Cornelia I. Toelgyes
25 ottobre 2024
Nell’est della Repubblica Democratica del Congo gli abitanti sono costretti a vivere da decenni con conflitti, che sono diventati una triste costante della loro quotidianità. Una guerra dimenticata da gran parte della comunità internazionale.
La gente è in continua fuga dai combattimenti tra le forze armata congolesi (FARDC) e i loro alleati, come i wazalendo (patrioti in swahili), contro i vari gruppi armati, in particolare l’M23. Quest’ultimo prende il nome da un accordo firmato dal governo del Congo-K e da un’ex milizia filo-tutsi il 23 marzo 2009. Il gruppo ha ripreso le ostilità nel primo trimestre del 2022 ed è sostenuto dal vicino Ruanda. Le Nazioni Unite hanno pubblicato in proposito un rapporto stilato da un gruppo di esperti.
Anzi, nella loro ultima relazione hanno tra l’altro sottolineato che la presenza di truppe ruandesi in Congo-K è piuttosto consistente. Attualmente sarebbero dispiegati tra 3.000 e 4.000 uomini, che combattono accanto al gruppo M23.
Le Forze di Difesa del Ruanda (FDR) dirigerebbero de facto le operazioni dei ribelli.
Ora le ostilità sono ricominciate dopo un periodo di “relativa” calma. Il 4 agosto, tra i rappresentanti del Congo-K e Ruanda, era cominciato un cessate il fuoco propiziato dal presidente angolano, João Lourenço, incaricato dall’Unione Africana della mediazione della crisi tra Kinshasa e Kigali. I dialoghi tra le parti dovrebbero riprendere il 26 ottobre.
Nella mattinata di domenica scorsa, dopo violenti combattimenti, tra i governativi e i ribelli, i miliziani dell’ M23 sono riusciti a prendere il controllo della città di Kalembe nel Nord-Kivu. Secondo fonti ospedaliere, durante gli scontri sono state ferite almeno 14 civili, molti altri sono fuggiti in aree, lontane dalla zone degli scontri. Il Congo-K è il Paese in Africa con il maggior numero di sfollati, al 31 marzo 2024, secondo i dati ONU, hanno superato i 7 milioni.
Nel pomeriggio dello stesso giorno i ribelli sono stati nuovamente respinti dai wazalendo e hanno dovuto lasciare la città. Per poco, perché mercoledì il gruppo M23 è riuscito a riconquistare Kalembe, dopo nuovi feroci scontri con il gruppo di patrioti. Il capo locale dei ribelli, Kabaki Mwanankoyo, ha confermato a AP che la città è sotto il controllo di M23.
Kalembe si trova in un punto strategico, in quanto è situata sulla una strada che dà accesso ai giacimenti minerari nel territorio di Walikale, nell’ovest della provincia del Nord Kivu.
Fonti locali hanno riferito a AFP che scontri tra M23 e i wazalendo sono stati segnalati anche nelle città di Kahira e Ihula, nel territorio di Masisi, sempre nella provincia del Nord Kivu.
E ieri una decina di miliziani dei wazalendo – loro stessi si definiscono come gruppo di autodifesa – sarebbero arrivati nella provincia di Ituri, nell’est della ex colonia belga. Secondo alcune fonti si sarebbero installati a Mungamba, che dista un centinaio di chilometri da Bunia, capoluogo di Ituri.
I patrioti si sono presentati alle autorità del luogo con l’ordine della loro missione. Secondo il documento, sarebbero stati incaricati di restare nella zona per combattere insieme ai militari di FARDC il gruppo terrorista ADF, affiliato allo stato islamico. Allied Democratic Forces è un’organizzazione islamista ugandese, presente anche nel Congo-K dal 1995.
Ma la presenza dei wazalendo non è gradita dalla società civile. Dieudonné Lossa, coordinatore dell’organizzazione a Ituri, ha spiegato ai reporter di RFI che il loro arrivo desta altro che preoccupazione. “Si sono costituiti nel Nord Kivu per combattere gli M23 e il Ruanda. Qui abbiamo già sin troppi gruppi armati. Ci stiamo battendo per il disarmo e il ritorno alla vita civile dei miliziani, dunque la presenza dei “patrioti” ci crea solamente altri problemi. Confidiamo solo nelle forze armate e la polizia”, ha poi specificato il coordinatore.
Intanto crescono le preoccupazioni del mediatore angolano. Sabato scorso Lorenço ha avuto lunghe conversazioni telefoniche con il presidente congolese, Félix Tshisekedi, e il suo omologo ruandese, Paul Kagame, per cercare di appianare le crescenti tensioni tra i due governi per la situazione nell’est dell’RDC.
Dopo l’ultima riunione del 12 ottobre sono sorte divergenze di interpretazione tra le parti. La più importante riguarda la delicata questione di quello che Kigali chiama “ritiro del sistema difensivo ruandese” (levée du dispositif défensif rwandais). Per Kinshasa tale espressione significa che il Ruanda avrebbe accettato di ritirare le proprie truppe dal Paese. La loro presenza è stata confermata da diversi rapporti internazionali, tra cui quello degli esperti dell’ONU.
Sta di fatto che il primo ministro congolese, Judith Suminwa, il 17 ottobre scorso ha dichiarato a Bruxelles che “per la prima volta, il Ruanda ha accettato di presentare un piano di ritiro delle sue truppe nel Paese”. Ma Kigali lo ha negato immediatamente. Olivier Nduhungirihe, capo della diplomazia ruandese, ha reagito con veemenza, affermando che il Ruanda non ha mai menzionato un suo ritiro, né a Luanda tantomeno altrove.
Al momento attuale regna una grande confusione. Ora bisogna attendere cosa succederà al prossimo incontro che dovrebbe tenersi sabato a Luanda.
Cornelia Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes
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