Speciale per Africa ExPress
Cornelia I. Toelgyes
9 ottobre 2024
Fatima, una ragazza proveniente dalla Sierra Leone, ha buttato un cambio di vestiti in una busta di plastica ed รจ scappata verso la capitale con suo cugino, dopo che un bomba israeliana ha colpito la casa del loro datore di lavoro in Libano. Il padrone รจ morto sul colpo. Non ha fatto in tempo a rivelare dove teneva i passaporti dei suoi impiegati.
Fatima e il cugino lavoravano come colf stranieri, e ancora oggi, in Libano questa categoria di impiegati รจ esclusa dai diritti dei lavoratori. Ai collaboratori domestici viene ancora applicato laย Kafala, che vincola la residenza legale alla relazione contrattuale con chi li ha assunti. Ciรฒ significa che un migrante non puรฒ cambiare impiego senza autorizzazione del datore di lavoro. Se un dipendente rifiuta, decide di abbandonare lโabitazione senza il consenso del padrone, rischia di perdere il permesso di soggiorno e di conseguenza il carcere e lโespulsione.
Un sistema che equivale a una forma di moderna schiavitรน. Per poter lasciare il Paese, tale meccanismo prevede un visto di uscita, per ottenerlo il datore di lavoro deve dare il suo benestare. La kafala รจ ancora in vigore in diversi Paesi arabi, compreso il Libano.
Ora Fatima e il cugino sono senza passaporto, senza visto di uscita. Si trovano soli nella capitale Beirut, non conoscono l’arabo, disperati, non sanno come tornare a casa. Secondo quanto riportato da AP, il ministero degli Esteri di Freetown sta cercando di capire quanti connazionali si trovino attualmente nel Paese dei cedri per poter emettere certificati di viaggio provvisori per riportarli a casa.
Impresa non semplice, visto che molte compagnie aeree hanno ridotto, o addirittura sospeso temporaneamente i collegamenti con Beirut.
La triste vicenda di Fatima e del cugino รจ simile a decine di migliaia di altri lavoratori domestici che attualmente si trovano in Libano, Paese dove oggi tutti cercano di mettersi in salvo dalle aggressioni israeliane. Per i lavoratori di origine africana รจ difficile trovare un rifugio sicuro. Molti di loro sono stati abbandonati dai loro datori di lavoro con lโinasprimento del conflitto e, oltre tutto, senza documenti non possono nemmeno accedere al servizio sanitario statale o a altri prestazioni governative.
Secondo il governo di Beirut, attualmente 1,2 milioni di libanesi hanno abbandonato le proprie abitazioni, ma non ci sono dati affidabili sul numero di stranieri che potrebbero essere stati colpiti dalla crisi in corso. In base alle stime di OIM (Organizzazione Internazionale per i Migranti), in Libano risiedono oltre 175.000 persone provenienti da 98 Paesi. Questi numeri, tuttavia, riflettono solo la situazione precedente all’attuale conflitto tra Israele e gli Hezbollah sostenuti dall’Iran.
Una giovane keniota ha rivelato ai reporter dell’emittente tedesca Deutesche Welle: โA questa gente non importa nulla di noi, ci considerano solamente come macchine da lavoro. Ai miei amici รจ stato negato l’ingresso nei centri di accoglienza perchรฉ non sono libanesi. Siamo bloccati. Non cโรจ via dโuscitaโ.
Funzionari delle Nazioni Unite hanno denunciato che la maggior parte dei 900 rifugi governativi per gli sfollati sono ormai al massimo della loro capienza.
Anche Mathieu Luciano, responsabileย di OIM in Libano, ha confermato che migliaia di lavoratrici domestiche migranti sono state abbandonate dai loro datori di lavoro. โLe loro possibilitร di accoglienza sono molto limitateโ, ha specificato il funzionario di OIM.
Mentre Dara FoiโElle della ONG libaneseย Migrant Workers’ Action, ha sottolineato che molte ragazze migranti lavoravano come domestiche per famiglie della classe media nel Libano meridionale, regione bombardata nelle ultime settimane da Israele nella sua lotta contro Hezbollah. Lโesponente della ONG ritiene che le organizzazioni internazionali dovrebbero farsi carico del problema e predisporre quanto prima rifugi anche per i lavoratori stranieri.
Intanto il governo del Kenya sostiene di aver incoraggiato giร a luglio i propri connazionali residenti in Libano di registrarsi per essere evacuati. Ma a Nairobi il Dipartimento di Stato per gli Affari della Diaspora (SDDA) ha dichiarato di aver ricevuto solamente 3.500 richieste, e queste soprattutto negli ultimi giorni. Tale cifra rappresenta solo un ottavo di tutti i kenioti che si trovano nel Paese. Alcuni migranti sostengono di aver inoltrato la domanda di rimpatrio giร mesi fa ma di non aver ottenuto alcun riscontro.
Abuja ha annunciatoย di voler rimpatriare non solo i quasi 2.000 nigeriani che si trovano nel Paese mediorientale, ma anche i libanesi con doppia nazionalitร . Alkasim Abdulkadir, portavoce del ministero degli Esteri, ha spiegato che il suo governo ha noleggiato un aereo C-130 per evacuarli e riportarli in Nigeria. Un protocollo di partenza รจ giร in atto. Ora si attende il nullaosta delle autoritร di Beirut.
Il ministero degli Esteri etiopico ha comunicato martedรฌ che, in risposta al peggioramento della situazione in Libano, sono giร stati evacuati 51 connazionali. Inoltre รจ stato formato un comitato speciale per facilitare i rimpatri, dando prioritร a donne e minori.
Il consolato starebbe anche cercando di trasferire i propri cittadini rimasti ancora nel Paese in luoghi piรน sicuri finchรจ a quando non saranno effettuate altre evacuazioni.
Ma in Libano ci sono anche una novantina di studenti africani, che grazie a una borsa di studio del Scholarship Programm di Mastercard Foundation frequentano lโuniversitร americana di Beirut (AUB). I giovani provengono per lo piรน dal Camerun, Zimbabwe e Uganda. Alcuni hanno giร ricevuto il loro biglietto per tornare a casa, il passaporto e soldi in contanti per piccole spese. Il conflitto limita anche il loro corso di studi, che non potrebbero continuare nel proprio Paese, come lo ha spiegato un ragazza camerunense, che sta per diplomarsi in radiologia.
Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
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