EDITORIALE
Dalla Nostra Inviata Speciale
Federica Iezzi
Dayr al-Balah (Striscia di Gaza), 2 ottobre 2024
L’impunità di cui gode Israele e la devastazione subita dalla popolazione di Gaza non poteva portare che ad una perdita di legittimità internazionale.
Ed ecco che Israele, mentre continua a ferire Gaza, estende le sue operazioni in Libano, con gli stessi metodi, gli stessi massacri, la stessa distruzione, convinto dell’incrollabile sostegno dei suoi donatori occidentali – tra cui Washington, Parigi e Berlino – complici diretti della sua azione.
E se i Paesi occidentali sono corresponsabili dei crimini israeliani, altri, come la Russia o la Cina, non hanno adottato alcuna misura per porre fine a una guerra il cui perimetro si allarga pericolosamente ogni giorno, e rischia di estendersi oggi in Yemen e Siria e domani in Iran.
Ma chi è lo Stato israeliano sulla scena locale e regionale? Quello che distrugge di più, che stupra di più, che tortura di più, che aggredisce una popolazione assediata che non ha nessun posto dove fuggire. Tuttavia, questa realtà non oscura il fatto che lo Stato israeliano sta perdendo. O almeno che, con la strategia attuale, non c’è modo di vincere alcuna guerra.
In questo contesto l’aggettivo paria suona sempre più forte. Sono più che evidenti la frattura della società ebraica israeliana, la crisi economica senza speranza, l’isolamento internazionale, la posizione contro un’occupazione illegale di gran parte della comunità ebraica non-israeliana e il potenziale delle giovani generazioni di palestinesi come fattori chiave nel crollo della ideologia israeliana.
Se si può uccidere impunemente, allora si può mentire senza conseguenze? Le regole non scritte di tolleranza e moderazione, i controlli e gli equilibri costituzionali sono più un miraggio che i pilastri della democrazia per Israele.
E’ con cenere, sangue e macerie che gli abitanti di Gaza hanno tentato disperatamente di ritornare sulla mappa delle inquietudini globali e di ricordare la loro agonia a un mondo che li dimentica.
L’oppressione quotidiana prende posto su rovine e desolazione. Ancor più del parossismo di violenza, rappresentato dal bombardamento di una popolazione, essa mostra l’intoppo in cui è sprofondata la politica di occupazione israeliana, con la complicità attiva dell’Occidente. Terrorizzare, destrutturare, ridurre alla dipendenza: il quadro è univoco.
La perversa logica che governa i bombardamenti oggi è quella di vendicarsi della popolazione civile per azioni di resistenza. Questo ha un nome: punizione collettiva. E appartiene, nel diritto internazionale, alla categoria dei crimini di guerra.
E ancora, di fronte a queste gravi e ripetute violazioni, gli occidentali rimangono incredibilmente passivi. Ciò dimostra come l’opinione pubblica e gli Stati, da questa parte del pianeta, siano paralizzati dalle azioni di Israele.
Israele si trova in un vicolo cieco, ma ciò non significa che smetterà di dirigersi verso il baratro. Le élite dei sistemi di apartheid sono tanto più pericolose quanto più vengono messe alle strette. Un massiccio e univoco incremento delle sanzioni e una reale consapevolezza da parte della Comunità Internazionale sono mandatorie oggi per un radicale cambio di rotta.
Federica Iezzi
federicaiezzi@hotmail.it
Twitter @federicaiezzi
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