Giampaolo Cadalanu
3 novembre 2024
Trovo davvero sconfortante il dibattito su guerra e pace di questi mesi. Vedo solo dichiarazioni di principio, che hanno un significato di scelta di campo, e pochissime proposte che possano, se non far avanzare la situazione politica, almeno far maturare una coscienza collettiva.
Mi sembra soprattutto che sfugga a gran parte dei commentatori un punto: dopo questa catastrofe niente sarà più come prima. Gli equilibri mondiali, così come li abbiamo conosciuti, sono compromessi per sempre, in modo irrimediabile.
C’è un punto di partenza nella nostra cultura, finora ben poco discusso, ed è la certezza che i valori dell’Occidente, radicati nell’Illuminismo, siano la nostra stella polare.
Da questi sosteniamo di voler partire, e verso la loro massima realizzazione vogliamo tendere, meglio se senza proporli come basi per uno scontro di civiltà o illuderci che siano il punto di arrivo dell’umanità nel suo complesso.
Ma lo scontro fra Russia e Ucraina e quello rinnovato fra Israele e i palestinesi (con gli alleati) hanno messo non più in dubbio ma in crisi insormontabile ogni possibile coerenza di questo orientamento.
Il confronto che vedo parte da presupposti incompatibili, non propone nessuno spazio per il compromesso, e dunque è totalmente inutile, anche per la formazione dell’opinione pubblica nel nostro Paese.
C’è chi parte da considerazioni storiche, magari risale alla notte dei tempi per leggere un diritto, dell’uno o dell’altro. Questa terra appartiene a questo popolo perché… Ma i libri sacri di uno, le ricostruzioni storiche dell’altro, evidentemente non hanno valore universale, e tanto meno trovano spazi di condivisione.
Le letture sono in conflitto radicale, e pensare di far aderire una fazione alla visione dell’altra è illusorio, tanto più quando di mezzo ci sono convinzioni religiose e sfumature nazionaliste.
Non voglio dire che esaminare le radici di un conflitto sia inutile. Credo invece che sia indispensabile (e ovviamente anche io ho la mia lettura personale, che vale solo per me), ma sono anche fortemente convinto che i passi avanti possano essere fatti solo se si concorda su quali obiettivi comuni possano e dunque debbano essere raggiunti.
A questo punto, com’è ovvio, propongo quelli che ritengo alla portata della buona volontà: la fine delle stragi, l’apertura di tavoli di trattativa, il via libera senza condizioni agli aiuti umanitari, l’impegno a ricercare soluzioni politiche durature.
Vorrei che fosse chiaro che per me il punto d’arrivo irrinunciabile è la salvezza delle vite umane. Su tutto il resto si può negoziare, ma se non c’è un’intesa su questo, allora mi viene da sospettare che dietro ogni decisione ci siano interessi non confessabili.
Esco dal generico: la sopravvivenza politica di leader come Vladimir Putin, Volodimir Zelenskij, Benjamin Netanyahu.
Anche qui, come su altri temi, la bussola che propongo è quella del realismo: per chiunque abbia una visione “fredda”, non emotiva, è ben palese che solo molto di rado i governi (e i leader, soprattutto) agiscono nell’interesse esclusivo del popolo, mettendo da parte il proprio.
Propongo anche di ragionare senza pretendere di imporre contenitori rigidi alla realtà: dibattere su termini come “terrorismo” o “genocidio”, che se applicati o respinti imporrebbero conseguenze concrete, è solo un modo per non affrontare la realtà con un approccio di soluzione politica.
Basta guardare al passato per capire che il terrorista di uno è il combattente della libertà per l’altro. E non c’è nulla di più grottesco dei litigi sul concetto di genocidio, come i massacri fossero “accettabili” purché fuori da uno schema preordinato e proclamato.
Ma anche se si raggiungesse un primo accordo sugli obiettivi di cui parlo, mettendo per un momento da parte le convinzioni personali, anche se gli scontri diminuissero e le prospettive di pace si concretizzassero, il mondo non potrà mai più essere quello che era.
La tecnologia digitale ha permesso una velocità di trasferimento delle informazioni persino incomprensibile rispetto al passato. Proprio il confronto fra queste due guerre, che le notizie trasmesse in rete rende facile alla gran parte dell’umanità, ha già cambiato gli scenari e le prospettive globali.
I sondaggi lo rendono più che evidente: al di là dell’Occidente c’è un pianeta sdegnato, pronto ad agire collettivamente. In modo pacato, lento ma inarrestabile, questo meccanismo si è già attivato, con i BRICS ma non solo.
Le leadership dei cosiddetti Paesi sviluppati – che forse andrebbero chiamati solo Paesi ricchi – sono smarrite, si accorgono che il resto del mondo non ha più fiducia nei valori proclamati ma applicati solo in modo partigiano.
Il re si è ritrovato nudo. Il doppio standard adoperato fra Russia e Ucraina e fra Israele e palestinesi è ormai fin troppo chiaro. E così, insomma, le vittime non sono solo umane.
A rischiare la scomparsa sono le istituzioni internazionali basate sul consenso. L’ONU, le sue agenzie, la Corte penale internazionale, la Corte di giustizia: tutte hanno subito offensive sfrenate, tutte vengono considerate strumenti di parte, a volte in modo pretestuoso, a volte con critiche giustificate.
In pericolo è lo stesso concetto del multilateralismo. E se, come sembra, le possibilità di un allargamento di questi conflitti sono reali, i meccanismi di ricerca della pace potrebbero mancare quando ce n’è più bisogno.
Giampaolo Cadalanu
g.cadalanu@gmail.com
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