghazi, i Cavalieri del Mediterraneo il 15 ottobre nella partita di ritorno per le qualificazioni alla Coppa d’Africa, che si disputerà nel 2025 in Marocco.
La nazionale nigeriana è stata dirottata e trattenuta per oltre 12 ore nell’aeroporto lontano e secondario di Al-Abraq, nella Libia orientale, senza viveri né possibilità di comunicazione. Per protesta, le Super Eagles si sono rifiutate di giocare il match e sono… volate verso casa.
La CAF in seguito alla denuncia della Federazione nigeriana ha dato a quest’ultima la partita vinta per 3-0 e ha inflitto alla Federazione libica una ammenda di 50 mila dollari.
La sentenza della commissione disciplinare del massimo organismo calcistico africano, presieduta dal senegalese Ousmane Kane, ha provocato malcelata soddisfazione in Nigeria, ma indignazione in Libia.
A cui sono aggiunte le voci allarmistiche lanciate da un blog molto seguito, il Libya News Today 1 che riferiva come diversi canali tv spingessero il governo ad arrestare e cacciare lavoratori nigeriani senza documenti.
Il Punch, il quotidiano più diffuso del Paese che si affaccia sul golfo di Guinea, cita un nigeriano, Adenaike Emmanuel, residente a Tripoli, secondo il quale in diverse zone dello stato nordafricano e nella stessa Tripoli si stavano verificando arresti. E ha aggiunto: “I libici non nascondono che in questo modo si vogliono vendicare”.
Il presidente della Comunità Nigeriana in Libia, Peter Osagie Omoregbe, in un video condiviso da blog di cittadini nigeriani, ha confermato che gli arresti sono avvenuti e che ha inviato una lettera ufficiale al Libyan Immigration Office.
“È una situazione preoccupante – ha affermato – poiché prendono di mira persone innocenti indipendentemente dal fatto che abbiano passaporti o carte di residenza. Questo comportamento è senza precedenti. Ora invece media, giornalisti e bloggers locali hanno cominciato a dire che deve essere la Nigeria a pagare la multa. Molti di noi sono spaventati, ma anche la nostra ambasciata sembra avere le mani legate”.
E pensare che lo scorso anno i rapporti fra Libia e Nigeria apparivano ben differenti. Il I agosto 2023, proprio in occasione dell’insediamento di Peter Osagie Omoregbe quale neo eletto presidente della comunità nigeriana, l’ambasciatore Kabiru Musa aveva espresso il suo sostegno ai suoi connazionali e tutti si erano detti impegnati a promuovere gli interessi dei nigeriani in Libia e a costruire una comunità forte e unita.
Qualche giorno dopo la lettera di Omorgebe, un altro residente nigeriano, Omo Oba Legba, ha riferito che la situazione era peggiorata.
In un video su Facebook ha postato :”Sono stato informato da un amico poliziotto di non uscire neanche a far la spesa, perché sarà arrestato chiunque sia nigeriano, indipendentemente dal fatto che possieda passaporti libici. Questa situazione è un allarmante campanello d’allarme per il nostro popolo affinché prenda coscienza della crisi in corso. Le Super Eagles se ne sono tornate a casa, hanno intascato i soldi, comunque, e i loro problemi involontariamente sono caduti su di noi”.
In un video pubblicato da Libya INF. TV un altro immigrato ha supplicato la polizia a cessare gli arresti sottolineando: “Il calcio non c’entra niente con noi, lasciateci fuori”.
Perfino il capo del National Institution for Human Rights in Libia, (NIHRL), Ahmed Hamza, si è espresso con fermezza. “Mettiamo in guardia contro qualsiasi forma di ritorsione contro i lavoratori stranieri e migranti in Libia, in particolare i lavoratori nigeriani, da parte delle forze di sicurezza, dei gruppi armati, o dei cittadini”, ha dichiarato.
E ha denunciato: “La diffusione dell’incitamento all’ostilità nei confronti degli stranieri, dipingendoli come residenti illegali o irregolari. La gestione dell’ingresso, dell’uscita e del soggiorno dei lavoratori stranieri (che secondo Hamza sarebbero circa 200 mila, ndr) è responsabilità del Ministero del Lavoro e della Riabilitazione, dell’Agenzia anti-immigrazione illegale, del Dipartimento dei passaporti e degli affari esteri e le azioni illegali potrebbero portare alla giustizia nazionale e persino internazionale”.
“Il ministero degli Interni libico, sotto il governo di unità nazionale – ha concluso – fermi queste pericolose campagne. Tutti i residenti all’interno dei confini della Libia, indipendentemente dal loro status giuridico, devono essere protetti”.
In Nigeria, d’altra parte, il tema era caldo. Il canale televisivo TVC News Nigeria ha organizzato un programma con l’intervento degli ascoltatori che hanno invitato il governo e la cosiddetta Commissione della Diaspora a darsi una mossa.
Curiosamente, il personaggio più importante della trasmissione è stato Jake Epelle, 63 anni, esperto di Politiche di sviluppo e di patrocinio, ma anche figura di riferimento degli africani albini.
Jake, infatti, vittima nell’infanzia e giovinezza, di umilianti discriminazioni per la sua condizione genetica, è giustamente famoso per aver creato la Albino Foundation, impegnata a combattere i pregiudizi contro chi soffre della rara malattia dell’Albinismo, molto più diffusa in Africa, rispetto al’Europa.
La situazione sembrava farsi drammatica, tanto più che negli stessi giorni si era diffusa la notizia che 166 cittadini nigeriani erano stati rimpatriati. Un fatto che non aveva nulla a che vedere con la disputa legata al calcio.
Si trattava, infatti, di un ritorno volontario a casa di disperati o di persone pentite e bisognose di aiuto, avvenuto con il supporto delle Nazioni Unite e che si verifica frequentemente, senza problemi.
All’improvviso, però, è tornato il sereno. Nella prima settimana di questo mese il ministero degli Affari Esteri di Abuja si è fatto vivo con una dichiarazione ufficiale del suo portavoce, Eche Abu-Obe.
“I nigeriani in Libia sono al sicuro e svolgono le loro attività quotidiane senza interferenze e privi di qualsiasi forma di molestia da parte delle autorità libiche – si legge nel comunicato -. Il ministero degli Affari Esteri desidera ribadire che il benessere dei cittadini nigeriani in qualsiasi parte del mondo è una priorità assoluta della Repubblica Federale della Nigeria e continuerà a impegnarsi per salvaguardarlo in ogni momento. Il contrario di quanto pubblicato il 3 novembre da Punch“.
Tutto a posto, dunque. Tanto rumore per nulla? Quando il caso sembrava chiuso, sgonfiatosi come un pallone bucato, ecco che qualcuno a pensato bene di pescare nel torbido. Venerdì 8 novembre è comparsa, infatti, una notizia su Facebook secondo cui il CAF 1) avrebbe impedito alla Libia di ospitare incontri di calcio in casa, 2) avrebbe disposto, come punizione di giocare la partita di ritorno in Nigeria e 3) avrebbe multato la Federazione libica gioco calcio di ben 100 mila dollari, non 50 mila!
Tutto falso.
Costantino Muscau
muskost@gmail.com
©RIPRODUZIONE RISERVATA
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