23 settembre 2023
La Turchia non molla, ritenta ancora di mediare tra Somalia e Etiopia. Le tensioni tra i due Paesi sono alle stelle, dopo un accordo siglato all’inizio di quest’anno dalle autorità di Addis Abeba e quelle di Hargheisa (capitale del Somaliland) per l’utilizzo del porto di Berbera.
Le tensioni tra i due Paesi non tendono a placarsi, specie dopo le recenti accuse del ministro degli Esteri somalo. In un comunicato del 20 settembre scorso ha incolpato l’Etiopia di aver inviato, senza alcuna autorizzazione, due camion carichi di armi nella regione semi-autonoma del Puntland.
Dopo aver ospitato due incontri a Ankara tra alti funzionari somali e etiopi, nel tentativo di risolvere la crisi tra i due Paesi, un terzo meeting, previsto per giovedì scorso, è stato cancellato.
Ora il ministro degli Esteri turco, Hakan Fidan, prima di fissare un nuovo incontro tra le parti, vuole avere colloqui separati con gli alti funzionari somali e etiopi che partecipano ai negoziati.
Va ricordato che il Somaliland, ex colonia britannica ha proclamato l’indipendenza dal Regno Unito il 26 giugno 1960 (si chiamava Stato del Somaliland), e, dopo 5 giorni si è unita alla Somalia Italiana, indipendente dal 1° luglio dello stesso anno. Dopo lo scoppio della guerra civile somala il 30 dicembre 1990, e il conseguente collasso della Somalia, il 18 maggio 1991 il Paese si è ritirato dall’unione. Ma il suo governo non è stato riconosciuto dalla comunità internazionale, tanto meno dalla Somalia.
La Turchia è presente in Somalia da anni. Nel 2017 ha costruito la sua più grande base militare all’estero. E l’anno precedente il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, ha aperto la nuova ambasciata sul lungomare di Mogadiscio, la più imponente e più moderna sede diplomatica turca in tutta l’Africa.
A fine luglio, il Parlamento di Ankara ha approvato una mozione presidenziale per il dispiegamento di forze armate in Somalia per due anni, a sostegno della sicurezza contro il terrorismo e altre minacce, nell’ambito di un accordo di cooperazione economica e di difesa tra Turchia e Somalia, siglato all’inizio di febbraio 2024. Ankara fornirà a Mogadiscio anche un sostegno per la sicurezza marittima per poter difendere le proprie acque territoriali.
Il governo di Ankara è impegnato in Somalia da oltre 10 anni nella formazione, assistenza e consulenza, per garantire sicurezza, stabilità e per contribuire alla ristrutturazione delle forze di difesa e di sicurezza del Paese per combattere il terrorismo.
Sebbene Addis Abeba e Mogadiscio siano in netto contrasto per la questione del Somaliland, l’Etiopia è ancora presente in Somalia con le sue truppe nell’ambito della Missione di Transizione dell’Unione Africana, il cui mandato scade alla fine dell’anno. Il governo somalo ha chiesto espressamente che i soldati etiopici lascino il Paese entro quella data.
I rapporti tra i due Paesi sono talmente tesi che ad aprile Mogadiscio ha persino espulso Muktar Mohamed Ware, ambasciatore del governo del primo ministro, Abiy Ahmed. Il ministero degli Esteri ha anche ordinato la chiusura di due consolati: uno nella regione semi-autonoma del Puntland e il secondo in quella secessionista, il Somaliland, che ha siglato il MoU (Memorandum of Understanding, cioè protocollo di intesa) con Addis Abeba.
Ora anche l’Egitto si sta riavvicinando alla Somalia. Nell’agosto scorso i due Paesi hanno firmato un accordo di sicurezza e alla fine dello stesso mese Il Cairo ha inviato già i primi aiuti militari a Mogadiscio. L’arrivo di due aerei egiziani, contenenti armi e munizioni è stato confermato a Reuters da fonti diplomatiche e da un alto funzionario somalo.
Poche ore fa funzionari portuali e militari somali hanno fatto sapere che una nave da guerra egiziana ha consegnato un altro carico di armi, tra questi armi antiaeree e artiglieria pesante.
Mogadiscio ha definito l’accordo tra l’Etiopia e il Somaliland un attacco alla sua sovranità e ha dichiarato che lo bloccherà con tutti i mezzi necessari. Dal canto suo, anche l’Egitto, in contrasto con l’Etiopia da anni per la costruzione di una vasta diga idroelettrica sulle sorgenti del fiume Nilo, il GERD (Grand Ethiopian Renaissance Dam), ha ugualmente condannato l’accordo con il Somaliland. E il presidente egiziano, Abd al-Fattāḥ al-Sisi si è pure offerto di inviare le sue truppe in Somalia, nell’ambito di una nuova missione di pace.
Insomma gli attori stranieri presenti nella nostra ex colonia sono molteplici e non si può escludere che ci siano anche forze di sicurezza eritree. A luglio il presidente somalo, Hassan Sheikh Mohamud, ha incontrato per la seconda volta quest’anno Isaias Aferworki. Con il peggioramento delle relazioni tra Eritrea ed Etiopia dopo la fine del conflitto nel Tigray, i legami tra Somalia ed Eritrea sono diventati sempre più importanti. Non va dimenticato che qualche anno fa Mogadiscio aveva inviato ad Asmara migliaia di soldati per addestramento militare. In seguito Isaias aveva costretto i militari somali a combattere accanto ai suoi uomini durante la sanguinosa guerra in Tigray, nella parte settentrionale dell’Etiopia.
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La grande diga sul Nilo e il rischio guerra tra Sudan, Egitto e Etiopia
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