Cornelia I. Toelgyes
14 settembre 2024
Bamako non ha certamente applaudito per la rielezione del presidente algerino, Abdelmadjid Tebboune; le relazioni tra i due Paaesi sono sempre più tese. Finora Assimi Goïta, leader delle giunta militare di transizione in Mali, non ha inviato le congratulazioni al suo omologo, che ha vinto la tornata elettorale del 7 settembre scorso con il 94,5 per cento delle preferenze.
Già a gennaio i rapporti tra l’Algeria e il Mali hanno iniziato a inasprirsi, quando il governo di Goïta ha dichiarato nullo l’accordo di pace e riconciliazione, siglato sotto l’egida dell’Algeria nel 2015, tra le autorità maliane dell’epoca e i tuareg indipendentisti dell’Azawad. Allora Bamako aveva accusato il governo di Tebboune di ingerenza e ostilità, criticandolo aspramente per ospitare i ribelli
Algeri aveva risposto alle accuse in modo pacato, proclamando la sua buona fede e solidarietà con il Mali, ma ovviamente non è servito per ricucire i rapporti tra i due Paesi, tantomeno a convincere Bamako ad abbandonare azioni militari contro gli indipendentisti del nord. Esperti affermano che “Algeri rimane fedele al principio di un accordo di pace e di una soluzione negoziata”, e ciò non corrisponde alla linea adottata da Bamako.
A fine agosto, dopo la battaglia di Tinzaouatène, zona nel Mali settentrionale al confine con l’Algeria, i toni tra Bamako e Algeri sono peggiorati ulteriormente.
A Tinzaouatène, durante l’operazione dei militari maliani (FAMa) e i mercenari Wagner (ora African Corps) contro i tuareg, considerati ormai terroristi da Bamako, sono morti sia soldati dell’esercito regolare, sia paramilitari russi. La battaglia è stata vinta dai ribelli anche grazie a informazioni ricevute dai servizi ucraini.
L’Algeria ha denunciato al Consiglio di sicurezza dell’ONU che, mentre erano ancora in atto i combattimenti, sarebbero morti almeno 20 civili durante un attacco di droni perpetrato da FAMa nella zona frontaliera. Denuncia ovviamente non gradita dai maliani, che categoricamente hanno negato di aver ucciso vittime civili.
Attualmente l’Algeria è impegnata in un complesso braccio di ferro su più fronti: oltre al Mali ha come obiettivo anche la Libia, dove i soldati di ventura russi sono presenti da anni.
Come sempre, è la popolazione civile che paga il prezzo più alto nei conflitti. Dall’estate scorsa, circa 50.000 maliani del nord in fuga dai nuovi combattimenti tra l’esercito maliano, i suoi ausiliari Wagner e i tuareg, si sono rifugiati al confine con Algeria, altri sono entrati nel Paese confinante. Gli sfollati sono attualmente senza alcuna assistenza, in quanto l’UNHCR non è stato autorizzato ad assisterli. Il Mali nega l’accesso agli operatori umanitari dell’organizzazione nelle aree in cui l’esercito sta conducendo operazioni militari e l’Algeria, pur non avendo chiuso le porte, non vuole registrare le domande dei richiedenti perché potrebbero portare allo status di rifugiato.
Le autorità maliane hanno chiesto ai civili di tornare nelle proprie case, ma secondo RFI, che ha contattato alcuni sfollati in Mali e rifugiati in Algeria, le persone temono ancora per la propria sicurezza.
Durante la recente battaglia al confine con l’Algeria, anche JNIM (Gruppo di sostegno dell’Islam e dei musulmani), affiliato a Al-Qaeda, ha fatto la sua parte. Infatti ha affermato di aver teso un’imboscata a un convoglio dell’esercito maliano e dei suoi alleati Wagner a sud di Tinzaouatène. Il gruppo terrorista ha anche ammesso la propria collaborazione con la Francia.
Pochi giorni fa il giornale online Contre-Poison ha intervistato Mohamed Elmaouloud Ramadane, portavoce di Cadre Stratégique Permanent pour la Défense du Peuple de l’Azawad (CSP-DPA), guidata da Bilal Ag Acherif, una delle figure chiave del movimento dei ribelli.
Ramadane ha confermato che recentemente CSP-DPA ha preso contatti con diversi Stati, tra questi anche l’Ucraina. “Siamo in contatto con Kiev dall’inizio dell’anno. Le autorità ucraine ci hanno ascoltato perché abbiamo un denominatore comune: i mercenari russi di Wagner, che stanno combattendo anche nel loro Paese. E noi di Azawad stiamo ugualmente affrontando i paramilitari, causa di disgrazie e distruzione in molti Paesi, tra cui Libia, Siria, Repubblica Centrafricana, Sudan e naturalmente Ucraina”. Il portavoce ha poi concluso: “La cooperazione tra il CSP-DPA e gli ucraini è nella sua prima fase. È troppo presto per svelare come l’Ucraina ci abbia aiutato”.
Cornelia I. Toelgyes
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